Un colpo al cerchio, uno alla botte
Mi trovo pienamente in sintonia con l'articolo sotto riportato "Kosovo/Kfor: Incidenti a Nord "pilotati" da crimine organizzato". Si vocifera da molti anni e da vari ambienti della presunta e mai accertata colpevolezza del Kosovo per essere lo stato delle mafie, giusto per citare le parole di Limes. Il Kosovo viene dipinto come il crocevia principale dell'eroina afgana (da Riccardo Iacona) che giunge a fiumi tramite la Turchia, delle armi (da Limes) e della prostituzione. Questo colosso affaristico, che farebbe invidia anche alle potenti organizzazioni criminali di casa nostra, sarebbe retto dalla classe politica kosovara e dal suo braccio militare, l'UCK, restando fedeli alle osservazioni dei soggetti di cui sopra. Il quadro che hanno posto davanti ai lettori esiste ed ha come scenografia tutti questi elementi. E' un quadro fluido come gli affari che ci sono dietro, ma per niente nitido. Molto spesso viene difficile coglierne la tecnica e l'importanza di tutti gli elementi, ma come nel famoso ritratto ondulato di Dora Maar, guardandola in faccia, se ne ammira la potenza romantica del contenuto. Di tutto quello che i vari Iacona e Limes dicono, non c'è traccia alcuna. Nessun giornale locale, internazionale, rapporto della polizia locale o della Kfor ha mai riportato significativi riscontri con questa realtà, siano essi sequestri di droga (ho letto un solo articolo di un significativo quantitativo sequestrato al confine con la Macedonia), armi (limitati trafiletti sulla stampa locale kosovara) e prostituzione. Mi chiedo, pertanto, come sia possibile disegnare millimetricamente su cartine colorate (Limes) le strade di tutti questi traffici illeciti, senza riportare, con altrettanti documenti visivi, la veridicità delle notizie? Come sia possibile che, con una massiccia presenza di militari, 007, finanzieri, poliziotti e procuratori internazionali - che superano le 25000 unità - i criminali la facciano sempre franca, riescano a far passare sempre tutto senza farsi beccare con le mani nella marmellata? I fatti potrebbero essere due: i giornalisti dicono bufale e i militari fanno un ottimo lavoro, i militari sono in vacanza e i giornalisti riportano la verità. Battute di spirito a parte, credo che sotto sotto ci siano grossi guadagni dovuti a massicci traffici pilotati da buona parte dei politici del Kosovo e che le forze internazionali, tutte, per il quieto vivere preferiscono occuparsi d'altro [ma tutto ciò, come le osservazioni dei Iacona, Limes e altri, rimangono, in assenza di un riscontro pratico - video, foto, dossier- soltanto delle supposizioni]. Per carità, pattugliano, sorvegliano, documentano, ma mai sequestrano. Conoscono le esperienze di Ramush, persino dove ha i depositi di sigarette di contrabbando, ma nessuno fa nulla. A volte, come nel caso dei nostri finanzieri, sono impossibilitati a svolgere le stesse italiche funzioni: non possono sequestrare merce contraffatta e altro, perchè le regole di ingaggio - rules of engagement - non prevedono questo. I nostri finanzieri, sino ad ora, se non avranno comprato nulla nelle grandi catene del falso (ce ne sono due a pochi metri dal quartiere generale Kfor di Pristina) avranno sicuramente assistito alle grandi spese che militari e internazionali in genere (un buon 80% dei clienti) giornalmente, ma soprattutto durante i periodi festivi, si apprestano a fare. Scarpe Nike con i molloni, profumi di marca, borsette griffate all'ultima imitazione, magliette Lacoste, Ralph Lauren, pantaloni Zegna, Diesel, cd e dvd pirati, gli articoli più gettonati.
Riporto la scena di Melodia, uno dei due megastore, vista con i miei occhi innumerevoli volte, per far presente che molto spesso è il "complice" silenzio degli internazionali a fare del Kosovo una prospera isola felice per il crimine e il contrabbando. Comunque sia, nè l'eroina, nè la prostituzione nascono nel Kosovo, ma usufruiscono di queste falle del sistema per cambiare aspetto e presentarsi alle nostre frontiere sotto un look non sospetto. Sarò forse ingenuo, ma una domanda vorrei proprio farla: Non sarebbe logico che paesi molto più strutturati, prossimi ad entrare nell'Unione Europea o già dentro bloccassero il marcio che giunge sulle loro frontiere? L'eroina non potrebbe essere sequestrata in Turchia? o in Grecia? La prostituzione non potrebbe essere colpita in Romania o Bulgaria, prima di giungere in Kosovo? Questo paese, come riportano tutti, è uno sputo di terra circondato da molte realtà torbide e colluse con il contrabbando. Una di queste è la Serbia, che con la sua ex provincia e i suoi nemici di sempre, gli shqiptari, fanno ottimi affari. Ultimo quello sulla benzina e dei prodotti serbi. Samopravo sul suo blog spiega come funziona:
... le frontiere 1 e 31, che da febbraio di quest’anno sono allegramente aperte a tutti, grandi e piccoli. Ovviamente mi riferisco a grandi e piccoli traffici ileciti. Non a caso, le dogane sono stata la prima cosa ad essere bruciata dopo la dichiarazione di indipendenza...Quando si tratta di trafficare Serbi e Albanesi - si dice - vanno d’accordissimo. Fanno affaroni d’oro di questi tempi, soprattutto col traffico di benzina. Se volete spiego come funziona, non e’ difficile: porti una cisterna di benza dalla Serbia in Kosovo passando dal Nord. Non ha pagato le tasse in Serbia perche’ le tasse si pagano nel paese di destinazione (cioe’ il Kosovo, ricordate?). Solo che al Nord nel Kosovo non ci sono le dogane, quindi le tasse non le paghi manco li’. Quindi vendi la benza a Mitrovica Nord con saldi del 20% e fai un sacco di soldi. Vedrai, la gente fa la fila, viene anche da fuori citta’ apposta per quello. Oppure, meglio ancora, dopo che le hai fatto fare un giretto in Kosovo, la cisterna la re-importi in Serbia, sempre sfruttando le dogane che non ci sono. E li’ te la vendi come sopra. (sull'argomento vedi anche Rinascita Balcanica)
Kosovo/Kfor: Incidenti a Nord "pilotati" da crimine organizzato. Ragioni etniche di facciata: si protegge fiorente contrabbando (Apcom/ Nuova Europa)
Gettare ombra sull'operato della missione di giustizia e polizia dell'Unione europea (Eulex), di recente dispiegata in Kosovo, e impedirle di consolidare le fragilissime strutture doganali che favoriscono le fiorenti attività di contrabbando nell'area. Questo il vero obiettivo che si nasconderebbe dietro gli incidenti registrati ultimamente a Mitrovica, città a nord del Kosovo, roccaforte della minoranza serba: episodi pilotati dunque, che poco hanno a che vedere con lo scontro etnico tra serbi e albanesi. Una tesi, questa, che si è andata diffondendo tra molti analisti e osservatori locali ed internazionali e che trova ampio riscontro nell'intervista rilasciata al quotidiano di Pristina, Koha ditore, da Michel Yakovleff, comandante delle truppe Nato (Kfor) competenti del Kosovo settentrionale. Pur senza esplicitare che Eulex sia finita nel mirino di contrabbandieri "soprattutto di benzina", il militare ammette: "Ci sono giovani ragazzi che i criminali utilizzano per i loro personali scopi. Non c'è niente di inter-etnico e tutti concordano su questo". Il riferimento è agli episodi di violenza di cui è stata teatro Mitrovica nelle recenti settimane: un giovane serbo è stato accoltellato da due albanesi; tre giornalisti e sette pompieri sono rimasti feriti a margine di scontri interetnici; due serbi sono stati aggrediti da una ventina di albanesi; una bomba a mano è stata lanciata contro una casa di proprietà di un albanese. La rivalità tra serbi e albanesi sarebbe però solo di facciata: "L'intera regione - puntualizza Yakovleff - è un paradiso per i contrabbandieri, non solo a nord, ma anche a sud". Ciononostante, la situazione generale nel Kosovo settentrionale, di cui Yakovleff è direttamente competente, resta "abbastanza sicura" in quanto vi è "un focolaio circoscritto al centro di Mitrovica, mentre in altre località come Leposavic, Zubin Potok o Vucitrn non ci sono molti problemi". Mitrovica è la città simbolo delle fratture etniche dell'auto proclamato stato, spaccata com'è dal fiume Ibar: a nord i abitano i serbi, a sud gli albanesi. "Dal 30 dicembre scorso - informa il comandante Kfor - abbiamo incrementato la presenza militare nella città".
Mi trovo pienamente in sintonia con l'articolo sotto riportato "Kosovo/Kfor: Incidenti a Nord "pilotati" da crimine organizzato". Si vocifera da molti anni e da vari ambienti della presunta e mai accertata colpevolezza del Kosovo per essere lo stato delle mafie, giusto per citare le parole di Limes. Il Kosovo viene dipinto come il crocevia principale dell'eroina afgana (da Riccardo Iacona) che giunge a fiumi tramite la Turchia, delle armi (da Limes) e della prostituzione. Questo colosso affaristico, che farebbe invidia anche alle potenti organizzazioni criminali di casa nostra, sarebbe retto dalla classe politica kosovara e dal suo braccio militare, l'UCK, restando fedeli alle osservazioni dei soggetti di cui sopra. Il quadro che hanno posto davanti ai lettori esiste ed ha come scenografia tutti questi elementi. E' un quadro fluido come gli affari che ci sono dietro, ma per niente nitido. Molto spesso viene difficile coglierne la tecnica e l'importanza di tutti gli elementi, ma come nel famoso ritratto ondulato di Dora Maar, guardandola in faccia, se ne ammira la potenza romantica del contenuto. Di tutto quello che i vari Iacona e Limes dicono, non c'è traccia alcuna. Nessun giornale locale, internazionale, rapporto della polizia locale o della Kfor ha mai riportato significativi riscontri con questa realtà, siano essi sequestri di droga (ho letto un solo articolo di un significativo quantitativo sequestrato al confine con la Macedonia), armi (limitati trafiletti sulla stampa locale kosovara) e prostituzione. Mi chiedo, pertanto, come sia possibile disegnare millimetricamente su cartine colorate (Limes) le strade di tutti questi traffici illeciti, senza riportare, con altrettanti documenti visivi, la veridicità delle notizie? Come sia possibile che, con una massiccia presenza di militari, 007, finanzieri, poliziotti e procuratori internazionali - che superano le 25000 unità - i criminali la facciano sempre franca, riescano a far passare sempre tutto senza farsi beccare con le mani nella marmellata? I fatti potrebbero essere due: i giornalisti dicono bufale e i militari fanno un ottimo lavoro, i militari sono in vacanza e i giornalisti riportano la verità. Battute di spirito a parte, credo che sotto sotto ci siano grossi guadagni dovuti a massicci traffici pilotati da buona parte dei politici del Kosovo e che le forze internazionali, tutte, per il quieto vivere preferiscono occuparsi d'altro [ma tutto ciò, come le osservazioni dei Iacona, Limes e altri, rimangono, in assenza di un riscontro pratico - video, foto, dossier- soltanto delle supposizioni]. Per carità, pattugliano, sorvegliano, documentano, ma mai sequestrano. Conoscono le esperienze di Ramush, persino dove ha i depositi di sigarette di contrabbando, ma nessuno fa nulla. A volte, come nel caso dei nostri finanzieri, sono impossibilitati a svolgere le stesse italiche funzioni: non possono sequestrare merce contraffatta e altro, perchè le regole di ingaggio - rules of engagement - non prevedono questo. I nostri finanzieri, sino ad ora, se non avranno comprato nulla nelle grandi catene del falso (ce ne sono due a pochi metri dal quartiere generale Kfor di Pristina) avranno sicuramente assistito alle grandi spese che militari e internazionali in genere (un buon 80% dei clienti) giornalmente, ma soprattutto durante i periodi festivi, si apprestano a fare. Scarpe Nike con i molloni, profumi di marca, borsette griffate all'ultima imitazione, magliette Lacoste, Ralph Lauren, pantaloni Zegna, Diesel, cd e dvd pirati, gli articoli più gettonati.
Riporto la scena di Melodia, uno dei due megastore, vista con i miei occhi innumerevoli volte, per far presente che molto spesso è il "complice" silenzio degli internazionali a fare del Kosovo una prospera isola felice per il crimine e il contrabbando. Comunque sia, nè l'eroina, nè la prostituzione nascono nel Kosovo, ma usufruiscono di queste falle del sistema per cambiare aspetto e presentarsi alle nostre frontiere sotto un look non sospetto. Sarò forse ingenuo, ma una domanda vorrei proprio farla: Non sarebbe logico che paesi molto più strutturati, prossimi ad entrare nell'Unione Europea o già dentro bloccassero il marcio che giunge sulle loro frontiere? L'eroina non potrebbe essere sequestrata in Turchia? o in Grecia? La prostituzione non potrebbe essere colpita in Romania o Bulgaria, prima di giungere in Kosovo? Questo paese, come riportano tutti, è uno sputo di terra circondato da molte realtà torbide e colluse con il contrabbando. Una di queste è la Serbia, che con la sua ex provincia e i suoi nemici di sempre, gli shqiptari, fanno ottimi affari. Ultimo quello sulla benzina e dei prodotti serbi. Samopravo sul suo blog spiega come funziona:
... le frontiere 1 e 31, che da febbraio di quest’anno sono allegramente aperte a tutti, grandi e piccoli. Ovviamente mi riferisco a grandi e piccoli traffici ileciti. Non a caso, le dogane sono stata la prima cosa ad essere bruciata dopo la dichiarazione di indipendenza...Quando si tratta di trafficare Serbi e Albanesi - si dice - vanno d’accordissimo. Fanno affaroni d’oro di questi tempi, soprattutto col traffico di benzina. Se volete spiego come funziona, non e’ difficile: porti una cisterna di benza dalla Serbia in Kosovo passando dal Nord. Non ha pagato le tasse in Serbia perche’ le tasse si pagano nel paese di destinazione (cioe’ il Kosovo, ricordate?). Solo che al Nord nel Kosovo non ci sono le dogane, quindi le tasse non le paghi manco li’. Quindi vendi la benza a Mitrovica Nord con saldi del 20% e fai un sacco di soldi. Vedrai, la gente fa la fila, viene anche da fuori citta’ apposta per quello. Oppure, meglio ancora, dopo che le hai fatto fare un giretto in Kosovo, la cisterna la re-importi in Serbia, sempre sfruttando le dogane che non ci sono. E li’ te la vendi come sopra. (sull'argomento vedi anche Rinascita Balcanica)
Kosovo/Kfor: Incidenti a Nord "pilotati" da crimine organizzato. Ragioni etniche di facciata: si protegge fiorente contrabbando (Apcom/ Nuova Europa)
Gettare ombra sull'operato della missione di giustizia e polizia dell'Unione europea (Eulex), di recente dispiegata in Kosovo, e impedirle di consolidare le fragilissime strutture doganali che favoriscono le fiorenti attività di contrabbando nell'area. Questo il vero obiettivo che si nasconderebbe dietro gli incidenti registrati ultimamente a Mitrovica, città a nord del Kosovo, roccaforte della minoranza serba: episodi pilotati dunque, che poco hanno a che vedere con lo scontro etnico tra serbi e albanesi. Una tesi, questa, che si è andata diffondendo tra molti analisti e osservatori locali ed internazionali e che trova ampio riscontro nell'intervista rilasciata al quotidiano di Pristina, Koha ditore, da Michel Yakovleff, comandante delle truppe Nato (Kfor) competenti del Kosovo settentrionale. Pur senza esplicitare che Eulex sia finita nel mirino di contrabbandieri "soprattutto di benzina", il militare ammette: "Ci sono giovani ragazzi che i criminali utilizzano per i loro personali scopi. Non c'è niente di inter-etnico e tutti concordano su questo". Il riferimento è agli episodi di violenza di cui è stata teatro Mitrovica nelle recenti settimane: un giovane serbo è stato accoltellato da due albanesi; tre giornalisti e sette pompieri sono rimasti feriti a margine di scontri interetnici; due serbi sono stati aggrediti da una ventina di albanesi; una bomba a mano è stata lanciata contro una casa di proprietà di un albanese. La rivalità tra serbi e albanesi sarebbe però solo di facciata: "L'intera regione - puntualizza Yakovleff - è un paradiso per i contrabbandieri, non solo a nord, ma anche a sud". Ciononostante, la situazione generale nel Kosovo settentrionale, di cui Yakovleff è direttamente competente, resta "abbastanza sicura" in quanto vi è "un focolaio circoscritto al centro di Mitrovica, mentre in altre località come Leposavic, Zubin Potok o Vucitrn non ci sono molti problemi". Mitrovica è la città simbolo delle fratture etniche dell'auto proclamato stato, spaccata com'è dal fiume Ibar: a nord i abitano i serbi, a sud gli albanesi. "Dal 30 dicembre scorso - informa il comandante Kfor - abbiamo incrementato la presenza militare nella città".
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