Il 3 aprile nell’unica università pubblica del Kosovo, gli studenti scelgono i propri rappresentanti. Tra voglia di partecipare, progetti e indifferenza.
PRISTINA. Lasciando alle spalle il Grand Hotel di Pristina, luogo di passati splendori nonostante gli ancora tanti caffè consumati nella sua hall, proprio a ridosso del nuovo corso pedonale da poco innaugurato e già consumato dai passi della tantissima gente che il giorno dell’indipendenza lo percorreva ininterrottamente, si presenta alla curiosità del passante una realtà diversa. Non più le solite facce stanche dei funzionari pubblici o quelle di anziani intenti a camminare e fumare nervosamente, di liceali con le classiche uniformi scozzesi o di qualche internazionale a passo felpato, ma la realtà underground di Pristina, giovani stundenti e studentesse universitarie, dal look differente e a tratti appariscente, i figli della guerra che hanno visto con i loro giovani occhi le chilometriche marce dei loro connazionali in fuga verso i confini della Macedonia, l’Albania o il Montenegro, quelli che come Florent, 26 anni, ricordano nitidamente il viaggio di circa un mese tra campi e casali strapieni di gente pronta, nel momento più propizio, a raggiungere il parente in Albania. Giovani, comunque, nonostante questo vivo ricordo, solari e positivi.
Vengono da tutte le parti del Kosovo, come Ilir che viene da Peja/Pec, e si riversano nella nuova capitale per affrontare gli studi. Vivono a ridosso della cittadella universitaria, alcuni nelle case dello studente, numerosi in quelle private, vivendo anche in condizioni per nulla gradevoli. Sono coloro che possono permettersi l’università pubblica solo con gli sforzi ed i sacrifici dei genitori o dei familiari all’estero. Quelli che snobbano chi frequenta le tantissime università private, che negli ultimi anni sono sorte in ogni angolo della città, loro dice Luljeta, studentessa al secondo anno di pedagogia, “non fanno mai nulla a lezione. Pagano tanti soldi per ricevere presto e con un bel voto la laurea”. La stragrande maggioranza degli universitari per il fine settimana ritorna a casa per rigenerarsi, “mangiare sano” e riorganizzarsi con le scorte di cibo per la settimana successiva. Il lunedì mattina, tutti carichi di borsoni, sono quelli che scendono dai vari autobus affollando la stazione di Pristina.
Questa settimana c’è grande fermento all’Università. Ci sono le elezioni studentesche. Gli attivisti delle numerose associazioni degli studenti sono alle prese con il volantinaggio e l’organizzazione delle ultime conferenze. Il 3 Aprile infatti si voterà per eleggere i nuovi 17 rappresentanti degli studenti del Consiglio Studentesco. Sono 11 le associazioni che quest’anno si presenteranno e con un sistema elettorale a liste chiuse eleggeranno i loro rappresentanti. È un sistema elettorale che non piace tanto a Veton Fetahaj, 19 anni di Istog, studente di Lingua Albanese, che tuttavia andrà a votare perchè “solo così posso far valere le mie idee, votando per un’organizzazione in cui credo. Peccato che non posso scegliere il candidato” dice. Tra le organizzazioni più strutturate ed attive ci sono ORS–UP, acronimo di Associazione degli Studenti – Università di Pristina, cosi come VS, ovvero Visione Studentesca. I loro presidenti sono ragazzi determinati e fiduciosi in un buon risultato che hanno tutto lo spessore di veri leaders. Burim Balaj di VS, ad esempio, sembra avere le idee chiare su come risolvere i cronici problemi all’interno dell’Università e per punti cita quelli organizzativo-gestionali dell’Università e quelli infrastrutturali, sottolineando il fatto che “nei primi anni di corso non è possibile seguire le lezioni, tanto alto è il numero degli studenti; dagli ultimi posti, senza microfono, non si sente assolutamente nulla” afferma, enfatizzando il suo discorso con le mani. Anche Besart Dreshaj, 21 anni della Facoltà di Economia e Presidente di ORS-UP, ha carisma da vendere. Quanto a sicurezza di sè ha certo poco da invidiare agli amministratori locali del Kosovo. Sembra uscito dalla loro scuola. Abbigliamento elegante e per nulla comune tra i giovani della sua età rimane spesso incollato al suo telefonino. Composto, serio e deciso, sembrano questi i suoi tratti identificativi. Un adulto cresciuto in fretta, forse. Nell’allungarmi il suo bigliettino da visita mi fa presente che è il Presidente di questa nuova Associazione nata nel 2004. Besart parte velocissimo nell’elencare una dopo l’altra le sue ricette per una migliore efficienza dell’unica università pubblica del Kosovo. Non ha dubbi. “Quello che non va è la nostra visibilità presso i mass media” dice. La televisione pubblica è riuscita solo una volta a dare spazio a queste elezioni studentesche” continua. RTK, un canale nazionale, venerdì 27 marzo ha ospitato tutti i leaders delle associazioni coinvolte per un confronto televisivo. Besart ne va fiero, facendo capire che è andato bene in questo decisivo scontro mediatico. Tra i punti principali del suo programma annovera la riorganizzazione amministrativa, a partire da una maggiore chiarezza del calendario degli esami ed il numero delle sessioni: farà battaglia per portarle da tre a cinque. C’è poi il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi, con il potenziamento delle case dello studente, e la decentralizzazione dell’università. “L’Università di Pristina è cresciuta molto negli ultimi 5 anni, è tempo di aprire altri poli distaccati anche a Peja/Pec ed a Prizren” dice, e “di cercare insieme un maggiore coinvolgimento degli studenti in merito ai problemi dell’università. Bisogna dare la possibilità agli studenti che vengono da lontano di poter quantomeno frequentare una sede più vicina a casa, risparmiando così molti soldi. Una parte importante e decisiva di queste nostre battaglie, di tutti gli studenti, dovranno presto avere risalto su tutte le reti locali”, conclude, sottolineando inoltre il fatto che per troppo tempo notizie di inefficienza e corruzione negli ambienti universitari sono rimaste nascoste.
A prescindere da chi uscirà vittorioso da queste elezioni studentesche del 3 aprile, risulta chiaro che molti soldi per le spese elettorali circolano qui all’Università di Pristina. Il budget per i rimborsi elettorali, fatto in proporzione ai risultati raggiunti, coprirà tutti i numerosi gadgets per la visibilità. Oltre alle ufficiali coperture delle spese da parte del Ministero dell’Educazione, in maniera velata sembrano circolare anche gli interessi di alcuni gruppi politici. Besart accenna appena all’argomento, e quando nota il mio interesse vira subito su tematiche che considera probabilmente meno insidiose. “Pensa”, fa notare Besart, “la nostra organizzazione ha candidato sei studentesse: più del 30% del totale dei nostri candidati”.
Dei trentamila iscritti all’Università di Pristina, pochi però sembra andranno a votare, come del resto avvenuto negli anni passati. Di sicuro non Enis Xhemaili, 24 anni studente di Legge, che farà “qualcos’altro di più interessante che andare a votare” dice, “perchè nulla cambierà dopo le elezioni: anche miei compagni di corso fanno false promesse per essere eletti ed intascarsi i soldi”. Ismet non è per niente interessato all’argomento, tutto impegnato com’è a portare avanti la sua organizzazione per la promozione del turismo in Kosovo. Le elezioni passeranno forse inosservate per lui, ma avranno anche ben poco risalto nell’opinione pubblica. Eppure c’è qualcosa di importante che rimarrà: lo spirito organizzativo, il desiderio dei giovani di comunicare, l’idea e la voglia di irrobustire sempre più questo mondo dell’associazionismo studentesco. Ci si augura che presto l’isolamento culturale che i giovani qui hanno vissuto, fino ad oggi e per molto tempo, rispetto ai loro coetanei europei possa al più presto avere sbocco in una serie di scambi e di frequenti contatti con le altre università europee, di collaborazioni e di lavori accademici congiunti, avverando anche il sogno di Besart. Potrebbe essere questo il modo più sano e duraturo per lo sviluppo del Kosovo, puntare cioè sulla qualificata formazione dei suoi giovani. Reports di vari organismi internazionali riportano cifre interessanti. Il Kosovo ha la popolazione più giovane dell’Europa con un tasso di crescita demografica di gran lunga superiore alla media europea. I dati parlano di 50% della popolazione sotto i 20 anni di età ed il 70% sotto i 30 anni. É visibilmente sorprendente per un italiano, abituato a vedere altro, il numero di persone giovani che popolano le strade kosovare. Quello che potrebbe essere un punto di forza, ancor di più perchè i giovani in questione hanno avuto la possibilità in molti casi di usufruire di formazione da parte di enti internazionali e per la maggior parte parlano diverse lingue europee, potrebbe però rivelarsi presto un punto di debolezza. In un paese in cui il tasso di povertà è del 37% (World Bank 2005) e quello di disoccupazione è fermo al 46,2% (ILO 2007), l’altissimo numero di giovani potrebbe, qualora questi poblemi macro-economici non venissero affrontati nel breve termine, creare una questione sociale e di sicurezza interna da non sottovalutare.
articolo pubblicato sul sito di carta.org; peacereporter.net; peacelink.it
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