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venerdì 8 aprile 2011

ATIFETE JAHJAGA: IL QUARTO PRESIDENTE DEL KOSOVO


Da oggi il Kosovo ha un nuovo Presidente della Repubblica, dopo che la scorsa settimana la Corte costituzionale ha invalidato l'elezione alla presidenza di Behgjet Pacolli. Atifete Jahjaga, eletta dal parlamento di Pristina con 80 voti favorevoli, 10 astenuti e 10 contrari, è il quarto presidente. Giovane, donna e con una significativa carriera. Sembrava essere una buona notizia, ma lo è solo in parte. Estranea al mondo della politica e con un anno in più dell'età minima richiesta per ricoprire l'incarico (36 anni), il nome dell'ex vicecapo della polizia kosovara ha messo d'accordo la coalizione di governo e parte dell'opposizione. L'accordo raggiunto tra i leaders del PDK, AKR e LDK -principale partito d'opposizione- prevede la riforma della costituzione con l'elezione diretta del presidente della Repubblica entro i prossimi sei mesi. L'eroina sarà solo di passaggio e la sua positiva immagine servirà  soltanto a dare vigore alle istituzioni del Kosovo ed ai suoi rappresentanti.

mercoledì 23 febbraio 2011

AND THE WINNER IS...

 
Ieri, martedi 22 febbraio, a Pristina si è consumata una storica ma movimentata giornata, con l'Assemblea impegnata ad eleggere il Presidente del Kosovo. Da diversi giorni il nome più accreditato era quello di Behgjet Pacolli. La certezza si è materializzata quando, nella serata di lunedì, Hashim Thaci ha raggiunto l'accordo di governo tra il suo partito, il PDK (Partito Democratico del Kosovo), e quello di Pacolli, l'AKR (Alleanza per il nuovo Kosovo). L'opposizione, intenta a rovinare la festa al nuovo Primo Ministro Thaci, ha avuto la peggio.  Il ricco magnate sessantenne è stato eletto terzo Presidente della neonata Repubblica. Per la costituzione del Kosovo, e precisamente per il comma 4 dell'articolo 86, "il Presidente della Repubblica del Kosovo viene eletto con la maggioranza dei due terzi (2/3) di tutti i parlamentari che compongono l'Assemblea". Il comma 5 dello stesso articolo, invece, recita testualmente che "se nei primi due turni la maggioranza dei due terzi (2/3) non viene raggiunta da nessun candidato, un terzo scrutinio viene svolto tra i due candidati che nella seconda votazione hanno raggiunto il maggior numero di voti. Il candidato che ottiene la maggioranza dei voti dell'Assemblea verrà eletto come Presidente della Repubblica del Kosovo". Per la cronaca della giornata è il caso di ricordare che al primo turno nessuno ha ricevuto i voti sufficienti per essere eletto. Al secondo turno neanche. Si è proceduto fino al terzo scrutinio (art. 86, comma 5). Ma è a questo punto che per molti si è consumato uno strappo costituzionale. Prima dell'avvio della terza votazione, Hashim Thaci chiede e ottiene dallo speaker dell'Assemblea una pausa per delle consultazioni. Il break ha avuto successo. Al terzo turno si è avuta la fumata bianca. Si è evitato il peggio, ovvero quanto riportato nel comma 6 dello stesso articolo 86, che recita "se al terzo scrutinio nessuno dei candidati viene eletto Presidente della Repubblica del Kosovo, l'Assemblea si scioglie e nuove elezioni avranno luogo entro quarantacinque (45) giorni". Molti gridano allo scandalo, altri affermano che si è violata la costituzione ed insieme le regole e le procedure dell'Assemblea. Poco importa. Behgjet Pacolli, imprenditore miliardario e leader del partito Alleanza per il nuovo Kosovo (AKR), è stato eletto Presidente. Con i voti di appena 62 deputati e nussun voto da parte dell'opposizione il tanto ricco e tanto discusso ex marito di Anna Oxa  rappresenterà per i prossimi cinque anni, dentro e fuori i piccoli confini del Kosovo, tutti i suoi connazionali. 
 

martedì 14 dicembre 2010

PAROLA DI MINISTRI

"Le elezioni di domenica in Kosovo sono illegittime e un largo numero di serbi non le hanno sostenute. Tutti coloro che hanno partecipato alle elezioni dovrebbero sapere che non possono rappresentare i serbi del Kosovo".
Goran Bogdanovic,  Ministro per il Kosovo della Repubblica di Serbia


"I serbi del Kosovo dovrebbero lavorare in ogni istituzione per il bene della causa serba, dovrebbero partecipare a qualsiasi dialogo e con chiunque li inviti. I serbi del Kosovo devono essere informati su come stanno procedendo questi negoziati. Con tutto il dovuto rispetto per il nord del Kosovo, anche loro (i serbi) sono nostri fratelli e connazionali, ma vivono una vita diversa da quelli che risiedono nel sud".
Nenad Rasic,  Ministro del Lavoro e dei Servizi Sociali del Kosovo (primo governo Thaci)

lunedì 13 dicembre 2010

ELEZIONI IN KOSOVO: IL GIORNO DOPO


Le prime elezioni politiche post indipendenza si sono svolte  in un clima di tranquillità. Isolate e prevedibili schermaglie si sono registrate nei seggi elettorali di alcuni villaggi intorno a Zubin Potok, nel nord del Kosovo. 

Sotto il profilo strettamente politico le elezioni del 12 dicembre hanno mostrato, ancora una volta,  un segno di maturità del Kosovo. Oltre 1,7 milioni di cittadini sono stati chiamati a rinnovare il parlamento del Kosovo e i suoi 120 parlamentari, 20 dei quali spettano per legge alla rappresentanza delle minoranze, e precisamente: 10 ai candidati della comunità serba, 4 per quella R.A.E. ( Rom, Ashkali ed Egiziani) 3 per i Bosniaci, 2 per la comunità turca e 1 per i Gorani. Per adesso l'unico dato certo è  l'affluenza alle urne. Secondo il CEC (Commissione Centrale per le elezioni) gli elettori sono stati il 47,8% degli aventi diritto, una cifra  leggermente più alta rispetto alle elezioni del 2007. Il risultato uscito dalle urne, oltre a confermare quanto i sondaggi andavano ripetendo, la vittoria dell'uscente Primo Ministro Hashim Thaci, ci mostra almeno due elementi di novità: uno sul fronte degli albanesi, l'altro sul versante serbo.  Veniamo al primo. La scarsa efficacia di norme che disciplinano il finanziamento della politica e delle elezioni, la "certificazione" di un voto clientelare che premia quasi sempre chi detiene il potere e le chiavi della cassaforte, non hanno fermato l'armata Vetevendosje che si è presentata per la prima volta alle elezioni del Kosovo. Il voto ha premiato il decennale radicamento sul territorio di Vetevendosje. Con un programma farcito di colorate proposte nazionalistiche, ma anche di coraggiose iniziative  anti-politiche, il movimento guidato da Albin Kurti si è attestato il terzo partito del Kosovo con il 16% dei consensi.  I principali think tank di Pristina indicano oltre il 40% la partecipazione al voto dei cittadini serbi. E questo è il secondo elemento di novità. Il dato è molto importante e significativo, soprattutto se si pensa che tale risultato è la media dei voti tra  i serbi che vivono nel nord del Kosovo, che hanno nuovamente boicottato le elezioni, e gli altri serbi che vivono nel resto del Kosovo. I serbi delle municipalità di nuova costituzione, sulla base del piano Ahtisaari, hanno risposto positivamente al voto di ieri, con un tasso di partecipazione che in alcune aree ha superato il 50%. Questo, dispiace constatarlo, certifica la totale contrapposizione di vedute della comunità serba che vive nel Kosovo, a nord e al sud dell'Ibar. Stando ai primi risultati elaborati da Gani Bobi, il Partito democratico del Kosovo (Pdk) del premier Thaci avrebbe ottenuto il 31% dei voti, rispetto al 25% che sarebbe andato al secondo maggiore partito del paese, la Lega democratica del Kosovo (Ldk) guidata dal sindaco di Pristina Isa Mustafa. Terzo, sempre secondo questo exit poll sarebbe a sorpresa il movimento Vetevendosje  di un autentico exploi con il 16%. A superare lo sbarramento del 5% necessario per entrare in parlamento sarebbero stati inoltre l'Alleanza per il futuro del Kosovo (Aak) dell'ex premier Ramush Haradinaj con il 14,5%, e l'Alleanza per il nuovo Kosovo (Akr) del miliardario Behgjet Pacolli con il 6,5% dei consensi. Sotto il 5% invece sarebbero il nuovo partito Fer (Spirito nuovo), una formazione di intellettuali e accademici, al quale sarebbe andato il 4,5%, e la Lega democratica di Dardania (scissionisti dell'Ldk) con il 2,2%. Con un esito del genere risulta veramente difficile capire come si possa formare un governo efficiente ed autorevole. Probabilmente l'abilità di Thaci di tessere trame ed alleanze potrà stupirci anche questa volta.

mercoledì 17 novembre 2010

COALIZIONE PER LA DEMOCRAZIA

A settembre si era dimesso il presidente del Kosovo, Fatmir Sejdiu. All'inizio di novembre è stato sfiduciato anche il governo. Con molta probabilità il 12 dicembre si tornerà alle urne, ma questa volta pare che la società civile non vuole più stare a guardare e subire passivamente ogni diktat.  


Il 15 novembre più di 200 ONG kosovare si sono riunite ed hanno costituito la "Koalicioni për Demokraci" (Coalizione per la Democrazia) con l'obiettivo di rendere la società civile più  cosciente e coraggiosa, e i cittadini più attivi nei processi decisionali. Sejdi Demiri, uno speakers, ha affermato che la Coalizione si propone di difendere, rispettare e promuovere i diritti umani e le libertà.  Coalizione per la Democrazia non è un partito e non intende presentare suoi rappresentanti alle prossime elezioni; vuole invece, promuovere dibattiti, informare il cittadino-elettore e vigilare sull'operato dei partiti politici. Intende, anche, raccogliere i fondi per poter monitorare, con propri osservatori, quelle che sono le prime elezioni governative del Kosovo dopo l'autoproclamazione dell'indipendenza del 2008. Siamo ancora all'inizio e su questo fronte -il consolidamento della società civile-  c'è bisogno di lavorare ancora molto. Ma questo non ci vieta di essere fiduciosi.

lunedì 16 novembre 2009

LE ELEZIONI IN KOSOVO: TUTTI DICHIARANO VITTORIA


Le elezioni locali di ieri 15 novembre si sono svolte in un clima di tranquillità. Non sono stati riportati incidenti nei seggi elettorali sparsi in tutto il Kosovo ad esclusione della parte settentrionale a maggioranza serba, dove le elezioni sono state boicottate. Come avviene un po' ovunque, l'euforia delle prime ore successive alla chiusura dei seggi ha spinto i principali partiti a sostenere ognuno la propria vittoria. E' ancora presto per sapere i risultati precisi comune per comune, ma, di sicuro, chi assapora già un'importante vittoria è la Lega Democratica del Kosovo, LDK, che ieri sera ha festeggiato nelle strade di Pristina la riconferma del suo candidato, il sindaco Isa Mustafa, che ha ottenuto il 57 per cento delle preferenze. La città di Pristina non andrà al ballottaggio. Per gli altri comuni, i cui candidati non hanno superato il 50% più uno dei voti, si andrà al secondo turno previsto per il 13 Dicembre. L'affluenza alle urne, secondo la Commissione Centrale Elettorale (CEC), avrebbe superato il 45% degli elettori. Un'affluenza bassa se analizzata secondo i canoni occidentali, ma certamente superiore rispetto al 40% raggiunta alle elezioni del 2007. Altra certezza che merita di essere commentata è la significativa partecipazione della comunità serba a queste elezioni. Nei principali centri a maggioranza serba l'affluenza è stata superiore alle tiepide previsioni, ovvero del 24% a Gracanica, del 31 a Strpce, 14 a Ranilug e del 25 a Kllokot. Questi numeri sono molto significativi ed importanti, risultati che non si erano mai visti (dal 2000 in poi, ovviamente). Cifre in netto contrasto con quanto è avvenuto nel nord del Kosovo, dove gli elettori serbi sono stati del tutto inesistenti, ovvero lo 0,83% a Leposavic, il 6,64% a Zubin Potok e lo 0,75 a Zvecan. L'elemento triste e insieme preoccupante sta proprio nella forbice dei partecipanti, che rispecchiano due diversi approcci nel modo di intendere la partecipazione nelle istituzioni del Kosovo. Il buon risultato ottenuto nelle municipalità a maggioranza serba aprirà, indubbiamente, la strada ad un'attiva partecipazione della comunità serba alla vita politica, economica, sociale nelle proprie comunità. Un percorso nuovo e di rottura con la vecchia logica del boicottaggio e della chiusura imposta da Mitrovica via Belgrado che costituirà elemento di discussione, all'interno della comunità serba del Kosovo, nei mesi a venire.


martedì 10 novembre 2009

LE ELEZIONI LOCALI DEL 15 NOVEMBRE IN KOSOVO

Calde giornate autunnali e fermento attorno ai palazzi comunali delle principali città è ciò che si nota maggiormente arrivando in questi giorni in Kosovo. Tra meno di una settimana, il 15 novembre, gli elettori saranno chiamati a votare i propri rappresentanti in quelle che sono le prime elezioni locali da quando il Kosovo ha proclamato la sua indipendenza, il 17 febbraio 2008.

Alle elezioni del 15 novembre verranno scelti i sindaci e i delegati delle assemblee di 33 municipalità, che dureranno in carica per i prossimi quattro anni. Sono più di settanta i partiti che si sono registrati per partecipare. Di questi, 23 sono soggetti politici serbi. Sono in tanti d'altronde a pensare che un numero discreto di elettori serbi andranno a votare; oltre il 20% dei possibili votanti, molti kosovari sono pronti a scommettere. Questo timido passo in avanti della comunità serba è uno degli elementi di novità di queste elezioni, contrassegnato, però, da spaccature tra coloro che, concentrati maggiormente a Mitrovica nord, insistono per la linea dura e il boicottaggio delle "illegittime istituzioni del Kosovo", e quanti, dislocati soprattutto nel sud del Kosovo, preferiscono cercare di migliorare la loro situazione da dentro le istituzioni locali. La spinta al voto serbo è legata al Piano Ahtisaari ed in particolare all'istituzione di tre nuove municipalità (Gracanica, Klokot e Ranilug) e una quarta municipalità allargata (Novo Brdo). Si tratta di municipalità a maggioranza serba e ciò potrebbe favorire questa comunità nel processo di decentramento e insieme di democratizzazione del Kosovo. Sostantivi, questi ultimi, che non piacciono per niente ai serbi del nord del Kosovo. Per loro partecipare a queste elezioni significherebbe riconoscere pienamente la legittimità delle istituzioni del Kosovo. Niet assoluto arriva, quindi, dalla roccaforte serba di Mitrovica. Dal cuore politico di Pristina, invece, queste elezioni hanno tutta l'aria di essere un importante test per il governo e le principali forze di opposizione. A nulla sono servite le pressioni di Ramush Haradinaj, leader del partito AAK, che chiedeva le dimissioni del governo e insieme nuove elezioni, come, d'altra parte, era espressamente previsto dal Pacchetto Ahtisaari. Insieme alle elezioni locali, si dovevano tenere anche quelle governative. Il governo Thaci però ha resistito. Ma questo turno elettorale rimanderà solo di poco la prossima sfida elettorale per la poltrona di primo ministro. Il 15 Novembre si affileranno già le armi.



Questo fine settimana si chiuderà una lunga campagna elettorale, iniziata ben prima del 15 Ottobre, inizio consentito per legge. Il lancio ufficiale della campagna elettorale sia da parte del Partito democratico del Kosovo (PDK), guidato da Hashim Thaçi, che del partito di opposizione, Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK), guidato dall'ex primo ministro Ramush Haradinaj, è avvenuto infatti subito dopo l'estate, attraverso spot televisivi, manifesti e cartelloni pubblicitari. E' stata una campagna elettorale costosa che non ha risparmiato neanche un piccolo angolo di muro dai faccioni dei vari politici. Sono state, in effetti, elezioni locali solo sulla carta, perchè gli stessi leader dei partiti nazionali sono scesi direttamente in campo, impegnandosi più di tutti nella promozione di questo o quel candidato. Ovunque, ma sopratutto nelle piazze cittadine, erano appesi poster elettorali, striscioni e gigantografie di Thaci o Haradinaj, a fianco dei candidati a sindaco. Non si sono visti gli aeroplani sorvolare Pristina, ma di sicuro, in questa campagna elettorale, non sono mancati mega schermi posizionati sopra camion presi a noleggio per sponsorizzare i vari candidati. In un paese dove molte famiglie vivono sotto la soglia di povertà, si fa fatica a capire come mai si riescono a sprecare tantissimi soldi dei contribuenti in queste cose. E' questo uno dei motivi principali della disaffezione dei cittadini del Kosovo alla politica. Sono in molti, infatti, coloro che ricollegano le spese della politica agli affari che ci sono dietro, i cui effetti percepibili sono gli alti livelli di corruzione della classe politica e l'inattività del governo attuale, che non ha fatto nulla per adottare provvedimenti contro la criminalità organizzata e per migliorare il tenore di vita della gente comune. Il sempre più blando controllo di UNMIK e della comunità internazionale sui principali organi di potere sembra stia spingendo la classe poltica kosovara a vedere nella politica un pozzo senza fondo da cui sottrarre i soldi pubblici. Sotto quest'ottica di accentramento del potere si sta verificando un massiccio controllo da parte delle élite di governo sui principali mass media. Lo storico direttore della televisione pubblica è stato costretto a dimettersi dal suo incarico, ed anche i vertici e i direttori del colosso PTK, le Poste del Kosovo, sono stati azzerati. Ad ogni modo, le prossime elezioni saranno di grande importanza non solo per lo sviluppo locale e il miglioramento del tenore di vita dei kosovari, ma anche per la qualità della battaglia tra i candidati, le cui idee e programmi hanno assunto una visibilità ben maggiore che in passato, quando si votavano liste bloccate e preparate a tavolino dalle autorità di partito. Oggi l'elettore può scegliersi il referente politico che ritiene più valido, motivo per il quale ogni singolo candidato si gioca la sua credibilità sulla serietà del suo programma e delle sue idee. Gli elementi di novità, come l'istituzione di nuove municipalità a maggioranza serba e il nuovo sistema elettorale, potranno forse essere l'inizio di un nuovo modo di intendere la politica. La trasformazione che potrebbe partire dal basso ha comunque bisogno della necessaria certificazione della partecipazione popolare, che dovrebbe abbondantemente superare il più basso risultato raggiunto nel 2007 con il 40% degli aventi diritto. Ma bastano questi mutamenti per il necessario cambio di rotta delle istituzioni centrali?

domenica 11 maggio 2008

ELEZIONI SERBE NEL CUORE DEL KOSOVO

Gracanica, nonostante l'indipendenza, si sente Serbia. E alle presidenziali vota in modo opposto al resto del paese



GRACANICA . Giorno importante questo 11 maggio 2008 per la Serbia e i destini del Kosovo. I cittadini serbi –di Serbia e Kosovo- sono alle prese con questa nuova scadenza elettorale per rinnovare il Parlamento e le amministrazioni locali. Una doppia scadenza tutta incentrata su temi legati al destino dell’integrità territoriale della Serbia, al suo futuro e all’inaccettata indipendenza del Kosovo da parte di Belgrado che hanno acceso una campagna elettorale altrimenti poco emozionante. Per il modo in cui sono giunte queste elezioni – dimissioni del governo Kustunica proprio a seguito della recente autoproclamata indipendenza del Kosovo – la partita oggi è stata molto seguita tra i cittadini serbi kosovari. Anche Unmik, seppur ancora in mezzo ai tanti problemi di management venuti a galla dopo i recenti scontri di Mitrovica, si è fatta sentire. E’ da un mese che Joachim Rucker, massimo rappresentante Unmik, dopo una fase iniziale di titubanza e non-decisione, continua a ribadire giorno per giorno che, sebbene i serbi del Kosovo siano considerati idonei a votare per i propri rappresentanti in occasione di questa tornata elettorale -è riconosciuta loro la doppia cittadinanza- lo stesso non può dirsi per le elezioni locali che saranno dichiarate invalide da Unmik non ultimo in quanto, parole del suo capo, “alimentano e rafforzano quelle strutture parallele che Belgrado ha supportato sin dal 1999”. “Elezioni illegali non potranno avere conseguenze legali”, sentenzia Rucker. Basso profilo quindi di Unmik e inesistente presenza di delegati Osce evidente ai seggi di Gracanica. Visibile era invece la presenza di pattuglie Kfor fuori dai seggi e lungo le arterie cittadine.
Nel giorno tanto atteso delle elezioni serbe qui si respirava così un’aria tesa nonchè carica di pioggia in questo piccolo villaggio nel cuore del Kosovo. Situata a pochi chilometri da Pristina, Gracanica conta la più alta concetrazione di serbi kosovari, Mitrovica escusa ovviamente, anche se la città sull’Ibar oggi più di ieri è simbolo della demarcazione politico-territoriale tra Kosovo e Serbia. La piccola comunità di Gracanica è l’espressione più colorita di multietnicità sul suolo kosovaro. Accanto alla popolazione serba vi vivono infatti un ristretto numero di albanesi kosovari, rom e bosniaci. Tuttavia, anche se per lo meno agli occhi di uno straniero non risalta una divisione netta e una duplice immagine della città, come succede invece con Mitrovica, parlare di osmosi tra le varie etnie presenti a Gracanica è sicuramente eccessivo. Proprio qui nel 2004 un diciassettenne, Dimitrije Popovic, venne ucciso da proiettili sparati da una macchina in transito sulla strada principale che attraversa Gracanica e che collega Pristina ad altri centri albanesi. La peculiarità di Gracanica la rendeva oggi importante e carica di significato; poteva renderla anche particolarmente vulnerabile. Infatti se disordini potevano verificarsi oggi in Kosovo in occasione delle elezioni serbe, certo Mitrovica questo 11 maggio sarebbe stata risparmiata. Possibili bersagli da parte di “teppisti” potevano essere invece proprio centri come Gracanica. Fortunatamente così non è stato. Una mattinata calma e tranquilla si è vissuta qui, sia dentro il seggio, affollato sin dalle prime ore del voto, che sulla strada principale, dove autobus e macchine di albanesi kosovari la attraversavano indisturbati e indifferenti. Come prevedibile alta è stata l’affluenza alle urne. Tante le persone che già alle 11.30 di mattina avevano votato, sopratutto persone di mezza età, maggiormente uomini, e particolarmente anziani. I tanti giovani hanno a disposizione l’intero pomeriggio per farlo e sicuramente lo faranno. Visibile è stata anche la presenza di alcuni membri della comunità rom. Giornata importante anche per loro quindi, i quali, decidendo di votare, hanno popolato la scuola sede del seggio, dove le tante signore rom, quasi a sottolineare l’unicità dell’evento, sfoggiavano un’eleganza ed un’accuratezza nell’abbigliamento piuttosto inusuale. Considerando la posta in gioco, ossia le aspettative e il futuro stesso dei cittadini serbi del Kosovo, queste elezioni sono state percepite come molto importanti. Ciò è riflesso oltre che nelle parole della gente, che fuori dai seggi mostrava speranze rimaste inalterate negli anni, nell’alta affluenza ai seggi, sicuramente in controtendenza rispetto al resto della Serbia: l’espressione quasi certa di un voto che sarà radicale.

articolo pubblicato sul sito di carta.org; lettera22.it; peacereporter.net; peacelink.it

mercoledì 2 aprile 2008

UNIVERSITA' IN FERMENTO


Il 3 aprile nell’unica università pubblica del Kosovo, gli studenti scelgono i propri rappresentanti. Tra voglia di partecipare, progetti e indifferenza.

PRISTINA. Lasciando alle spalle il Grand Hotel di Pristina, luogo di passati splendori nonostante gli ancora tanti caffè consumati nella sua hall, proprio a ridosso del nuovo corso pedonale da poco innaugurato e già consumato dai passi della tantissima gente che il giorno dell’indipendenza lo percorreva ininterrottamente, si presenta alla curiosità del passante una realtà diversa. Non più le solite facce stanche dei funzionari pubblici o quelle di anziani intenti a camminare e fumare nervosamente, di liceali con le classiche uniformi scozzesi o di qualche internazionale a passo felpato, ma la realtà underground di Pristina, giovani stundenti e studentesse universitarie, dal look differente e a tratti appariscente, i figli della guerra che hanno visto con i loro giovani occhi le chilometriche marce dei loro connazionali in fuga verso i confini della Macedonia, l’Albania o il Montenegro, quelli che come Florent, 26 anni, ricordano nitidamente il viaggio di circa un mese tra campi e casali strapieni di gente pronta, nel momento più propizio, a raggiungere il parente in Albania. Giovani, comunque, nonostante questo vivo ricordo, solari e positivi.
Vengono da tutte le parti del Kosovo, come Ilir che viene da Peja/Pec, e si riversano nella nuova capitale per affrontare gli studi. Vivono a ridosso della cittadella universitaria, alcuni nelle case dello studente, numerosi in quelle private, vivendo anche in condizioni per nulla gradevoli. Sono coloro che possono permettersi l’università pubblica solo con gli sforzi ed i sacrifici dei genitori o dei familiari all’estero. Quelli che snobbano chi frequenta le tantissime università private, che negli ultimi anni sono sorte in ogni angolo della città, loro dice Luljeta, studentessa al secondo anno di pedagogia, “non fanno mai nulla a lezione. Pagano tanti soldi per ricevere presto e con un bel voto la laurea”. La stragrande maggioranza degli universitari per il fine settimana ritorna a casa per rigenerarsi, “mangiare sano” e riorganizzarsi con le scorte di cibo per la settimana successiva. Il lunedì mattina, tutti carichi di borsoni, sono quelli che scendono dai vari autobus affollando la stazione di Pristina.
Questa settimana c’è grande fermento all’Università. Ci sono le elezioni studentesche. Gli attivisti delle numerose associazioni degli studenti sono alle prese con il volantinaggio e l’organizzazione delle ultime conferenze. Il 3 Aprile infatti si voterà per eleggere i nuovi 17 rappresentanti degli studenti del Consiglio Studentesco. Sono 11 le associazioni che quest’anno si presenteranno e con un sistema elettorale a liste chiuse eleggeranno i loro rappresentanti. È un sistema elettorale che non piace tanto a Veton Fetahaj, 19 anni di Istog, studente di Lingua Albanese, che tuttavia andrà a votare perchè “solo così posso far valere le mie idee, votando per un’organizzazione in cui credo. Peccato che non posso scegliere il candidato” dice. Tra le organizzazioni più strutturate ed attive ci sono ORS–UP, acronimo di Associazione degli Studenti – Università di Pristina, cosi come VS, ovvero Visione Studentesca. I loro presidenti sono ragazzi determinati e fiduciosi in un buon risultato che hanno tutto lo spessore di veri leaders. Burim Balaj di VS, ad esempio, sembra avere le idee chiare su come risolvere i cronici problemi all’interno dell’Università e per punti cita quelli organizzativo-gestionali dell’Università e quelli infrastrutturali, sottolineando il fatto che “nei primi anni di corso non è possibile seguire le lezioni, tanto alto è il numero degli studenti; dagli ultimi posti, senza microfono, non si sente assolutamente nulla” afferma, enfatizzando il suo discorso con le mani. Anche Besart Dreshaj, 21 anni della Facoltà di Economia e Presidente di ORS-UP, ha carisma da vendere. Quanto a sicurezza di sè ha certo poco da invidiare agli amministratori locali del Kosovo. Sembra uscito dalla loro scuola. Abbigliamento elegante e per nulla comune tra i giovani della sua età rimane spesso incollato al suo telefonino. Composto, serio e deciso, sembrano questi i suoi tratti identificativi. Un adulto cresciuto in fretta, forse. Nell’allungarmi il suo bigliettino da visita mi fa presente che è il Presidente di questa nuova Associazione nata nel 2004. Besart parte velocissimo nell’elencare una dopo l’altra le sue ricette per una migliore efficienza dell’unica università pubblica del Kosovo. Non ha dubbi. “Quello che non va è la nostra visibilità presso i mass media” dice. La televisione pubblica è riuscita solo una volta a dare spazio a queste elezioni studentesche” continua. RTK, un canale nazionale, venerdì 27 marzo ha ospitato tutti i leaders delle associazioni coinvolte per un confronto televisivo. Besart ne va fiero, facendo capire che è andato bene in questo decisivo scontro mediatico. Tra i punti principali del suo programma annovera la riorganizzazione amministrativa, a partire da una maggiore chiarezza del calendario degli esami ed il numero delle sessioni: farà battaglia per portarle da tre a cinque. C’è poi il miglioramento delle infrastrutture e dei servizi, con il potenziamento delle case dello studente, e la decentralizzazione dell’università. “L’Università di Pristina è cresciuta molto negli ultimi 5 anni, è tempo di aprire altri poli distaccati anche a Peja/Pec ed a Prizren” dice, e “di cercare insieme un maggiore coinvolgimento degli studenti in merito ai problemi dell’università. Bisogna dare la possibilità agli studenti che vengono da lontano di poter quantomeno frequentare una sede più vicina a casa, risparmiando così molti soldi. Una parte importante e decisiva di queste nostre battaglie, di tutti gli studenti, dovranno presto avere risalto su tutte le reti locali”, conclude, sottolineando inoltre il fatto che per troppo tempo notizie di inefficienza e corruzione negli ambienti universitari sono rimaste nascoste.
A prescindere da chi uscirà vittorioso da queste elezioni studentesche del 3 aprile, risulta chiaro che molti soldi per le spese elettorali circolano qui all’Università di Pristina. Il budget per i rimborsi elettorali, fatto in proporzione ai risultati raggiunti, coprirà tutti i numerosi gadgets per la visibilità. Oltre alle ufficiali coperture delle spese da parte del Ministero dell’Educazione, in maniera velata sembrano circolare anche gli interessi di alcuni gruppi politici. Besart accenna appena all’argomento, e quando nota il mio interesse vira subito su tematiche che considera probabilmente meno insidiose. “Pensa”, fa notare Besart, “la nostra organizzazione ha candidato sei studentesse: più del 30% del totale dei nostri candidati”.
Dei trentamila iscritti all’Università di Pristina, pochi però sembra andranno a votare, come del resto avvenuto negli anni passati. Di sicuro non Enis Xhemaili, 24 anni studente di Legge, che farà “qualcos’altro di più interessante che andare a votare” dice, “perchè nulla cambierà dopo le elezioni: anche miei compagni di corso fanno false promesse per essere eletti ed intascarsi i soldi”. Ismet non è per niente interessato all’argomento, tutto impegnato com’è a portare avanti la sua organizzazione per la promozione del turismo in Kosovo. Le elezioni passeranno forse inosservate per lui, ma avranno anche ben poco risalto nell’opinione pubblica. Eppure c’è qualcosa di importante che rimarrà: lo spirito organizzativo, il desiderio dei giovani di comunicare, l’idea e la voglia di irrobustire sempre più questo mondo dell’associazionismo studentesco. Ci si augura che presto l’isolamento culturale che i giovani qui hanno vissuto, fino ad oggi e per molto tempo, rispetto ai loro coetanei europei possa al più presto avere sbocco in una serie di scambi e di frequenti contatti con le altre università europee, di collaborazioni e di lavori accademici congiunti, avverando anche il sogno di Besart. Potrebbe essere questo il modo più sano e duraturo per lo sviluppo del Kosovo, puntare cioè sulla qualificata formazione dei suoi giovani. Reports di vari organismi internazionali riportano cifre interessanti. Il Kosovo ha la popolazione più giovane dell’Europa con un tasso di crescita demografica di gran lunga superiore alla media europea. I dati parlano di 50% della popolazione sotto i 20 anni di età ed il 70% sotto i 30 anni. É visibilmente sorprendente per un italiano, abituato a vedere altro, il numero di persone giovani che popolano le strade kosovare. Quello che potrebbe essere un punto di forza, ancor di più perchè i giovani in questione hanno avuto la possibilità in molti casi di usufruire di formazione da parte di enti internazionali e per la maggior parte parlano diverse lingue europee, potrebbe però rivelarsi presto un punto di debolezza. In un paese in cui il tasso di povertà è del 37% (World Bank 2005) e quello di disoccupazione è fermo al 46,2% (ILO 2007), l’altissimo numero di giovani potrebbe, qualora questi poblemi macro-economici non venissero affrontati nel breve termine, creare una questione sociale e di sicurezza interna da non sottovalutare.

articolo pubblicato sul sito di carta.org; peacereporter.net; peacelink.it

giovedì 15 novembre 2007

VERSO LE URNE

I partiti politici kosovari sono entrati nel pieno della campagna elettorale senza un chiaro programma di sviluppo e di progresso socio-economico del Kosovo. Probabilmente dovuto alla mancanza di progetti concreti ed alla grande attesa per ciò che seguirà alla decisione sullo status del Kosovo prevista per il 10 dicembre, anche i più grandi partiti, quelli che aspirano a vincere le elezioni ed a governare il paese, hanno affrontato una campagna elettorale sterile.

MITROVICA. I cittadini del Kosovo si preparano a questa nuova sfida democratica per rinnovare l’assemblea parlamentare e le municipalità. Al Comitato Centrale per le Elezioni sono stati registrati i candidati. Molti i volti nuovi, tanti quelli con seri vizi legali. L’ONG locale “Cohu” ha pubblicato la lista dei candidati che corrono per questa nuova tornata elettorale che sono al momento sospettati di corruzione e atti illegali: la lista parla di 55 candidati, 21 del LDK, 14 del AAK, 10 dell’ LDD, 8 del PDK e 2 del AKR. Solo il partito di opposizione ORA risulta essere pulito. Sarà appunto per la sua escusione dagli attuali giochi politici?
Comunque sia, queste elezioni (le quarte dal 1999, da quando il Kosovo è amministrato dall’UNMIK) prevedono il voto di lista aperto e per la prima volta l’elettorato potrà liberamente scegliere un massimo di dieci (un po’ troppe forse!) preferenze all’interno della stesso partito politico, introducendo quindi l’elemento di scelta personale in un sistema elettorale che rimane proporzionale. Attualmente il parlamento è composto da 120 parlamentari, 20 dei quali spettano per legge alla rappresentanza delle minoranze, e precisamente:10 ai candidati della comunità serba, 4 per quella R.A.E. ( Rom, Ashkali ed Egiziani) 3 per i Bosniaci, 2 per la comunità turca e 1 per i Gorani.
Ci si aspetta una partecipazione più alta delle precedenti volte, quando si è attestata ad appena il 49,5%. Questo nuovo sistema elettorale ha spinto i partiti a nominare volti nuovi ma comunque spesso molto popolari. Ci si augura quindi che, anche per via della delicatezza del contesto politico attuale, unita a questo elemento di novità, i kosovari rispondano massicciamente a questo loro diritto.
Coloro che sicuramente ne faranno a meno sono la comunità serba (o comunque la stragrande maggioranza di essa) e il movimento per l’Autodeterminazione (Vetevendosje) di Albin Kurti. I primi sono tuttora ancora divisi sulla loro partecipazione o meno alle elezioni. C’è chi sostiene, come Dragan Milosevic del Partito Forza del Popolo, che dalla partecipazione elettorale si potranno ricevere più benefici di quelli che si perderanno. Prescindendo dalla risoluzione sullo status, serbi e albanesi, viene ribadito, devono rimanere vicini e concentrare l’attenzione sullo sviluppo economico della regione, è stato il suo commento.
Dall’altro lato, l’esponente del Partito Radicale serbo, Zvonko Mihajlovic ha invitato tutti i serbi a boicottare le elezioni, aggiungendo che i serbi non credono nelle istituzioni locali e internazionali del Kosovo e che andare a votare, quindi, significa dare piena legittimazione alle elezioni, e riconoscere così la piena autorevolezza dell’Assemblea appena eletta ed dell’amministrazione UNMIK. Per il momento soltanto il Partito Nuova Democrazia, facente capo all’attuale Ministro delle Comunità e dei Rientri, Branislav Grbic, ha confermato la sua partecipazione alle elezioni. Nuova Democrazia parteciperà con un chiaro programma elettorale. Il ritorno sostenibile dei serbi del Kosovo in particolare è considerato di cruciale importanza e ciò può essere migliorato attraverso la coesistenza amministrativa tra tutte le comunità del kosovo, sostiene il Ministro.
Altri sei partiti serbi poi, appena pochi giorni fa, si sono rivolti al Comitato Centrale per le Elezioni chiedendone l’inserimento tra la lista dei partiti che parteciperanno. Quanto richiesto è tecnicamente impossibile data la scadenza della data utile per la presentazione delle liste. Spetterà tuttavia alle entità politiche decidere al riguardo. Fonti giornalistiche riportano inoltre che Slobodan Petrovic, leader del Partito Liberale Indipendente, ha affermato che persone manipolate da Belgrado stanno minacciando i serbi del kosovo che saranno in pericolo se parteciparenno alle elezioni.
Dal lato albanese...
Dalla parte albanese, Albin Kurti, del Movimento Vetevendosje ( Autodeterminazione), ancora agli arresti domiciliari per gli scontri avvenuti in Kosovo durante la manifestazione dello scorso 10 Febbraio (2 giovani sono morti ed almeno 80 i feriti), afferma che le elezioni di novembre serviranno solo a distrarre la gente da temi importanti come la liberta e l’indipendenza e poi a creare una grande coalizione LDK – PDK, dando legittimazione a questo marcio sistema politico. Il movimento Vetevendosje, da sempre critico verso l’amministrazione UNMIK e la sua gestione politico-amministrativa del Kosovo, si dice così completamente contrario a queste elezioni. Solo dopo un referendum sull’indipendeza del Kosovo, e solo dopo che lo status del Kosovo sarà cambiato, potranno esserci vere elezioni.
In effetti, I partiti politici kosovari sono entrati nel pieno della campagna elettorale senza un chiaro programma di sviluppo e di progresso socio-economico del Kosovo.
Probabilmente dovuto alla mancanza di progetti concreti ed alla grande attesa per ciò che seguirà alla decisione sullo status del Kosovo prevista per il 10 dicembre, anche i più grandi partiti, quelli dunque che aspirano a vincere le elezioni ed a governare il paese, hanno affrontato una campagna elettorale sterile. Quasi sicuramente per via di un tacito accordo con i vertici UNMIK, la tematica insidiosa, ma di grande impatto elettorale, qual’è l’indipendenza del Kosovo, è stata tenuta in quarantena.
Il più grande partito politico, Partito Democratico del Kosovo (PDK) ha investito la sua campagna elettorale focalizzando l’attenzione sulla necessaria riforma della tassazione per attrarre gli investitori stranieri in Kosovo. Si promette che lo sviluppo economico sarà il risultato che giungerà presto, non appena le strutture legali e di politica fiscale saranno messe a posto. Le norme sulla tassazione dei salari, oggi al 20%, saranno ridotte della metà, fa sapere Bedri Hamza, responsabile economico del partito.
L’Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK) ha anch’essa posto lo sviluppo economico come parte prioritaria del suo programma, giocando la carta della costruzione imminente della termocentrale Kosova C, per supplire agli ormai cronici problemi elettrici.
La proposta del più grande partito di opposizione, Partitto delle Riforme (ORA) del leader Vetun Surroi, intende invece risolvere lo stallo economico utilizzando i milioni di euro accumulati dal processo delle privatizzazioni e dalle imprese statali del Kosovo. Più di 500 milioni sono le riserve delle Telecomunicazioni del Kosovo (PTK) e del Kosovo Trust Agency (KTA). Questi fondi saranno da loro usati a beneficio dei cittadini, dice ORA.
Anche il partito del nuovo entrato Pacolli, l’Alleanza per il Nuovo Kosovo (AKR) promette grandi scenari di benessere e sviluppo prossimo-futuri. L’AKR punta tutto sulla riduzione del tasso di disoccupazione (la media supera il 50%). Se venisse eletto, in un breve periodo di tempo, creerà 70.000 nuovi posti di lavoro. Credo che non ci siano stati contatti di nessun tipo con il magnate di casa nostra, ma a Pacolli è parso fattibile riproporre, non tenedo conto delle dovute proporzioni demografiche e sparandola ancora più grossa, la filastrocca berlusconiana del milione di finti posti di lavoro. Tutto il Kosovo è pieno di poster con le opere realizzate in giro per il mondo da kosovari grazie all’imprenditore Pacolli.
Una campagna elettorale apparsa non partecipativa ma quasi solo rivolta agli addetti ai lavori, se non fosse per le innumerevoli gigantografie di questo o quel politico sparse in lungo e in largo in tutto il Kosovo, sta volgendo così al termine. Dal 18 novembre finiranno i sogni e le promesse, e i due milioni di kosovari si misureranno con l’aumento del prezzo del pane, del latte, con i prezzi della benzina ai livelli di Roma, con la disoccupazione alle stelle ed un livello di povertà molto preoccupante. Tutti hanno speso grandi parole su false aspettative. Non mi è chiaro come ci possa essere un boom economico, come molti politici locali sostengono, con i continui black-outs energetici, senza “normali” vie di comunicazione con l’esterno, livelli di corruzione e di miseria dilaganti. I temi e le fratture sociali, che riguardano i tre quarti della popolazione sono passati in secondo piano. Un solo partito ha impostato la sua campagna elettorale sui problemi di emarginazione e di povertà, il Partito della Giustizia (PD). A loro va riconosciuta l’originalità dei temi affrontati in questa mediatica e costosa battaglia politica, quella dell’impatto visivo. Se queste elezioni saranno solo un abbaglio, non c’è di che preoccuparsi, i kosovari sapranno sempre pazientemente aspettare il 10 di dicembre. Il giorno dopo però, dopo 8 anni di false aspettative alle spalle dei difficoltosi, non saranno più proponibili la carota ed il bastone.

articolo pubblicato sul sito di peacereporter.net

domenica 7 ottobre 2007

LA CAMPAGNA D'AUTUNNO

In Kosovo l'attesa per elezioni tradisce l'ansia


MITROVICA. L’autunno kosovaro è iniziato cadenzato da una serie di appuntamenti importanti. Il mese del Ramadan (o “Ramazan”), festa cara ai musulmani, sta volgendo al termine. Siamo entrati nell’ultima settimana, venerdì 12, infatti, il mese di digiuno si concluderà con la grande festa finale. Mitrovica, la parte Sud, si è presentata da subito molto suggestiva e sotto una veste a me nuova: molta gente per le strade, tutti intenti alle compere per il pasto serale, caffe rumorosi affollati di uomini che non consumano nulla per via del digiuno. Una Mitrovica surreale poi quella delle 18.20. Puntalmente ogni sera a quell’ora, come d’incanto, la città si svuota. Nessuno per le strade, solo poche anime, anche le attività chiudono tutte: gli abitanti di Mitrovica si apprestano a terminare il digiuno con un lauto pasto. Subito dopo, quasi di getto, tutti si riversano nuovamente a popolare le strade cittadine.
Il tempo necessario per uscire rinvigoriti da questo mese di purezza e rigore spirituale e la città più controversa del Kosovo, così come tutta questa regione della Serbia, entrerà nel vivo della campagna elettorale. Le elezioni previste il 17 novembre rinnoveranno sia l’assemblea parlamentare del Kosovo che i comuni. La campagna elettorale nonostante verrà aperta ufficialmente soltanto nella seconda metà di ottobre, è già nel vivo. Tante le novità. Innanzitutto, la possibilità da parte degli elettori, di scegliere i propri candidati. In secondo luogo, nuovi candidati insieme a vecchie conoscenze. Pacolli, che appena pochi mesi fa ha trasformato la sua lobby in difesa della causa kosovara -molto influente all’estero- in un partito politico, ha riempito il Kosovo con cartelloni, a noi piuttosto familiari, in cui questo grande imprenditore mette in mostra sia le faraoiche opere architettoniche realizzate all’estero che l’elevato numero di kosovari impiegati. Piene sono anche le strade di posters con il volto energico di Haradinaj, potente veterano di guerra che dalle file dell’UCK gestiva la zona di Dukagjini. Anche oggi lo fa, seppure da una posizione differente, apparendo, tuttavia, altrettanto forte e potente come in passato. Infatti, nonostante la sua assenza fisica dal Kosovo in quanto sotto processo all’Aja per crimini di guerra, è riuscito con il consenso di UNMIK ad essere inserito nella lista dei candidati. L’unica cosa che il suo partito, l’ AAK, non è riuscito ad ottenere, è stato lo slittamento delle elezioni a data futura, in modo tale da poter garantire (forse) anche la presenza fisica dell’ex Primo Ministro kosovaro.
Dalla parte serba, invece, il problema non si pone: le elezioni sono boicottate. Il “Niet” giunto da Belgrado è chiaro. Eppure anche qui qualche opportunista politico ha pensato bene di scendere in campo per la carica di sindaco di municipalità serbe, forte della mancanza di avversari.
Si tratta di elezioni molto imporanti, che cadono in un periodo molto delicato. Sono elezioni che dovevano tenersi l’anno precedente ma che, per via della discussione sullo status presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, la diplomazia UNMIK è riucita a posticipare, pensando di risolvere la spinosa questione dello status di lì a poco. A distanza di un anno, il macigno dello status incombe ancora nell’agenda politica delle diplomazie occidentali, e non solo. Ma, la democrazia deve pur avere il suo corso e le elezioni non possono più essere posticipate. Con che contenuti i candidati pensano di riempire i loro programmi elettorali è veramente difficile saperlo. La classe politica locale ha speso ormai tanto e tutto per l’indipendenza: “Abbiate pazienza, presto saremo uno stato”, tutti dicevano.
Per il momento vecchie logiche e spesso pessime abitudini pre-elettorali, anche queste a noi certo familiari, hanno spinto l’attuale classe politica ad accantonare –ancora una volta- i molteplici problemi, come l’elettricità (che manca fino a 5-6 volte al giorno per almeno un’ora) per dedicarsi a quello che, visibilmente parlando, ha un impatto immediato tra l’elettorato: il rifacimento delle principali arterie cittadine e la costruzione di opere d’arte dal gusto dubbio ma etnicamente definite. Il tutto è contornato da operatori che svolgono “lavori socialmente utili”, certo facilmente vendibili agli elettori in un paese con tassi di disoccupazione che vanno dal 47 al 70%.
Appena i dati elettorali saranno pronti per essere dati in pasto a giornalisti e tecnici per le loro articolate analisi, sarà già tempo di pensare ad altro, ed in particolare, all’ultima e più importante scadenza del 2007: la decisione sullo status. Sono già ripartiti i negoziati tra Belgrado e Pristina sulla ridiscussione del Piano Ahtisaari. Si tratta, ancora una volta, di sterili incontri che non si intersecano in nessun punto dell’agenda programmatica. Visioni diametralmente opposte e divergenti sull’assetto futuro del Kosovo. Faccio a meno di aggiungere le mie parole a quanto già ampiamente riportato su giornali e riviste in merito ai due modelli presentati dai due governi. E’ chiaro a tutti però che la spinosa questione non è più faccenda interna, sempre che prima lo sia stata, ma deve essere inquadrata ed inserita in un contesto geopolico più complesso. Personalmente, non credo che la scadenza del 10 dicembre, fissata dalla Comunità Internazionale, venga rispettata neanche questa volta. Bisognerà aspettare, credo, il 2008, ed in particolare i risultati delle elezioni in Russia. Solo allora il contesto kosovaro potrà forse superare la stasi degli ultimi anni. Per ora, ciò che emerge è una situazione di insofferenza generale verso lo status quo che crea solo acqua stagnante, soprattutto quando non sembrano esserci sbocchi possibili. Le due inconciliabili visioni in gioco del contesto kosovaro sono presenti entrambe, in tutte le loro forme e tonalità, a Mitrovica, un concentrato di delusione, amarezza, rabbia repressa e mondi non comunicanti. Il Kosovo oggi è tutto questo. Mitrovica, ne è la capitale.
Due mondi, due lingue, due culture, due monete, due religioni diverse che in questi otto anni non hanno dialogato tra di loro. Neanche un pò. La Comunità Internazionale deve farsi autocritica su tutto questo, sui tanti errori fatti in passato e su quelli che continua a fare. Una cosa è certa, e mi è balzata agli occhi: ho rivisto una città che già ricordavo dal 2006 apparentemente tranquilla e calma ma che oggi è ancora più radicale: in questa fase di stallo le due fazioni estreme sono in fermento. Sempre il fiume Ibar ne è protagonista. Dalla parte sud del fiume, infatti, balza agli occhi la gigantografia di Ramush Haradinaj, che recita, ovviamente in albanese, “Insieme per il Kosovo”.Dall’altra parte, dalla parte nord, ad appena 30 metri di distanza da quest’ immagine, campeggia un monumento ai caduti serbi dei bombardamenti NATO del 1999, da poco inaugurato, in cui figura una lunga lista in cirillico di nomi e cognomi. A destra del ponte, sempre nella parte nord, si sta ultimando il grande palazzo di TELECOM SERBIA, la cui scritta è già ben visibile anche dall’altra parte del ponte. All’interno infine, in una posizione più riparata ma sempre comunque ben visibile a qualunque passante, anche internazionale, risalta all’occhio il manifesto con su scritto “In the name of God and Justice do not make our holy land a present to the albanians”. In basso, sempre sullo stesso, accanto a vari ritratti di Putin una scritta in serbo: “Russia aiutaci”. Forse, sono solo pure coincidenze; coincidenze però che fanno riflettere.

articolo pubblicato sul sito di peacereporter.net

KOSOVO: LA VOCE DEL CONIGLIO