giovedì 15 novembre 2007

VERSO LE URNE

I partiti politici kosovari sono entrati nel pieno della campagna elettorale senza un chiaro programma di sviluppo e di progresso socio-economico del Kosovo. Probabilmente dovuto alla mancanza di progetti concreti ed alla grande attesa per ciò che seguirà alla decisione sullo status del Kosovo prevista per il 10 dicembre, anche i più grandi partiti, quelli che aspirano a vincere le elezioni ed a governare il paese, hanno affrontato una campagna elettorale sterile.

MITROVICA. I cittadini del Kosovo si preparano a questa nuova sfida democratica per rinnovare l’assemblea parlamentare e le municipalità. Al Comitato Centrale per le Elezioni sono stati registrati i candidati. Molti i volti nuovi, tanti quelli con seri vizi legali. L’ONG locale “Cohu” ha pubblicato la lista dei candidati che corrono per questa nuova tornata elettorale che sono al momento sospettati di corruzione e atti illegali: la lista parla di 55 candidati, 21 del LDK, 14 del AAK, 10 dell’ LDD, 8 del PDK e 2 del AKR. Solo il partito di opposizione ORA risulta essere pulito. Sarà appunto per la sua escusione dagli attuali giochi politici?
Comunque sia, queste elezioni (le quarte dal 1999, da quando il Kosovo è amministrato dall’UNMIK) prevedono il voto di lista aperto e per la prima volta l’elettorato potrà liberamente scegliere un massimo di dieci (un po’ troppe forse!) preferenze all’interno della stesso partito politico, introducendo quindi l’elemento di scelta personale in un sistema elettorale che rimane proporzionale. Attualmente il parlamento è composto da 120 parlamentari, 20 dei quali spettano per legge alla rappresentanza delle minoranze, e precisamente:10 ai candidati della comunità serba, 4 per quella R.A.E. ( Rom, Ashkali ed Egiziani) 3 per i Bosniaci, 2 per la comunità turca e 1 per i Gorani.
Ci si aspetta una partecipazione più alta delle precedenti volte, quando si è attestata ad appena il 49,5%. Questo nuovo sistema elettorale ha spinto i partiti a nominare volti nuovi ma comunque spesso molto popolari. Ci si augura quindi che, anche per via della delicatezza del contesto politico attuale, unita a questo elemento di novità, i kosovari rispondano massicciamente a questo loro diritto.
Coloro che sicuramente ne faranno a meno sono la comunità serba (o comunque la stragrande maggioranza di essa) e il movimento per l’Autodeterminazione (Vetevendosje) di Albin Kurti. I primi sono tuttora ancora divisi sulla loro partecipazione o meno alle elezioni. C’è chi sostiene, come Dragan Milosevic del Partito Forza del Popolo, che dalla partecipazione elettorale si potranno ricevere più benefici di quelli che si perderanno. Prescindendo dalla risoluzione sullo status, serbi e albanesi, viene ribadito, devono rimanere vicini e concentrare l’attenzione sullo sviluppo economico della regione, è stato il suo commento.
Dall’altro lato, l’esponente del Partito Radicale serbo, Zvonko Mihajlovic ha invitato tutti i serbi a boicottare le elezioni, aggiungendo che i serbi non credono nelle istituzioni locali e internazionali del Kosovo e che andare a votare, quindi, significa dare piena legittimazione alle elezioni, e riconoscere così la piena autorevolezza dell’Assemblea appena eletta ed dell’amministrazione UNMIK. Per il momento soltanto il Partito Nuova Democrazia, facente capo all’attuale Ministro delle Comunità e dei Rientri, Branislav Grbic, ha confermato la sua partecipazione alle elezioni. Nuova Democrazia parteciperà con un chiaro programma elettorale. Il ritorno sostenibile dei serbi del Kosovo in particolare è considerato di cruciale importanza e ciò può essere migliorato attraverso la coesistenza amministrativa tra tutte le comunità del kosovo, sostiene il Ministro.
Altri sei partiti serbi poi, appena pochi giorni fa, si sono rivolti al Comitato Centrale per le Elezioni chiedendone l’inserimento tra la lista dei partiti che parteciperanno. Quanto richiesto è tecnicamente impossibile data la scadenza della data utile per la presentazione delle liste. Spetterà tuttavia alle entità politiche decidere al riguardo. Fonti giornalistiche riportano inoltre che Slobodan Petrovic, leader del Partito Liberale Indipendente, ha affermato che persone manipolate da Belgrado stanno minacciando i serbi del kosovo che saranno in pericolo se parteciparenno alle elezioni.
Dal lato albanese...
Dalla parte albanese, Albin Kurti, del Movimento Vetevendosje ( Autodeterminazione), ancora agli arresti domiciliari per gli scontri avvenuti in Kosovo durante la manifestazione dello scorso 10 Febbraio (2 giovani sono morti ed almeno 80 i feriti), afferma che le elezioni di novembre serviranno solo a distrarre la gente da temi importanti come la liberta e l’indipendenza e poi a creare una grande coalizione LDK – PDK, dando legittimazione a questo marcio sistema politico. Il movimento Vetevendosje, da sempre critico verso l’amministrazione UNMIK e la sua gestione politico-amministrativa del Kosovo, si dice così completamente contrario a queste elezioni. Solo dopo un referendum sull’indipendeza del Kosovo, e solo dopo che lo status del Kosovo sarà cambiato, potranno esserci vere elezioni.
In effetti, I partiti politici kosovari sono entrati nel pieno della campagna elettorale senza un chiaro programma di sviluppo e di progresso socio-economico del Kosovo.
Probabilmente dovuto alla mancanza di progetti concreti ed alla grande attesa per ciò che seguirà alla decisione sullo status del Kosovo prevista per il 10 dicembre, anche i più grandi partiti, quelli dunque che aspirano a vincere le elezioni ed a governare il paese, hanno affrontato una campagna elettorale sterile. Quasi sicuramente per via di un tacito accordo con i vertici UNMIK, la tematica insidiosa, ma di grande impatto elettorale, qual’è l’indipendenza del Kosovo, è stata tenuta in quarantena.
Il più grande partito politico, Partito Democratico del Kosovo (PDK) ha investito la sua campagna elettorale focalizzando l’attenzione sulla necessaria riforma della tassazione per attrarre gli investitori stranieri in Kosovo. Si promette che lo sviluppo economico sarà il risultato che giungerà presto, non appena le strutture legali e di politica fiscale saranno messe a posto. Le norme sulla tassazione dei salari, oggi al 20%, saranno ridotte della metà, fa sapere Bedri Hamza, responsabile economico del partito.
L’Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK) ha anch’essa posto lo sviluppo economico come parte prioritaria del suo programma, giocando la carta della costruzione imminente della termocentrale Kosova C, per supplire agli ormai cronici problemi elettrici.
La proposta del più grande partito di opposizione, Partitto delle Riforme (ORA) del leader Vetun Surroi, intende invece risolvere lo stallo economico utilizzando i milioni di euro accumulati dal processo delle privatizzazioni e dalle imprese statali del Kosovo. Più di 500 milioni sono le riserve delle Telecomunicazioni del Kosovo (PTK) e del Kosovo Trust Agency (KTA). Questi fondi saranno da loro usati a beneficio dei cittadini, dice ORA.
Anche il partito del nuovo entrato Pacolli, l’Alleanza per il Nuovo Kosovo (AKR) promette grandi scenari di benessere e sviluppo prossimo-futuri. L’AKR punta tutto sulla riduzione del tasso di disoccupazione (la media supera il 50%). Se venisse eletto, in un breve periodo di tempo, creerà 70.000 nuovi posti di lavoro. Credo che non ci siano stati contatti di nessun tipo con il magnate di casa nostra, ma a Pacolli è parso fattibile riproporre, non tenedo conto delle dovute proporzioni demografiche e sparandola ancora più grossa, la filastrocca berlusconiana del milione di finti posti di lavoro. Tutto il Kosovo è pieno di poster con le opere realizzate in giro per il mondo da kosovari grazie all’imprenditore Pacolli.
Una campagna elettorale apparsa non partecipativa ma quasi solo rivolta agli addetti ai lavori, se non fosse per le innumerevoli gigantografie di questo o quel politico sparse in lungo e in largo in tutto il Kosovo, sta volgendo così al termine. Dal 18 novembre finiranno i sogni e le promesse, e i due milioni di kosovari si misureranno con l’aumento del prezzo del pane, del latte, con i prezzi della benzina ai livelli di Roma, con la disoccupazione alle stelle ed un livello di povertà molto preoccupante. Tutti hanno speso grandi parole su false aspettative. Non mi è chiaro come ci possa essere un boom economico, come molti politici locali sostengono, con i continui black-outs energetici, senza “normali” vie di comunicazione con l’esterno, livelli di corruzione e di miseria dilaganti. I temi e le fratture sociali, che riguardano i tre quarti della popolazione sono passati in secondo piano. Un solo partito ha impostato la sua campagna elettorale sui problemi di emarginazione e di povertà, il Partito della Giustizia (PD). A loro va riconosciuta l’originalità dei temi affrontati in questa mediatica e costosa battaglia politica, quella dell’impatto visivo. Se queste elezioni saranno solo un abbaglio, non c’è di che preoccuparsi, i kosovari sapranno sempre pazientemente aspettare il 10 di dicembre. Il giorno dopo però, dopo 8 anni di false aspettative alle spalle dei difficoltosi, non saranno più proponibili la carota ed il bastone.

articolo pubblicato sul sito di peacereporter.net

KOSOVO: LA VOCE DEL CONIGLIO