lunedì 27 giugno 2011
LIFE AFTER
sabato 24 luglio 2010
KOSOVO: MOSAICO DI COLORI E VOLTI
(A tutti loro va questo mio contributo perchè i loro gesti, la loro tenacia e i loro sguardi, mi hanno reso ancora più irrequieto)
martedì 29 giugno 2010
LA SCIOCCA IDEA DELLA DIVISIONE TERRITORIALE DEL KOSOVO
lunedì 16 novembre 2009
DIARIO DI VIAGGIO: LA MAGIA DI PRIZREN
Già i Dervish!! ordini religiosi islamici, differenti tra loro, originari dalla lontana Persia, diventati sempre più influenti durante l'Impero Ottomano, come l'ordine dei Bektashi che dopo il 1826 per sfuggire alla ferocia del sultano turco si spostò nei territori dell'Albania. Presenti anche in Kosovo (Prizren, Gjakova, Rahovec) all'interno dei loro centri di culto (teqe) svolgono rituali molto suggestivi.
terza fermata: nella teqe con i dervish
P.S. un ringraziamento speciale a Cristina e Daniele di IPSIA che hanno reso i miei "7 days" ancora più interessanti..
lunedì 31 agosto 2009
KOSOVO, INCERTEZZE E SOGNI: IL VIDEO
mercoledì 15 aprile 2009
SRI LANKA: CARTOLINE KOSOVARE
Sono identici in tutto e per tutto a quelli che, soprattutto nei mesi invernali, numerosi affollano il Kosovo
... il bagno rinfrescante! considerato il caldo che fa!
Sri Lanka: la voce del coniglio
mercoledì 19 novembre 2008
KOSOVO: VOCI DELL'ULTIMO INVERNO

















L'intero lavoro fotografico è consultabile sul sito del fotografo www.ignaciococcia.com
mercoledì 25 giugno 2008
IL PIOMBO DI MITROVICA (seconda parte)
Osterode camp, costruito nel 2005 in quella che prima della guerra era una base militare serba e successivamente una postazione francese, ospita oggi più di 400 persone in container tra stradine asfaltate, ex-capannoni militari dismessi e riutilizzati dai rom e, un piccolo parco giochi, il tutto circondato da filo spinato. Certo Osterode -oggi monitorato dalla Norwegian Church Aid, agenzia che coordina i donors e le attività del campo- appare, al primo impatto, una struttura ben più comoda e pulita rispetto ai capannoni sporchi ammassati sulle rotaie ferroviarie del campo di Cesmin Lug, distante appena poche decine di metri. Tuttavia, il rappresentante Rom del campo, il Sig.Habib Haidini, senza tanti giri di parole ci tiene a precisare che cambia poco avere un container mettallico di limitate dimensioni e piccole strutture di divertimento rispetto alle baracche di lamiera contorte del campo vicino. “Non è una casa, e quelli a Cesmin Lug non vengono da noi perchè sono della nostra stessa opinione: stiamo tutti aspettando una casa, una casa vera”. Habib incontra quotidianamente i rappresentanti di enti istituzionali locali e non per far pressioni e cercare di velocizzare i tempi affinchè tutti i Rom dei due campi possano essere finalmente trasferiti in una struttura permanente –il campo di Osterode doveva rimanere funzionante appena un anno- una casa nel quartiere Roma Mahala che si sta ricostruendo. Oggi nella vasta area della residenza storica dei Rom di Mitrovica, nonostante l’attualità della “minoranza Rom” nell’agenda politica delle istituzioni e
organizzazioni internazionali, sono stati però costruiti appena un centinaio di case e quattro blocchi plurifamiliari che ospitano non più di 250 persone. Molte delle case ancora non sono state assegnate, probabilmente per via dei complessi criteri che richiedono lunghe procedure burocratiche, e per altri motivi. Un dato certo è che, alla metà del 2008, non è stato fatto abastanza per i Rom di Mitrovica. Eppure è passato poco più di un anno da quando, nel marzo del 2007, gli alti rappresentanti delle istituzioni internazionali, degli uffici diplomatici e lo stesso Primo Ministro del Kosovo in una grande giornata commemorativa hanno tenuto un’imponente cerimonia di inaugurazione del quartiere Roma Mahala a Mitrovica. Grandi parole allora erano state spese da tutti, le più gettonate delle quali erano “multiculturalità” e “integrazione”. Stando alle testimonianze più recenti, come quella di Sokol Kursumlija, da anni impegnato nel campo Osterode con progetti educativo-ricreativi attraverso l’associazione locale multietnica di cui è Presidente, non c’è da stare sereni e tranquilli: anche per Osterode si parla di gravi casi di contaminazione da piombo che colpiscono soprattutto i suoi più giovani inquilini. Tuttavia Sokol ci tiene a precisare, rimanendo fermo sul fatto che effettivamente i Rom a Mitr
ovica vivono da tempo in condizioni a dir poco precarie, che l’argomento contaminazione da piombo non può essere circoscritto al solo discorso che verte sulla minoranza Rom, vittima a suo parere di intrighi politici, ma deve essere generalizzato in quanto riguarda l’intera area di Mitrovica. Nel caso specifico di Zitkovac, piccolo villaggio a Nord di Mitrovica, Sokol sostiene, ad esempio, di trovare “assurdo che per la sola opportunità politica soltanto per i Rom che vivevano dall’ altra parte del binario si è parlato di contaminazione mentre per i Serbi che vivono a tutt’oggi lì, a due passi da dove si trovavano i Rom, c’è ancora assoluto silenzio e nessuna preoccupazione”. Forse per via delle scarse condizioni igieniche e del contatto con la terra tipico dei bambini, i piccoli Rom sembrano tuttavia particolarmente esposti all’avvelenamento da piombo. Nel campo Osterode di recente sono stati fatti dei test sui bambini dallo staff del WHO. I risultati però sono stati negati ad Habib e gli altri Rom, che pure li richiedevano insistentemente. Stando a Sokol, per questioni di privacy i dati del WHO non potevano diffondersi, neppure ai rappresentanti UNICEF che lavoravano nel campo. “Io volevo sapere almeno il numero o la percentuale di persone contaminate di Osterode, potevo
non saperne i nomi; quando quell’organizzazione mi ha negato i dati, mi sono rivolto alle strutture mediche di Mitrovica Nord dove hanno effettuato i test sui bambini. Il risultato è stato chiaro: contaminazione da piombo per la maggioranza di loro”, ricorda Habib. Un argomento così delicato da un punto di vista etico, morale, sociale e politico non dovrebbe comunque essere lasciato solo alla spicciola cronaca cittadina che spesso, incapace di sortire i necessari effetti, finisce col creare invece soltanto involontaria disinformazione. La comunità internazionale e enti di spessore come l’Organizzazione Mondiale della Sanità, piuttosto che coprire la realtà con il silenzio, potrebbero seguire l’esempio positivo di altre organizzazioni che in Kosovo dedicano tempo, spazio e tanti soldi per pubblicazioni sistematiche di bollettini sui diversi argomenti. È tempo che un dossier ufficiale, onnicomprensivo e chiaro, esca allo scoperto per far luce su tutti questi anni bui. Fino a quando su queste tematiche aleggeranno solo e soltanto strumentalizzazioni di ogni genere, il problema dei Rom e della salute pubblica dei cittadini di Mitrovica resterà solo appanaggio dell’agenda politica che potrà continuare ad usarle a propria discrezione.
di Federica Riccardi e Raffaele Coniglio
articolo pubblicato sul sito di peacereporter.net, carta.org e osservatoriobalcani.org
mercoledì 18 giugno 2008
IL PIOMBO DI MITROVICA
Anche qui a Mitrovica il problema esiste e sebbene dalla fine della guerra in Kosovo del 1999 l'intera frattura tra Albanesi-Rom-Serbi non si sia ricucita, a farne principalmente le spese ancora oggi sono loro, i Rom. (Prima parte)
essioni fra loro mentre invece hanno stretti legami e tragiche conseguenze.
Gli impianti di Trepca, il polo minerario nella ricca regione di Mitrovica, hanno contribuito notevolmente allo sviluppo economico e sociale di questa zona per tutti gli anni '70 e '80. Erano più di 20.000 le persone impiegate, di cui la metà provenienti dalla sola area di Mitrovica, con salari indimenticabili e tanti benefits per le famiglie. Sebbene la città fosse prospera e occupata con il lavoro delle miniere, la gente rimaneva comunque insoddisfatta per via della mancanza di investimenti successivi agli introiti delle miniere. Un detto di quei tempi recitava "Trepca punon Beogradi ndėrrton" (a Trepca si lavora e a Belgrado si costruisce), sintetizzando questo aspetto.
8.000 o forse poco di più erano i membri della comunità Rom che vivevano nel quartiere Roma Mahala di Mitrovica, una striscia di terra a sud del fiume Ibar che sembra interporsi tra i serbi e gli albanesi. I Rom anche allora come oggi non erano ben inseriti nelle strutture sociali della città, non godevano di una buona reputazione, e si sono trovati, durante gli anni dello scontro etnico in Kosovo, tra due fuochi, quello serbo e quello albanese.
Oggi la fotografia di Mitrovica è un’altra. L’intero indotto di Trepca è ridotto all’osso, nell'impianto lavorano meno di un migliaio di operai e, vi si estraggono soltanto i minerali. Gli impianti di lavorazione e trasformazione del piombo, rame, zinco sono dismessi e riversano in uno stato fatiscente. Insieme al polo turistico di Bresovica, gli impianti di Trepca sono stati un grande fallimento per la KTA , l’agenzia incaricata per le privatizzazioni in Kosovo. Quello che è rimasto dei fiorenti e produttivi impianti minerari, oltre alle obsolete strutture, è l’inquinamento del suolo. Mitrovica oggi ricopre il triste primato di città più inquinata del Kosovo e dell’ex Jugoslavia. A farne le spese sono tutti i suoi cittadini, i Rom più degli altri. Ed oltre al problema dell’inquinamento, che li vede vittime di intrighi politici, i Rom sono anche cittadini privi delle loro case. Facilmente manipolati dai serbi e indiscriminatamente percepiti come traditori e nemici dagli albanesi, si sono visti annientare da questi ultimi tutto il loro quartiere storico. Inermi, dal lato nord del fiume che oggi divide etnicamente la città in due, hanno assistito alla distruzione delle loro case. Quelli che avevano deciso di affrontare di petto la situazione persero la vita. In tanti sono scappati in Europa, in Montenegro, in Serbia.
I pochi Rom rimasti a Mitrovica sono stati costretti a vivere, in mancanza di alternative, in posti malsani e inquinati. I campi di Zitkovac, Cesmin Lug e Kablare, tutti nella parte nord di Mitrovica, furono costruiti nel novembre del 1999 per ospitare circa 500 persone di etnia Rom scappate dal loro grande quartiere. Da allora e per tutti questi anni il problema dei Rom è diventato sempre più grande.
Dovevano restare in questi posti per 45 giorni, solo Zitkovac è stato chiuso, ma soltanto nel 2006 ed i suoi abitanti sono stati dislocati negli altri campi. Nei tre campi di Zitkovac, Cesmin Lug e Kablare molti bambini mostravano infatti i classici sintomi da inquinamento da piombo: perdita di memoria, mancanza di coordinamento, vomito e convulsioni. Il Prof. Nait Vrenezi dell’Università di Pristina già in un suo studio del 1997, condotto congiuntamente con numerosi esperti internazionali, affermava che l’esposizione continua ad ambienti con alta concentrazione di piombo crea nei bambini danni motori e di percezione permanenti.
Dal 1999 al 2006, 27 persone sono morte a Zitkovac, molte delle quali con ogni probabilità a causa di avvelenamento da metallo pesante, anche se autopsie non sono mai state effettuate. Nel 2000 furono effettuati diversi test e analisi sugli abitanti dei campi dall’allora consulente russo dell’ONU, Dott. Andrei Andreyev, che confermavano fuori da ogni dubbio l’alto livello di concentrazione di piombo nel loro sangue. Andreyev allora inoltrò un report dettagliato contenente dati e cifre all’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’UNMIK, chiedendo loro di provvedere ad una immediata evacuazione dei campi. Il suo report, però, che oggi non è disponibile al pubblico, non ha avuto nessun riscontro pratico, se non che molti funzionari internazionali della polizia di Unmik, che giornalmente facevano jogging accanto al campo di Cesmin Lug, dovettero fare immediati accertamenti medici, e si scoprì che il tasso di piombo nel sangue era così alto da richiedere il loro rimpatrio. Nel 2004 test capillari su 75 persone dei tre campi, principalmente bambini e donne incinte, mostravano che 44 di loro avevano livelli di piombo nel sangue più alti di quanto il macchinario potesse misurare (65 mg/dl), laddove 10 mg è considerato il punto in cui vi è un serio rischio di danni al cervello o al sistema nervoso.
di Federica Riccardi e Raffaele Coniglio
leggi la seconda parte
articolo pubblicato su peacereporter.net, carta.org e osservatoriobalcani.org
Per approfondimenti:
http://www.jstor.org/pss/3433876,
http://www.paulpolansky.nstemp.com/about.html
domenica 25 maggio 2008
UN ASPETTO POSITIVO DELLO STATO MULTIETNICO

Il testo della legge riporta anche, e giustamente, trattandosi il Kosovo di uno Stato multientnico, le ricorrenze per tutte le altre minoranze che vivono qui e che sono altrettanto rappresentate nella nuova bandiera che poco piace ai suoi cittadini. Il lungo elenco riporta il 15 Febbraio come la giornata degli Ashkali, l'8 Aprile la giornata dei Rom, il 23 Aprile il giorno dei Turchi, il 6 maggio quella dei Gorani e infine il 28 Settembre il giorno dei Bosniaci. La Pasqua e il Natale Ortodosso rientano ovviamente nella lista.
Se accanto a queste ricorrenze aggiungiamo tutte le altre che il popolo del Kosovo è abituato a festeggiare (lasciando da parte il mese di Ramadan, quello del digiuno che disabilita tutti) dobbiamo inserire la festa di inizio e di chiusura del Ramadan che durano rispettivamente tre giorni ciascuno, il 25 Dicembre non si tocca, idem per l'1 Gennaio, ovviamente il 1 Maggio, poi la festa dell'Europa che è un "must" e da queste parti ci tengono in molti a festeggiarla, il 15 Agosto, e sicuramente qualche altra festività di minor conto che adesso sfugge. C'è di buono una cosa e cioè che finalmente in maniera ufficiale e con legge dello Stato si è fatto ordine al calendario delle festività, perchè sino ad ora chiunque poteva, anche il giorno prima, avvisarti dispiaciuto di non poter partecipare ad un evento o recarsi a lavoro perchè il giorno dopo si sarebbe festeggiata la Pasqua ortodossa o dell’altro. Il nuovo calendario kosovaro presto verrà stampato tutto in rosso e almeno sulla carta il riconoscimento delle minoranze sarà garantito. Con il beneplacito delle Istituzioni tutti potranno festeggiare e festeggiarsi. Certo questo è un inizio a rilento per la neonata Repubblica del Kosovo che ha tanto da lavorare e poco da festeggiare.
articolo pubblicato sul sito di peacereporter.net e peacelink.it
sabato 5 aprile 2008
I GORANI: UN ALTRO GRUPPO ETNICO DEL KOSOVO



articolo pubblicato sul sito di peacereporter.net e di peacelink.it