lunedì 22 dicembre 2008
BUON 2009 CON UNA SCARPA IN FACCIA ALLE INGIUSTIZIE
venerdì 5 dicembre 2008
I SEI PUNTI
I tanto discussi sei punti proposti dal segretario generale Ban Ki-moon a Belgrado e Pristina - una volta raggiunto l'accordo di massima con la Serbia- sono stati approvati all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza. Il nuovo piano dell'ONU, di seguito riportato, rappresenta l'ennesima acrobatica alchimia diplomatica dell'Occidente con l'intento di ri-uscire dalla controversa realtà sopraggiunta all'indipendenza. Senza entrare nel merito di questa o quella posizione (pro-indipendenza o meno) mi limito a far presente che le rocambolesche giravolte fanno molto male ai cittadini di ogni etnia e schieramento che vivono oggi in Kosovo e solo a loro. Non si può ogni volta sventolare la bandiera della convenienza politica, giocare al gioco della carota e del bastone, sostenere prima una posizione e insieme una visione, poi il suo opposto, provocandone prima il rancore di Belgrado ora quello di Pristina. I sei punti, con piccole variazioni, non rappresentano altro che la realtà del Kosovo precedente al 17 febbraio 2008, dove la risoluzione ONU 1244 era la cornice giuridica di riferimento. Non aggiungono nulla di eclatante. Anzi, sottraggono lo zuccherino che era stato dato dalle maggiori potenze occidentali al Kosovo, l'indipendenza come possibile soluzione pacifica del conflitto. Perchè, mi chiedo, questo nuovo piano in sei punti non è stato presentato prima del Piano Ahtisaari?, in modo tale da fermare quel processo indipendentista che proprio l'Occidente aveva partorito? La virata di questi giorni, con l'approvazione dei sei punti, sarà la premessa di nuove tensioni tra i due eterni rivali, l'opposto di quello che vanno predicando sempre ONU, Unmik e ora Eulex. Onestamente penso che solo così, con una situazione sempre tesa, conflittuale e appositamente creata, i nostri beniamini dell'"ordine" e della "democrazia" possono trovarvi interesse per agire e operare, con la compiacenza appunto della comunità internazionale che li paga profumatamente.
I sei punti del piano Onu (fonte Osservatorio sui Balcani)
1- Polizia: Nei territori abitati da popolazione serba le forze di polizia restano sotto l'attuale catena di comando, supervisionata dalla polizia internazionale. Gli ufficiali serbi vengono nominati dal capo dell'Unmik.
2 - Dogane: I doganieri internazionali tornano a controllare i valichi confinari nel nord del Kosovo, nella cornice della risoluzione 1244.
Viene incluso anche un protocollo di collaborazione tra la Serbia e il Servizio Dogane dell'Unmik. E' prevista l'apertura di un ulteriore valico a Kamenica. La maggior parte degli introiti raccolti alle frontiere andrà alle amministrazioni locali, una parte minore al governo di Pristina.
3 - Tribunale: Il tribunale di Mitrovica nord rimane sotto controllo dell'Unmik. Giudici e procuratori locali saranno nominati nella cornice della risoluzione 1244.
4 - Infrastrutture: Verranno iniziati appositi negoziati.
5 - Confini: Nella cornice della 1244, la Nato continuerà ad esercitare l'attuale mandato di garante della sicurezza.
6 - Tutela del patrimonio culturale serbo: E' necessario continuare il dialogo tra Pristina e Belgrado, nel quale dovrà essere coinvolta anche la Chiesa Ortodossa Serba.
martedì 2 dicembre 2008
RISIKO
I tre personaggi, forse in maniera autonoma, forse in una operazione pianificata con il loro ufficio, si sono mossi entro questa cornice con l'intento di scardinarla? I tanti interrogativi e i dubbi non troveranno probabilmente la luce della verità. Dopo il clamore iniziale si è deciso di lavare i panni sporchi a casa propria. Gli interessi della Germania in Kosovo sono tanti e, come affermavo in un altro post, la Germania è stata una grande sostenitrice dell'indipendenza ed ha sostenuto sino ad ora massicciamente lo sviluppo socio-economico del Kosovo. Non da ultimo, la Germania è una delle nazioni più coinvolte nel dispiegamento di Eulex con più di 200 poliziotti. Sarà forse lo stallo post-indipendenza con i ritardi di Eulex e la marginalizzazione della Germania dalle posizioni di vertice per il Kosovo (ICO, Unmik, Kfor) il nocciolo del problema?
Consiglio la lettura di una interessante analisi apparsa sul sito paginedidifesa.it dal titolo "Kosovo,Eulex e misteri tedeschi"
sabato 22 novembre 2008
PRODUKTE AUS DEUTSCHLAND
leggi articolo
venerdì 21 novembre 2008
I TEDESCHI DIETRO LA BOMBA ALLA SEDE DELL'EU IN KOSOVO?
leggi anche produkte aus Deutschland
mercoledì 19 novembre 2008
EULEX: MISSION IMPOSSIBLE
- che la nuova missione venga dispiegata con l'approvazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu
- che la nuova missione sia neutrale riguardo alla status del Kosovo (il messaggio di Belgrado è quello di far capire che la risoluzione Onu 1244 è ancora in vigore, quella che afferma in un suo punto che il Kosovo è una regione della Repubblica della Serbia)
- che la nuova missione non faccia alcun riferimento al Piano Ahtisaari (piano post 1244 che prevede, invece, la gestione dell'indipendeza del Kosovo).
articolo pubblicato sul sito di carta.org
KOSOVO: VOCI DELL'ULTIMO INVERNO
L'intero lavoro fotografico è consultabile sul sito del fotografo www.ignaciococcia.com
venerdì 24 ottobre 2008
FINE DELL'ATTESA
leggi post correlati: MATERIALE RADIOATTIVO? LA MANIFESTAZIONE
sabato 4 ottobre 2008
SERBIA HARDCORE
Mentre le televisioni mostrano nuovamente le immagini di una Belgrado messa a fuoco dalla miccia nazionalista, queste caustiche short stories ci riportano uno spaccato anni '90 made in Beograd, quando tutto il mondo si stupì, ma non troppo, che una grande capitale nel cuore dell'Europa potesse essere bombardata. "Serbia Hardcore" è un diario di guerra dal retrogusto di humor nero che parla di libertà di stampa, di opposizione interna, della strana sensazione di volere la cacciata di Milosevic ma di ritrovarsi nel giardino di casa le bombe di coloro che dovrebbero cacciarlo.
Sono questi i binari entro i quali si muove il nuovo libro di Dusan Velickovic. Il 10 ottobre uscirà in Italia una raccolta di brevi racconti autobiografici attraverso cui il giornalista e scrittore serbo, ripercorre gli ultimi nove anni della storia serba. Dalla guerra in Kosovo all'arresto di Radovan Karadzic.
Vi anticipo qui di seguito alcuni stralci del libro:
"Le bombe sono cadute a poche centinaia di metri da casa, all'angolo delle vie Vardarska e Maksim Gorkij. Una ragazza di vent'anni ha perso la vita. E' stata sepolta con l'abito da sposa, due giorni dopo. Era la trentaseiesima notte dall'inizio dei bombardamenti. Ma l'anno non era il 1984. E non combattevamo contro l'Oceania o l'Eurasia. Semplicemente ci avevamo fatto l'abitudine." Più giù nel libro prosegue dicendo "Quello forse è stato il momento più tragico della nostra storia, ma, paradossalmente, i bombardamenti hanno segnato la fine di un incubo, l'era Milosevic. Pochi mesi dopo centinaia di migliaia di persone sarebbero scese in piazza per chiedere le sue dimissioni. A Belgrado non si era mai vista una cosa di simile".
In un capitolo del libro Velickovic parla anche di Kosovo:
"Continuo a camminare. Dopo pochi passi mi imbatto nel vescovo Amfilohije. Di recente, il vescovo ha definito 'immortale' Karadzic, anch'egli accusato di crimini di guerra e varie atrocità. Ma allora è vero che individui come lui e Mladic sono difesi dalla Chiesa ortodossa? E' la Chiesa a capo della cosiddetta lobby 'anti-Aja'?, più sotto, ancora "Certo, manca la prova che la Chiesa ortodossa abbia protetto i latitanti, ma le affermazioni di certi suoi esponenti, i predicatori della Grande Serbia, indicano un coinvolgimento quanto meno ideologico".
Ricordo che tra i latitanti ci sono ancora Ratko Mladic, il generale dei serbo-bosniaci, che ordinò il massacro di Srebrenica, e Goran Hadzic, l'ex presidente dell'autoproclamata Repubblica Serba della Krajina. A tal proposito, l'autore dice "Non saprei dire nè come nè quando, ma so che verranno catturati presto. Perchè in Serbia credo che i tempi siano davvero cambiati. L'ideologia ultranazionalista sta vivendo le sue ultime ore". Non sono parole di un americano o di qualcuno che conosce i fatti per sentito dire. Dusan Velickovic è una voce critica, autorevole , uno uscito fuori dal branco, lo stesso che è stato rimosso dall'incarico da caporedattore del Nin, il settimanale indipendente schierato contro il regime di Belgrado per non essere stato "meno critico verso il governo". La voce di Velickovic è chiara anche quando, in maniera scomoda per un serbo, si esprime sul Kosovo: "La questione troverà una soluzione adeguata soltanto quando sarà compiuta l'integrazione della regione balcanica nell'UE"
Sin dalle premesse, Serbia Hardcore si presenta come un libro che fa riflettere.
mercoledì 1 ottobre 2008
SONO ROSE E FIORIRANNO (terza ed ultima parte)
leggi la prima e la seconda parte
links: Mundesia, CBM
lunedì 22 settembre 2008
SONO ROSE E FIORIRANNO (seconda parte)
La signora Hasime, albanese kosovara, ha molta dimestichezza con il Pajero che guida, donato anch’esso dai finlandesi. Ricorda affettuosamente il giorno in cui le è stata consegnata, “So bene che potrei, a questo punto, dopo l’usura degli adesivi attaccati sulle due portiere della macchina, toglierli” ammette, “Di per sé non è un gesto scorretto, certo, ma come si fa?” “Voglio esserli riconoscente”, aggiunge riferendosi ai finlandesi, “Anche con questo piccolo gesto”. L’inglese continua ad essere la principale lingua di comunicazione anche quando mi accompagna con la sua macchina, il Pajero appunto, al Bosnian Mahalla, un quartiere cuscinetto sito proprio tra la parte sud e quella nord di Mitrovica, dove incontriamo la sua collega e amica Olivera, direttrice della Women Business Association. Ci vivono tutte le etnie del Kosovo in questo solo quartiere, che anche per questo è piuttosto militarizzato. I soldati della Kfor continuano a svolgervi attività di controllo e peacekeeping. Noi parcheggiamo e in maniera del tutto naturale vedo Hasime attraversare la strada di questo posto di confine, (a pochi metri dalla zona serba), e salutare con affetto Olivera Milosevic nel Community Business Youth Centre che gestiscono insieme. Può sembrare un gesto di assoluta normalità quello del bacio tra due persone che si conoscono da tempo. Ma non lo è certo per chi vive da queste parti ed appartiene a due etnie“contrapposte” da decenni di tensioni e conflitti. Una volta terminate le presentazioni iniziali, con Hasime e Olivera parliamo in tutta tranquillità di politica e integrazione. Olivera espone chiaramente le sue idee, dimostrando subito di essere anche lei energica e determinata, mi spiega come mai lei sia così conosciuta e ben inserita nella città nonché alla guida di quest’attiva associazione creata nel 2004. “Sin da allora”, spiega la direttrice della WBA, “ci siamo occupate di lotta contro la violenza domestica sulle donne, campagne per il rispetto ambientale, organizzare incontri tra micro imprese di Mitrovica -sia Nord che Sud- che operano nello stesso ambito, supportare piccoli agricoltori, albanesi, serbi o di altre etnie, nelle loro attività, organizzare tornei di calcetto multietnici tra i più giovani”. Apprendo poi che la WBA organizza anche corsi di cucina (dolci), a cui partecipano soprattutto donne rom, poi ci sono anche corsi di informatica, inglese, artigianato, corsi sull’analisi del sangue, la misurazione del colesterolo. Nella lunga lista di attività, prosegue Olivera evidentemente orgogliosa, si sono occupate anche di una campagna contro il traffico di esseri umani. “Oggi con il WBA, che partecipa ad un progetto di sviluppo locale di UNDP siamo qui”, ci dice muovendo gli occhi ad indicare la bella ancorché semplice struttura del centro giovanile.
“Da un anno e mezzo gestiamo il Community Business Youth Centre nel Bosnian Mahalla”, ripete Hasime che traduce il discorso di Olivera dal serbo all’inglese, un centro voluto da ciascun leader di ogni gruppo etnico di Mitrovica e “fortemente desiderato da Unmik che ha chiesto proprio a noi di gestirlo” conclude. Nel centro c’è internet, 15 persone impiegate, tra cui albanesi, serbi, turchi e bosniaci. Il CBYC è un luogo di incontro e aggregazione per donne e uomini, soprattutto giovani. Soddisfatte Hasime e Olivera elencano le tante sfide vinte contro il muro di gomma che è Mitrovica ed, in particolare, alcune sue istituzioni locali, rivivendo le avventure e paure dei giorni della pulizia del fiume Ibar, confine improvvisato tra il nord e il sud della città e due mondi divisi. Anche Olivera descrive con fierezza quella fase come un momento di rottura di un muro di pregiudizi, ricordando che in quel progetto del 2006 lei ed Hasime erano riuscite ad impiegare quasi 200 persone di diverse etnie che guadagnavano grazie a loro 120 euro al mese (un salario medio mensile in Kosovo va dai 150 ai 180 euro al mese). Quest’ultimo aspetto viene ulteriormente sviluppato in un dialogo tra le due donne ed Olivera, in maniera diretta, afferma come quello economico sia un aspetto non trascurabile nel processo di pacificazione del Kosovo. “La gente più che sedersi intorno ad un tavolo tecnico appositamente convocato per parlare di pace o di analisi pacifica del conflitto, o di multiculturalismo, ha bisogno di mangiare e di mandare a scuola i propri figli”, sentenzia gelida. Hasime muove energicamente la testa mostrando la sua piena condivisione di tale analisi.
leggi la prima parte
seguirà terza ed ultima parte con CBM (Community Building Mitrovica)
domenica 21 settembre 2008
sabato 20 settembre 2008
LA GUERRA INFINITA DI IACONA E L'AVVOCATO DEL DIAVOLO
Questa è la premessa-presentazione che circolava un po' su tutti i siti di informazione:
La trovo raccapricciante. Iacona, nella prima parte, è partito per raccontarci l'atroce storia del conflitto kosovaro escludendo a priori una parte consistente dei fatti. Per i serbi la loro storia recente inizia a marzo del '99 (il 26 hanno inizio i bombardamenti della Nato), per gli albanesi, invece, qualche anno prima. Dispiace constatare che anche per molti "quotati" giornalisti italiani - Iacona per sfortuna non è il solo- i problemi del Kosovo iniziano subito dopo i bombardamenti.....Quasi non facesse parte della loro etica professionale raccontare (e ricordare ai tanti) le mostruosità degli anni '90 commesse in Kosovo. Perchè la storia recente inizia da lì!! Non si può iniziare a descrivere un evento incominciando la narrazione già da metà della storia, saltando tutta la prima parte, caro dottor Iacona!!! Questo è quello che ha fatto, facendo un torto a tutti noi spettatori, oltre che alla storia. Il macabro disegno criminale serbo (di questo si è trattato) perpetrato ai danni della popolazione di etnia albanese negli anni precedenti, andava raccontata con la stessa minuziosità con la quale è stata descritta la violenza albanese ai danni dei serbi (vedi puntata di ieri). Nessun cenno, nessuno. Come mai questo silenzio? Noi telespettatori paganti del servizio pubblico abbiamo mandato con i nostri soldi un professionista in giro per quasi un anno, dal Kosovo alla Macedonia, dalla Turchia all’Afghanistan, per raccontarci poi “fregnacce” come dicono ironicamente a Roma.
Un approccio giornalistico, già viziato fin dalla pubblicizzazione dell’evento e che è venuto fuori in pompa magna durante il servizio. Iacona ha mostrato tanta antipatia per i kosovari albanesi e tanta humana pietas per le povere vedove serbe. Ho notato, e mi è stata data conferma da vari amici che hanno visto il servizio, come la voce tradotta dal serbo in italiano aveva un tono commosso, ed assumeva aspetti quasi arroganti quando la stessa riportava la testimonianza dell'albanese. All’ottimo maquillage ben riuscito, Iacona ha anche pensato di riportare dati inesatti e falsi. È bene ricordare ai pochi che leggeranno questo post, anche se il danno ormai è stato fatto, che Gracanica non è una prigione a cielo aperto, dove vive l'estrema povertà serba, dove i serbi vivono sotto minaccia quotidiana, dove ci sono soltanto 4 negozietti serbi improvvisati, e che le pensioni da Belgrado (per i soli cittadini serbi) non sono da fame, che a Pristina non vivono 40 serbi e a Obliq solo 2 anziani e che sia una vergogna che una chiesa sia un obiettivo militare da difendere!........Lo chieda ai serbi che fine hanno fatto fare alle moschee, a quella che si trovava a Mitrovica a ridosso del ponte sull’Ibar nel lato nord????, lo faccia sapere ai telespettatori....
Alla fine non ho prestato fede alla premessa di sopra e ho finito per fare l'avvocato del diavolo.
Tutte le foto sono di Halit Barani scattate in qualità di Direttore del Centro per i Diritti Umani e le Libertà - Ufficio di Mitrovica. Barani, con scrupolo e puntualità è riuscito a documentare le violenze commesse durante gli anni novanta in Kosovo.