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sabato 26 marzo 2011

IL DIALOGO TRA BELGRADO E PRISTINA

"Belgrado aspira soltanto ad entrare in Europa per mettere poi il bastone tra le ruote al Kosovo, proprio come sta facendo in piccolo la Grecia con la Macedonia". E se avesse ragione Albin Kurti?




Lunedì ventotto marzo le delegazioni di Belgrado e di Pristina si incontreranno per la seconda volta a Bruxelles. A settembre l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha invitato le due parti, su proposta dell'Unione Europea, ad avviare un dialogo volto a migliorare la stabilità regionale, ad avvicinare ancora di più il processo di integrazione europea di entrambi i paesi e a risolvere in maniera pragmatica questioni concrete che hanno un impatto diretto sulla vita dei cittadini (registri catastali, diritti di proprietà, timbri alle dogane, attraversamento dello spazio aereo, partecipazione del Kosovo ad iniziative regionali, ecc.). Il primo round si è tenuto l’otto di marzo in un clima molto disteso e costruttivo. Questa è senz'altro una buona notizia, anche perché è il primo faccia a faccia di grande rilevanza politica. Il primo dopo l'indipendenza del Kosovo. Per Pristina però l'avvio del dialogo coincide con una fase politica agitata. Rapporto Marty,  arresti  di ex membri dell'Uck vicini a Thaçi ed altre grane, pesano sull'autonomia di un governo già debole e quindi più manovrabile. L'avvio del dialogo è avvenuto ad appena due settimane dal turbolento lavorio per la composizione del nuovo governo. A differenza di quello serbo, che da quando è in carica ha avuto modo di pianificare le sue idee -tra l'altro già risapute- e di condividerle con le varie componenti politiche, il team governativo di Pristina è partito alla volta di Bruxelles senza che se ne conoscesse la linea politica che avrebbe adottato. Naturalmente questo ha generato malcontento tra le varie forze politiche e di riflesso tra i cittadini kosovari. L''opposizione ha chiesto al governo di presentare in parlamento la propria linea strategica, di discuterla ed elaborarla insieme. Il debole governo Thaçi, temendo probabili frizioni per le diverse posizioni tra alcuni gruppi parlamentari, restii al dialogo con la Serbia, ha cercato la via più breve. In tutta fretta ha inviato al parlamento una bozza di programma e ne ha chiesto l'approvazione. In extremis, prima della partenza del team per Bruxelles, l'assemblea elettiva è riuscita a ratificare il documento con la risicata magioranza di 63 deputati. Il governo ha costituzionalmente il diritto di discutere su argomenti tecnici che riguardano il miglioramento della qualità della vita dei cittadini, anche senza chiederne preventivamente il parere al parlamento. Tuttavia è altrettanto vero che, qualora vengano raggiunti, l'assemblea sarà l'organo preposto alla ratifica degli accordi con una maggioranza di due terzi dei suoi membri. Sarebbe stato preferibile per questo governo trovare forza e "legittimazione" in parlamento , anche perché presto bisognerà fare i conti con i numeri che non ci sono. Se è vero che si tratta, come dicono tutti, di argomenti pratici che andranno a beneficio dei cittadini, è altresì vero che questo dialogo rappresenta per la Serbia l'ultimo stadio prima di entrare nell'Unione Europea. Oramai la strada per Belgrado è tutta in discesa. E' proprio questo a far preoccupare molti kosovari. Una condotta così blanda da parte del governo di Pristina e la mancanza di precise strategie potranno solo essere funzionali alla Serbia. "Belgrado aspira soltanto ad entrare in Europa per mettere poi il bastone tra le ruote al Kosovo, proprio come sta facendo in piccolo la Grecia con la Macedonia". E se avesse ragione Albin Kurti? 

mercoledì 25 agosto 2010

...WAINTING FOR A DIRECT CONTACT BETWEEN BELGRADE AND PRISTINA!

SRSG was today in Belgrade for a periodic round of consultations with the Serbian Government where he underscored the need for a direct dialogue between Belgrade and Pristina Special Representative of the Secretary-General (SRSG) Lamberto Zannier was today in Belgrade for a periodic round of consultations with the Serbian Government following the Security Council meeting in August and in anticipation of the UN General Assembly session on Kosovo in early September. He met with President Tadic, First Deputy Prime Minister Dacic, Minister Bogdanovic, State Secretary Ivanovic and various international stakeholders. In his conversations he underscored the need for a direct dialogue between Belgrade and Pristina to address open issues of common concern. He noted that while the UN will be ready to support this process, the EU should play a prominent role in facilitating such a dialogue, in view of the European perspective for the whole region. The SRSG also mentioned the UN Secretary-General’s concerns about the situation in the North, adding that direct dialogue and consultations will be particularly important in addressing issues of substance in that region. For its part, UNMIK will continue performing its functions under Resolution 1244 as mandated by the Security Council, to which it will continue to report periodically. Upon his return to Pristina, the SRSG will be available to inform the Kosovo authorities about the detailed contents of his discussions.

martedì 20 luglio 2010

INDIPENDENZA DEL KOSOVO: ARMONIA O VIOLAZIONE DEL DIRITTO INTERNAZIONALE?

“L’indipendenza del Kosovo è in armonia con il diritto internazionale?” È la domanda che la Serbia ha deciso di rivolgere all’Assemblea generale dell’Onu, per chiederne il parere della Corte Internazionale di Giustizia, principale organo giurisdizionale delle Nazioni Unite.
A giorni è atteso il pronunciamento della Corte (probabilmente nella serata del 22 luglio), un parere di notevole spessore che sarà prettamente giuridico e non politico e non avrà comunque un potere vincolante. Il lungo iter procedurale è iniziato i primi di dicembre del 2009 con l'esame da parte della Corte del dossier presentato dal governo serbo.
In attesa di conoscere le motivazioni della Corte consiglio la lettura dell'articolo e del'intervista all'ambasciatore italiano in Kosovo Michael Giffoni in merito alla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia.



 

martedì 29 giugno 2010

LA SCIOCCA IDEA DELLA DIVISIONE TERRITORIALE DEL KOSOVO

Sembrava essere soltanto una provocazione, invece, pare stia prendendo sempre più corpo l'idea di uno scambio di territori tra il Kosovo e la Serbia per risolvere l'affannosa questione venutasi a creare dopo la guerra tra i due paesi. L'idea, forse nata proprio a Belgrado, è iniziata a circolare all'interno di ambienti politici serbi ed ha trovato il sostegno di qualche autorevole istituzione internazionale. Lo scambio dei territori, quasi si trattasse dell'equa ripartizione di un numero pari di cioccolatini, riguarda la divisione del nord del Kosovo, zona a maggioranza serba, che dovrebbe passare alla Serbia, in cambio dei territori serbi di Presevo, abitati prevalentemente da albanesi, che dovrebbero essere ceduti al Kosovo. Di tutte le idee pensate  e/o attuate dal 1999 in poi (inclusa la netta divisione in due della città di Mitrovica per evitare problemi di ordine pubblico ed assicurare, così, tranquillità alle forze militari internazionali) questa mi pare la più sciocca che potesse essere partorita. Se pensare simili cose è lecito, lavorare per attuare quello che sembra essere uno stolto disegno è a dir poco diabolico. Come se la storia del post-colonialismo e dei rettangoli etnici di matrice occidentale non ci avessero insegnato nulla, oggi, dopo le guerre di odio etnico scoppiate nei Balcani e le successive divisioni, si vuole proporre una ripartizione territoriale per superare lo scoglio che attanaglia il Kosovo e la sua ex madrepatria. Certi di non poter rivedere indietro la ex provincia serba, consapevoli dell'indipendenza del Kosovo (17 febbraio 2008), Belgrado sta facendo di tutto, con l'orgoglio che sempre lo contraddistingue, pur di salvarsi la faccia e poter dire ai suoi cittadini che la partita con il Kosovo non è ancora persa. Ma questa può essere definita una mossa -non dico giusta o corretta per Belgado-  vincente? Temo che quest'ennesimo abbaglio tattico-diplomatico della Serbia possa essere controproducente per se stessa e per le istituzioni internazionali che lavorano lì, convinto, inoltre, che una "baggianata" del genere potrebbe avere immediate ripercussioni nei Balcani qualora venisse messa in atto. Cosa succederà se la ripartizione dei territori tra Serbia e Kosovo sarà presto attuata? Ci si è chiesto cosa potrebbe succedere in Bosnia, Albania, Macedonia o la stessa Serbia del nord con la Vojvodina? Se l'intento è quello di destabilizzare i Balcani, indebolendo irrimediabilmente l'Europa, non esiste migliore autostrada della divisione del Kosovo. Ricordiamoci però che è da lì che sono iniziate le prime scintille di odio. E' da lì che si sono concluse le atroci guerre nei Balcani. E' sempre dal Kosovo che  tutto potrebbe nuovamente ripartire.

domenica 18 aprile 2010

LA MESSA E' FINITA ANDATE IN PACE

La Chiesa ortodossa serba ha svolto, da sempre, un ruolo di primissimo piano nelle relazioni politiche e i rapporti con le altre comunità presenti in Kosovo. Dopo i tragici eventi del 1998-99 è stata l'unica istituzione serba a rimanere nell'ex provincia, considerata, non a torto, la culla spirituale della Serbia. E' riuscita, così, ad irrobustire il rapporto con i fedeli serbi rimasti, supportandoli e sostenendoli nelle varie sedi politiche e tra le organizzazioni internazionali. Da diverso tempo, però, la Chiesa otodossa è attraversata da spaccature e trema sotto le accuse di corruzione, comportamenti immorali e divisioni interne.




La rissa tra i monaci è avvenuta di fronte al monastero di Gračanica nei giorni successivi alla sostituzione dell'Arcivescovo Artemije con l’Arcivescovo dell’Erzegovina Atanasije, nominato amministratore ad interim dell’Eparchia del Kosovo. La Chiesa ortodossa serba ha deciso di sospendere temporaneamente dalle sue funzioni il suo rappresentante in Kosovo, coinvolto in una vicenda di irregolarità finanziarie. Come hanno riferito i media di Belgrado, il Santo Sinodo ha deciso di sospendere Artemije per "non essere stato in grado di gestire al meglio le attività finanziarie" di sua competenza in Kosovo. Questa spaccatura non giova a nessuno. Si spera che le diatribe interne possano essere risolte al più presto, perchè soltanto con una Chiesa forte e unita si possono compiere ulteriori passi in avanti verso l'integrazione della comunità serba in Kosovo.


domenica 24 gennaio 2010

RAPPORTO TRIMESTRALE ONU SUL KOSOVO


Il 22 gennaio il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si è riunito per discutere sulla situazione del Kosovo. I quindici membri del massimo organo delle Nazioni Unite sono stati chiamati a discutere l’ultima relazione trimestrale del segretario generale Ban Ki-moon. Il rapporto ricopre le attività svolte da UNMIK e gli sviluppi compiuti tra il 16 settembre e il 15 dicembre 2009.
Nel testo il segretario dell'ONU sottolinea come la strategia di UNMIK resti la promozione della sicurezza, la stabilità e il rispetto dei diritti umani in Kosovo e nella regione, in collaborazione con tutte le comunità in Kosovo, così come con Pristina e Belgrado e con gli attori regionali e internazionali. "Durante questo periodo, UNMIK ha continuato a sostenere le varie comunità minoritarie, per promuovere la riconciliazione e per facilitare il dialogo e la cooperazione regionale" è riportato nella relazione. L'invito di Ban Ki-moon sembrerebbe quello di convincere Belgrado e Pristina a lasciare da parte la questione dello status del Kosovo per concentrarsi sulla cooperazione regionale.
Nella parte relativa al contesto politico sono state esposte le tappe più significative: la discussione della legittimità o meno presso la Corte Internazionale di Giustizia, l'approvazione del budget per il 2010 (1.46 miliardi di euro), il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo da parte di 64 stati e l'esito delle recenti elezioni amministrative, le prime dopo l'indipendenza, secondo quanto previsto dal Piano Ahtisaari. UNMIK resta coinvolta, continua la relazione, "a favorire l'impegno di tutte le parti, al fine di trovare soluzioni pratiche ai problemi di reciproco interesse. Nonostante la collaborazione con tutte le parti, l'accordo si è rivelato difficile in settori come la giustizia, le dogane e il patrimonio culturale". Un intero paragrafo, il IV, è dedicato alla questione del nord del Kosovo. Il rapporto riporta che "l'Ufficio UNMIK di Mitrovica ha continuato a funzionare come facilitatore e arbitro nei rapporti tra i leader locali serbi e la comunità albanese del nord del Kosovo. La presenza della Missione ha fornito ai serbi del Kosovo un canale di comunicazione, quando richiesto, con le autorità di Pristina. UNMIK ha funto anche come un ponte tra EULEX e i leader politici locali, alcuni dei quali ancora si rifiutano, anche se non così violentemente come prima, di comunicare direttamente con EULEX". E ancora "sviluppi positivi sono evidenti per quel che riguarda il ritorno degli albanesi del Kosovo nel quartiere di Kroi i Vitakut/Brdjani -nella parte settentrionale di Mitrovica- che è stato teatro di violenze durante i mesi estivi".
E' stato altresì affrontato il delicato problema della fornitura di energia elettrica nel nord, le cui tensioni emerse hanno richiamato l'attenzione del pubblico. "Consultazioni operative tra Kosovo Energy Corporation e l'Electric Power Industry della Serbia sono in corso al fine di trovare una soddisfacente soluzione a lungo termine, in assenza della quale la possibilità per l'instabilità rimane" viene riportato nel testo.
L'intero rapporto che nelle sue 18 pagine riporta le osservazioni del Rappresentante Speciale del Segretario dell'ONU in Kosovo, Lamberto Zannier, la relazione dell'Alto Rappresentante dell'Unione Europea sulle attività di EULEX, contiene anche riflessioni sui diritti umani, i rientri delle minoranze (il numero dei rientri è rimasto molto basso, nonostante gli sforzi di tutte le parti per incoraggiarli), la salvaguardia del patrimonio religioso e culturale, (durante il periodo di riferimento, molti siti del patrimonio culturale e religioso serbo sono stati colpiti da atti vandalici), il rispetto della legge (un numero crescente di serbi del Kosovo hanno chiesto - e molti hanno già ricevuto - carte d'identità del Kosovo e altri documenti di stato civile) la sicurezza (la situazione complessiva della sicurezza è rimasta relativamente calma, ma potenzialmente fragile), le elezioni e le politiche del decentramento.

Il testo, in lingua inglese è consultabile nel sito del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

lunedì 21 settembre 2009

L'AUTUNNO CALDO DEL KOSOVO


Nei dieci mesi trascorsi dal dispiegamento ufficiale della missione europea, i rapporti tra Eulex (la Missione della EU) e le autorità kosovare sono stati segnati da un clima di sostanziale collaborazione, anche se non sono mancate le tensioni ancor prima del suo dispiegamento sul terreno: mi riferisco all’esplosione avvenuta a Pristina presso la sede dell’I.C.O. (International Civilian Office). Era la notte del 14 novembre dell’anno scorso quando tre tedeschi vennero colti sul luogo dell’attentato ed accusati di essere gli artefici. A far crescere la tensione nei mesi a noi più vicini è stata l'intenzione di Eulex, annunciata ad inizio agosto, di firmare un accordo con Belgrado per facilitare la collaborazione tra i rispettivi organi di polizia. Per Eulex l’accordo è di vitale importanza, un’ottima strategia per risolvere i problemi legati al crimine organizzato, il traffico di armi, droga e quant’altro in una zona molto calda. Una decisione condivisibile sul piano tecnico (è ora che le frontiere a Nord con la Serbia, veri e propri colabrodi, diventino degne di questo nome), ma fallimentare sul piano politico-diplomatico (l’accordo è stato raggiunto tenendo fuori il governo di Pristina). Le reazioni delle autorità politiche kosovare non si sono fatte aspettare. Il Presidente e il Primo Ministro del Kosovo hanno dichiarato più volte come non possa esserci nessun accordo senza il loro consenso e partecipazione nelle trattative e come le istituzioni kosovare non permetteranno a Belgrado di esercitare la sua influenza in Kosovo attraverso accordi e altri meccanismi. Pristina è arrivata a porre una condizione difficilmente accettabile per Belgrado, e cioè la firma all'accordo in cambio del riconoscimento. Pristina considera l’accordo lesivo della propria sovranità, sia perché le autorità kosovare sono state escluse dalle trattative, sia perché a livello politico l’accordo presupporrebbe lo scambio di informazioni con lo stato serbo, principale avversario dell’indipendenza del Kosovo. L’accordo in questione, che prevede lo scambio di informazioni e dati tra Serbia (polizia serba) ed Eulex, è un primo e decisivo passo in avanti della Serbia verso l’Europa. Certamente anche tra le istituzioni serbe non sono mancati i mal di pancia per la firma di questa collaborazione con Eulex. Per l’opposizione serba, infatti, raggiungere un accordo con Eulex significa anche accettare de facto il piano Ahtisaari e l’indipendenza del Kosovo in esso prevista (Kostunica è stato molto chiaro su questo). Questa evoluzione-involuzione dei rapporti tra Eulex, le autorità serbe e quelle kosovare, sta facendo da sfondo ad una situazione che in Kosovo si sta facendo pesante. Quello che si registrano in Kosovo, a Pristina, ma soprattutto nella calda cittadina di Mitrovica, sono le continue tensioni, molto spesso e per più di una volta, sfociate in veri e propri scontri con lancio di sassi e di ordigni, tra i due principali acerrimi nemici, ovvero tra serbi ed albanesi del posto. Questi scontri, avvenuti nel cuore dell’estate non si sono ancora arrestati. Il leitmotiv è l’autorizzazione da parte del governo di Pristina alla costruzione delle case degli albanesi che vivevano precedentemente nella zona a nord di Mitrovica. La diplomazia si era messa al lavoro per raggiungere un tiepido accordo di massima che prevedeva l’inizio della costruzione delle sole case nel quartiere di Kodra Minatore/Mikronaseljie parzialmente distrutte (ancora visibili) e per un numero limitato di esse. Parallelamente si doveva procedere con l’avvio dei lavori per la costruzioni di case serbe nella parte sud del Kosovo. Il fragile accordo ha retto poco. La vicinanza del nemico, le paure fomentate da questo o quel gruppo, gli incubi tra la popolazione generati dai nemici della pace duratura, hanno nuovamente riscaldato il clima a Mitrovica ed in Kosovo. In quella che dalla fine dei bombardamenti Nato è considerata la fortezza serba in Kosovo, in verità, le tensioni ci sono sempre state tutte le volte che si cercava di far dialogare le due parti in causa. Stessi incidenti si sono verificati a Suhadoll un altro quartiere a nord di Mitrovica, dove sono concentrate alcune famiglie albanesi. Il lancio di sassi è coinciso con l'avvio dei lavori per la costruzione della rete idrica nelle case degli albanesi. I lavori, bloccati per le continue tensioni e proteste dei vicini serbi, non sono ripresi neanche dietro le pressioni del sindaco di Mitrovica che ha cercato di coinvolgere Unmik e la Kfor. Se a Mitrovica il clima non è dei migliori, tensioni e malumori si registrano anche a Pristina. E’ sempre Eulex al centro dei problemi. Sono, per ora, sempre i ragazzi di Vetevendosje a creare scintille. Una presentazione fresca e assai colorita sul clima che si respira in Kosovo e sulla giornata che ha visto protagonisti gli attivisti del Movimento capeggiato da Albin Kurti, (che hanno preso di mira le autovetture di Eulex), è riportata su the nowhere man goes wild’s blog che vi invito a leggere. Il caldo delle tensioni a Mitrovica, peraltro ancora non risolte, le difficolta di Eulex ad operare sul terreno, i risentimenti tra la popolazione civile sempre più insofferente per le imposizioni che riceve dall'alto, le imminenti elezioni locali del 15 novembre e l'accesa battaglia per le presunte elezioni politiche nella primavera del 2010 (fortemente volute da Ramush Haradinaj) lasciano facilmente intuire che ci sarà un caldo autunno ad attenderci.


mercoledì 19 novembre 2008

EULEX: MISSION IMPOSSIBLE


La situazione socio-politica in Kosovo è tornata nuovamente ad essere tormentata e confusa. La partita tra, Onu, le cancellerie occidentali, Unmik, che dovrebbe tornare a casa, ed Eulex, la nuova missione civile di stampo europeo prossima ad entrare in azione, sembra non finire mai. Il gioco-forza delle diplomazie occidentali, arbitri-registi-piloti di questa partita, non ha certo permesso di chiudere, una volta per tutte, la questione kosovara. L'Europa, forte del fatto di avere ben 22 stati su 27 che si sono espressi favorevolmente al riconoscimento del Kosovo indipendente, avrebbe potuto agire diversamente. Ma i tentennamenti dell'Europa non aiutano certo a sbloccare la situazione del Kosovo, che ripetiamo, anche per queste ragioni, è ritornata ad essere molto ingarbugliata. Va tuttavia tenuto presente che tutti gli stati che hanno riconosciuto il Kosovo indipendente, Italia compresa, hanno preso un impegno nei confronti del Kosovo e del Piano Ahtisaari, ma hanno ancora un impegno con Belgrado, con la risoluzione Onu 1244 che è ancora legge. Questa posizione schizofrenica dell'Europa o riconverge presto al palazzo di Vetro di New York oppure diventerà sempre più insostenibile. In sostanza negli ultimi mesi si sono registrate delle evoluzioni-involuzioni che potrebbero essere così riassunte. Eulex, la missione civile, che era pronta da circa sei mesi ad operare in Kosovo, è ancora ferma per via dei veti della Serbia che sino a una settimana fa si è mostrata contraria all'entrata in azione della missione europea in Kosovo, manifestando apertamente lo scontento anche con proteste organizzate a Mitrovica e Gracanica. La Serbia non permetterà a Eulex di operare perchè ciò significherebbe accettare da parte delle autorità di Belgrado le evoluzioni avvenute in Kosovo e riconoscere apertamente l'allontanamento di Pristina dal controllo di Belgrado. Questo è il succo dell'azione politico-diplomatica giocata da Belgrado. L'Unione Europea ne ha preso atto ed ha capito che qualsiasi forzatura nel dispiegare la sua missione avrebbe potuto rivelarsi una mossa assai rischiosa. Sul versante kosovaro, le euforiche autorità di Pristina, sin dal giorno stesso della dichiarazione d'Indipendenza, hanno sempre espresso un parere favorevole alla missione Eulex ed hanno sempre spinto i governi europei ad accelerare tale missione. Da meno di una settimana le posizioni di Belgrado e Pristina per quanto fossero schiette, forti e sincere si sono completamente ribaltate. Questo si è verificato quando è giunto ai loro rispettivi indirizzi il piano in sei punti del Segretario Generale dell'Onu Ban Ki-Moon sulla riconfigurazione di Unmik, accordo che, di fatto, darebbe l'avvio al dislocamento della missione europea. Le pressioni ed i contatti delle Nazioni Unite, proprio per ammorbidire le posizioni serbe e cercare di trovare un buon compromesso, hanno spinto Belgrado a leggere e ad interpretare i sei punti dell'Onu con un'altra enfasi. Si è trovato un parziale compromesso. Le autorità serbe hanno espresso un parere favorevole all’implementazione del Piano con Belgrado che si è detta pronta ad accettare la presenza di Eulex in Kosovo a tre condizioni:
  • che la nuova missione venga dispiegata con l'approvazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu
  • che la nuova missione sia neutrale riguardo alla status del Kosovo (il messaggio di Belgrado è quello di far capire che la risoluzione Onu 1244 è ancora in vigore, quella che afferma in un suo punto che il Kosovo è una regione della Repubblica della Serbia)
  • che la nuova missione non faccia alcun riferimento al Piano Ahtisaari (piano post 1244 che prevede, invece, la gestione dell'indipendeza del Kosovo).
L'apertura condizionata di Belgrado è stata accettata dalle varie cancellerie con grande ottimismo. Lo scoglio più duro si pensava fosse superato e con esso sbloccato lo stallo Eulex . Si sono però sottovalutate le naturali reazioni di Pristina. Il lavoro dei diplomatici occidentali accreditati in Kosovo a nulla è valso per trovare un accordo di massima sui sei punti del nuovo Piano Onu, anzi in quelle circostanze le autorità di Pristina hanno avuto modo di esprimere e ribadire una posizione che sembrava ormai essere chiara a tutti. Sia il Presidente del Kosovo, Fatmir Sediu, che il Primo Ministro, Hasim Thaci, hanno espresso il loro interesse a rafforzare il dialogo e contribuire all'estensione della nuova missione Eulex, nel rispetto, però, del Piano Ahtisaari, della Costituzione del Kosovo e delle sue leggi. Sediu, ha affermato che "nessuno decide per il Kosovo" e che "per il paese sono responsabili le istituzioni nazionali". Neanche il sottosegretario del governo americano, Daniel Fried è riuscito, per il momento, a far digerire a Pristina questo boccone amaro. Fried, in missione in Kosovo ha cercarto di pacare gli animi e convincere le autorità kosovare a vedere i sei punti dell'Onu come il presupposto logico per far entrare in azione Eulex. Nulla, Pristina ha rigettato il piano in quanto, a detta di Hasim Thaci, "non si tratta di una proposta della Comunità Internazionale, bensì di Belgrado, che Pristina non accetta in questa forma e contenuto". Il Primo Ministro del Kosovo ha affermato anche che il sogno di Belgrado sul Kosovo dovrà svanire per sempre. “Sulla sovranità e l'integrità del Kosovo non ci sarà mai nessun compromesso con Belgrado" sentenzia. Commenti lapidari che lasciano intendere come il clima di questi giorni sia cambiato. Si sono registrate, infatti, nei giorni scorsi una serie di vicende preoccupanti come l'ordigno esploso appena fuori la sede dell'ICO (International Civilian Office), le crescenti proteste e intimidazioni a Mitrovica, sfociate in scontri e tafferugli, le scritte innegianti l'UCK apparse su alcune case nel Bosnian Mahalla, quartiere misto di Mitrovica, e le proteste di movimenti, come Vetevendosje, contro quelli che definiscono "nuovi diktat" per il Kosovo. Il clima si è arroventato e la Comunità Internazionale c’ha messo del suo. Sono naturali le proposte di Belgrado, così come altrettanto legittime lo sono quelle di Pristina. Nella normale dialettica politica, per questioni importanti e cruciali, il lavoro sin qui svolto dalle due parti in causa pare essere più che giusto: ognuno cerca di dar peso alle sue prospettive, cercando di portare quanta più acqua possibile al proprio mulino. Quello che trovo assurdo è invece l'atteggiamento altalenante della Comunità Internazionale, che disposta a uscire dal vicolo cieco in cui si è trovata (Eulex aspetta di partire ormai da diverso tempo), usa tutti gli strumenti a sua disposizione, spesso anche contraddicendosi. Le reazioni e la chiusura di Pristina ai sei punti possono essere facilmente comprensibili se si presta attenzione al contenuto degli stessi. Questi punti immagino che infastidiscono Pristina perchè, se implementati alla lettera, consentiranno alla Serbia, per le aree kosovare a maggioranza serba, di pronunciarsi su aspetti cruciali della vita quotidiana, dalle dogane, alla polizia locale, alla protezione dei monumenti culturali e religiosi, alle comunicazioni e alle questioni legate all'ordinaria amministrazione che si credevano risolti per sempre. Non sono sicuro se si uscirà presto da quella che sembra una "missione impossibile", ma di sicuro il dispiegamento di Eulex previsto in un primo momento a giugno del 2008, poi spostato a settembre, previsto forse per il 2 dicembre, pare che partirà, su tutto il territorio del Kosovo, nel marzo del 2009. Eulex non credo riuscirà a dispiegarsi il 2 dicembre, ma "non si può nemmeno ritirarla perchè sarebbe una sconfitta" dicono in molti. Non si può nemmeno dispiegarla solo nelle aree albanesi perchè quest'ultimi non l'accetterebbero. Alla fine, quasi sicuramente il 2 dicembre, con basso profilo, si dichiara la partenza della missione in maniera "graduale", iniziando ovviamente nelle aree albanesi ma con promessa che appena pronti i cioccolatini si andrà anche nelle aree serbe.

articolo pubblicato sul sito di carta.org


sabato 4 ottobre 2008

SERBIA HARDCORE


"Eccomi sulla tomba del mio migliore amico. Non mi piacciono i cimiteri, e nemmeno le chiese oppure i fiori. Sono venuto qui per la prima volta, a oltre un anno dall'omicidio. Ho portato una rosa e l'ho deposta sulla lastra di marmo che reca la scritta: Dr. Zoran Djindjic, Presidente del Governo della Repubblica Serba, 1952-2003" dal libro Serbia hardcore.

Mentre le televisioni mostrano nuovamente le immagini di una Belgrado messa a fuoco dalla miccia nazionalista, queste caustiche short stories ci riportano uno spaccato anni '90 made in Beograd, quando tutto il mondo si stupì, ma non troppo, che una grande capitale nel cuore dell'Europa potesse essere bombardata. "Serbia Hardcore" è un diario di guerra dal retrogusto di humor nero che parla di libertà di stampa, di opposizione interna, della strana sensazione di volere la cacciata di Milosevic ma di ritrovarsi nel giardino di casa le bombe di coloro che dovrebbero cacciarlo.
Sono questi i binari entro i quali si muove il nuovo libro di Dusan Velickovic. Il 10 ottobre uscirà in Italia una raccolta di brevi racconti autobiografici attraverso cui il giornalista e scrittore serbo, ripercorre gli ultimi nove anni della storia serba. Dalla guerra in Kosovo all'arresto di Radovan Karadzic.
Vi anticipo qui di seguito alcuni stralci del libro:
"Le bombe sono cadute a poche centinaia di metri da casa, all'angolo delle vie Vardarska e Maksim Gorkij. Una ragazza di vent'anni ha perso la vita. E' stata sepolta con l'abito da sposa, due giorni dopo. Era la trentaseiesima notte dall'inizio dei bombardamenti. Ma l'anno non era il 1984. E non combattevamo contro l'Oceania o l'Eurasia. Semplicemente ci avevamo fatto l'abitudine." Più giù nel libro prosegue dicendo "Quello forse è stato il momento più tragico della nostra storia, ma, paradossalmente, i bombardamenti hanno segnato la fine di un incubo, l'era Milosevic. Pochi mesi dopo centinaia di migliaia di persone sarebbero scese in piazza per chiedere le sue dimissioni. A Belgrado non si era mai vista una cosa di simile".
In un capitolo del libro Velickovic parla anche di Kosovo:
"Continuo a camminare. Dopo pochi passi mi imbatto nel vescovo Amfilohije. Di recente, il vescovo ha definito 'immortale' Karadzic, anch'egli accusato di crimini di guerra e varie atrocità. Ma allora è vero che individui come lui e Mladic sono difesi dalla Chiesa ortodossa? E' la Chiesa a capo della cosiddetta lobby 'anti-Aja'?, più sotto, ancora "Certo, manca la prova che la Chiesa ortodossa abbia protetto i latitanti, ma le affermazioni di certi suoi esponenti, i predicatori della Grande Serbia, indicano un coinvolgimento quanto meno ideologico".
Ricordo che tra i latitanti ci sono ancora Ratko Mladic, il generale dei serbo-bosniaci, che ordinò il massacro di Srebrenica, e Goran Hadzic, l'ex presidente dell'autoproclamata Repubblica Serba della Krajina. A tal proposito, l'autore dice "Non saprei dire nè come nè quando, ma so che verranno catturati presto. Perchè in Serbia credo che i tempi siano davvero cambiati. L'ideologia ultranazionalista sta vivendo le sue ultime ore". Non sono parole di un americano o di qualcuno che conosce i fatti per sentito dire. Dusan Velickovic è una voce critica, autorevole , uno uscito fuori dal branco, lo stesso che è stato rimosso dall'incarico da caporedattore del Nin, il settimanale indipendente schierato contro il regime di Belgrado per non essere stato "meno critico verso il governo". La voce di Velickovic è chiara anche quando, in maniera scomoda per un serbo, si esprime sul Kosovo: "La questione troverà una soluzione adeguata soltanto quando sarà compiuta l'integrazione della regione balcanica nell'UE"
Sin dalle premesse, Serbia Hardcore si presenta come un libro che fa riflettere.

domenica 11 maggio 2008

ELEZIONI SERBE NEL CUORE DEL KOSOVO

Gracanica, nonostante l'indipendenza, si sente Serbia. E alle presidenziali vota in modo opposto al resto del paese



GRACANICA . Giorno importante questo 11 maggio 2008 per la Serbia e i destini del Kosovo. I cittadini serbi –di Serbia e Kosovo- sono alle prese con questa nuova scadenza elettorale per rinnovare il Parlamento e le amministrazioni locali. Una doppia scadenza tutta incentrata su temi legati al destino dell’integrità territoriale della Serbia, al suo futuro e all’inaccettata indipendenza del Kosovo da parte di Belgrado che hanno acceso una campagna elettorale altrimenti poco emozionante. Per il modo in cui sono giunte queste elezioni – dimissioni del governo Kustunica proprio a seguito della recente autoproclamata indipendenza del Kosovo – la partita oggi è stata molto seguita tra i cittadini serbi kosovari. Anche Unmik, seppur ancora in mezzo ai tanti problemi di management venuti a galla dopo i recenti scontri di Mitrovica, si è fatta sentire. E’ da un mese che Joachim Rucker, massimo rappresentante Unmik, dopo una fase iniziale di titubanza e non-decisione, continua a ribadire giorno per giorno che, sebbene i serbi del Kosovo siano considerati idonei a votare per i propri rappresentanti in occasione di questa tornata elettorale -è riconosciuta loro la doppia cittadinanza- lo stesso non può dirsi per le elezioni locali che saranno dichiarate invalide da Unmik non ultimo in quanto, parole del suo capo, “alimentano e rafforzano quelle strutture parallele che Belgrado ha supportato sin dal 1999”. “Elezioni illegali non potranno avere conseguenze legali”, sentenzia Rucker. Basso profilo quindi di Unmik e inesistente presenza di delegati Osce evidente ai seggi di Gracanica. Visibile era invece la presenza di pattuglie Kfor fuori dai seggi e lungo le arterie cittadine.
Nel giorno tanto atteso delle elezioni serbe qui si respirava così un’aria tesa nonchè carica di pioggia in questo piccolo villaggio nel cuore del Kosovo. Situata a pochi chilometri da Pristina, Gracanica conta la più alta concetrazione di serbi kosovari, Mitrovica escusa ovviamente, anche se la città sull’Ibar oggi più di ieri è simbolo della demarcazione politico-territoriale tra Kosovo e Serbia. La piccola comunità di Gracanica è l’espressione più colorita di multietnicità sul suolo kosovaro. Accanto alla popolazione serba vi vivono infatti un ristretto numero di albanesi kosovari, rom e bosniaci. Tuttavia, anche se per lo meno agli occhi di uno straniero non risalta una divisione netta e una duplice immagine della città, come succede invece con Mitrovica, parlare di osmosi tra le varie etnie presenti a Gracanica è sicuramente eccessivo. Proprio qui nel 2004 un diciassettenne, Dimitrije Popovic, venne ucciso da proiettili sparati da una macchina in transito sulla strada principale che attraversa Gracanica e che collega Pristina ad altri centri albanesi. La peculiarità di Gracanica la rendeva oggi importante e carica di significato; poteva renderla anche particolarmente vulnerabile. Infatti se disordini potevano verificarsi oggi in Kosovo in occasione delle elezioni serbe, certo Mitrovica questo 11 maggio sarebbe stata risparmiata. Possibili bersagli da parte di “teppisti” potevano essere invece proprio centri come Gracanica. Fortunatamente così non è stato. Una mattinata calma e tranquilla si è vissuta qui, sia dentro il seggio, affollato sin dalle prime ore del voto, che sulla strada principale, dove autobus e macchine di albanesi kosovari la attraversavano indisturbati e indifferenti. Come prevedibile alta è stata l’affluenza alle urne. Tante le persone che già alle 11.30 di mattina avevano votato, sopratutto persone di mezza età, maggiormente uomini, e particolarmente anziani. I tanti giovani hanno a disposizione l’intero pomeriggio per farlo e sicuramente lo faranno. Visibile è stata anche la presenza di alcuni membri della comunità rom. Giornata importante anche per loro quindi, i quali, decidendo di votare, hanno popolato la scuola sede del seggio, dove le tante signore rom, quasi a sottolineare l’unicità dell’evento, sfoggiavano un’eleganza ed un’accuratezza nell’abbigliamento piuttosto inusuale. Considerando la posta in gioco, ossia le aspettative e il futuro stesso dei cittadini serbi del Kosovo, queste elezioni sono state percepite come molto importanti. Ciò è riflesso oltre che nelle parole della gente, che fuori dai seggi mostrava speranze rimaste inalterate negli anni, nell’alta affluenza ai seggi, sicuramente in controtendenza rispetto al resto della Serbia: l’espressione quasi certa di un voto che sarà radicale.

articolo pubblicato sul sito di carta.org; lettera22.it; peacereporter.net; peacelink.it

KOSOVO: LA VOCE DEL CONIGLIO