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mercoledì 27 luglio 2011

IL NORD KOSOVO: NUOVI SCONTRI, VECCHI PROBLEMI.


Il caso "Nord Kosovo" non solo non è stato mai affrontato seriamente, ma oggi, dopo oltre un decennio, si è trasformato in metastasi.
 
Torna a salire la tenzione nel nord del Kosovo lungo le frontiere 1 e 31, le principali vie di accesso per i cittadini e i prodotti serbi verso l'ex provincia della Serbia. Il motivo anche questa volta è politico ed economico allo stesso tempo. L’incidente sembra essere stato innescato da una disputa sugli scambi commerciali che avvengono lungo il confine. Dalla fine della guerra il Kosovo non ha mai potuto esportare i propri prodotti in Serbia per via di quel "Republika e Kosovës" contenuta sulle merci (la stessa cosa vale per i timbri sui passaporti che bloccano intere famiglie lungo questi confini). Al contrario, però, la Serbia ha sempre esportato grosse quantità di prodotti attraverso il confine kosovaro. Il flusso commerciale si è interrotto lo scorso 20 luglio quando il governo del Kosovo ha vietato l'ingresso dei prodotti provenienti dalla Serbia. Il mercato del Kosovo è fondamentale per la Serbia perché assorbe una fetta importante delle sue esportazioni. Il contrario non si può dire in quanto il Kosovo riesce a fare a meno dei prodotti serbi. Se questo blocco -lungo i confini mai riconosciuti dalla Serbia- è stato il primo serio stop delle merci serbe dal giorno dell'indipendenza del Kosovo, e rappresenta un enorme shock per la Serbia che oggi ha preso coscienza di quanto sia dipendente dalla sue ex provincia, le tensioni, invece, in questa striscia di terra risalgono all'immediato dopoguerra. Proteste, scontri, spari, lancio di granate, gas lacrimogeni, feriti e qualche morto. Il copione è sempre lo stesso. I protagonisti anche. Unmik e i suoi fratelli, che a mio modo di vedere hanno creato il caso "Nord Kosovo", recitano sempre lo stesso ruolo: quello di Fantozzi nel ruolo del finto pompiere. Dal dopoguerra Fantozzi ha diviso la città di Mitrovica letteralmente in due per poterla "gestire meglio", ha consentito il proliferare delle istituzioni parallele serbe, chiuso gli occhi sui traffici e il contrabbando nel nord, permesso ai cittadini serbi di violare la legge sotto i propri occhi. Rideva e si burlava quando sul ponte di Mitrovica vedeva i cittadini serbi cambiare le targhe alle macchine. Fantozzi ha cercato di non scontentare mai nessuno, ma tutte le volte che è scoppiato l'incendio, invece di prendere la pompa dell'acqua prendeva la biro e vestiva i panni del finto diplomatico. Anche questa volta, ovviamente.
 L'ultima letterina di Fantozzi il diplomatico:

UNMIK concerned about the ongoing situation in northern Kosovo
PRISTINA - Robert Sorenson, UNMIK Officer in Charge, expresses his deep concern for the ongoing situation in northern Kosovo and calls upon all parties to refrain from any action which could further exacerbate the situation. UNMIK strongly condemns the violence and believes that dialogue based upon mutual respect is the way forward for resolving issues. “UNMIK stands ready to assist in efforts to calm the situation. We call upon all parties to work with EULEX and KFOR to restore order and resolve issues through discussion and mutual understandings”, Mr. Sorenson said.

venerdì 7 gennaio 2011

MITROVICA DO BRASIL


E' definita la Berlino dei Balcani, il luogo dove è tangibile la divisione della città tagliata in due da un muro invisibile, ma altrettanto invalicabile, come il fiume Ibar. Conosciuta come Mitrovica, il suo nome cambia a seconda che sia un serbo a pronunciarlo (Kosovska Mitrovica) o un albanese (Mitrovicë). Mitrovica è diventata dal dopoguerra in poi la città simbolo dell'odio etnico tra serbi ed albanesi, una cittadina che ha conosciuto, in diverse occasioni, accesi scontri tra queste due principali etnie.  L'ex polo minerario della Repubblica di Jugoslavia spesso finisce sulle prime pagine dei giornali per le rivolte di cui si rende protagonista, per i traffici illeciti da e con la vicina Serbia e il Montenegro. Sempre la prima in classifica per vicende negative e mai per buoni propositi, vorrei ricordarla, adesso, per le potenzialità dei suoi giovani.  Con poco meno di centomila abitanti (20 mila serbi e 80 mila albanesi) la sola cittadina di Mitrovica conta ben cinque giovani professionisti del pallone che hanno militato o militano in famosi clubs europei (Milan Milanović, Riza LushtaMiloš KrasićValon BehramiNikola Lazetić). Forse qualche altro nome mi sarà sfuggito, ma sicuramente già con una media del genere Mitrovica andrebbe ricordata per questo caso abbastanza singolare e riconosciuta in tutto il mondo con il nome di MITROVICA DO BRASIL.


giovedì 4 novembre 2010

VETEVENDOSJE: IL MOVIMENTO CHE VUOLE DIVENTARE UN PARTITO


Lo scorso 28 ottobre la direzione del movimento Vetevendosje (autodeterminazione, in lingua albanese) ha presentato il suo programma politico.

"Vetevendosje ha sempre lavorato dal di fuori delle istituzioni perchè non vuole omologarsi nè restare schiacciato dai pesci più grossi che dimorano nei palazzi del governo". E' passato meno di un anno da quando Albin Kurti, leader del movimento, ha rilasciato queste dichiarazioni e Vetevendosje ha deciso di cambiare pelle e trasformarsi in partito politico. Il programma presentato la settimana scorsa ha due priorità fondamentali: la costruzione dello stato e lo sviluppo socio-economico. Lo state building è inteso come soggettività, democrazia, giustizia e cittadinanza, mentre lo sviluppo socio-economico nelle intenzioni di Albin Kurti deve includere la creazione delle capacità produttive e un'equa redistribuzione della ricchezza per aumentare il benessere. Il programma si compone di 100 articoli (consultabile qui in lingua albanese) che contengono i principi e le priorità del movimento Vetevendosje. Al centro di quello che definiscono "stato attivo sovrano" c'è il popolo, fonte della sovranità. La presenza internazionale, con le loro tante agenzie, da sempre percepite dal movimento come macchina sperperatrice di denaro e corruzione, può continuare ad operare "a condizione che lavori in partenariato con il Kosovo, come stato sovrano, così come avviene negli altri paesi". Nel manifesto politico non mancano i richiami albanofobi e populisti: "Questo stato sovrano riconosce la Costituzione come lotta del popolo kosovaro-albanese per la libertà".  L'identità dello Stato, secondo la concezione di Vetevendosje, viene espressa dai simboli dell'identità nazionale albanese. Quello che potrebbe, però, creare non poche discussioni e risvegliare antichi fantasmi è la parte del documento che afferma "il Kosovo avrà il diritto di unirsi pacificamente e di concerto con l'Albania attraverso un referendum, qualora le rispettive popolazioni si esprimessero in tal senso". Inutile dire che "in tutto il territorio del Kosovo saranno garantiti i diritti umani fondamentali, quelli delle varie minoranze nazionali, religiose e culturali". Altro passaggio importante che viene menzionato nel programma-propaganda è quello che riguarda "i crimini commessi durante l'ultima guerra, la criminalità organizzata e le violazioni della sovranità da parte della Serbia con le sue illegali strutture parallele". L'opposizione "all'autoritarismo di Unmik", da sempre bersaglio di Vetevendosje, e la spinosa questione del nord del paese, si materializzano nel programma: "provvederemo a rimuovere il piano Ahtisaari che divide il Kosovo su base etnica e sostituire questo decentramento con un altro sistema basato sui diritti e i bisogni dei cittadini, rafforzando il potere di controllo del governo locale". E ancora "Siamo impegnati a rimuovere le strutture parallele della Serbia e stabilire il controllo delle frontiere al gate 1 e 31, nella parte settentrionale del paese. Restiamo contrari a qualsiasi tipo di statuto speciale per il nord del Kosovo. Abbiamo intenzione di investire nel rilancio della capacità industriale di Mitrovica, al fine di creare posti di lavoro e aumentare il benessere della gente". Tutela dei diritti umani, della proprietà, misure economiche, sviluppo, difesa militare, welfare, istruzione, politica estera e integrazione UE, non manca proprio nulla e tutto sembra filare liscio. Peccato che l'unica nota fuori luogo sia proprio questo manifesto politico.


domenica 4 luglio 2010

RETROSCENA DIETRO LA BOMBA ESPLOSA A MITROVICA


L'ennesima protesta nel nord di Mitrovica ha lasciato a terra il morto. Non sono ancora chiare le dinamiche di quella che oggi viene definita " una misteriosa bomba" nè chi sia l'artefice, ma un dato certo e che una persona è  stata uccisa e altre undici sono rimaste ferite. Lo scopo della protesta, questa volta, era quello di esprimere tutta la contrarietà dei serbi alle decisioni del governo kosovaro, colpevole agli occhi dei manifestanti di voler aprire nel quartiere "cuscinetto" del Bosnian Mahalla un ufficio per i servizi sociali del governo centrale.  Non ci sono altri dettagli al riguardo, ma, a caldo, vorrei provare a ragionare su quei pochi elementi disponibili. Il Bosnian Mahalla è un quartiere multietnico di Mitrovica, una striscia di terra "grigia" contesa  tra serbi e albanesi. In questo limbo di terra le due principali etnie entrano in contatto, spesso fanno affari, alcune volte meno. Se si vuole misurare la tensione e gli stati febbrili delle loro relazioni nel paese, bisogna  misurare il livello di mercurio registrato nel Bosnian Mahalla. Accanto a serbi e albanesi, nel quartiere vivono montenegrini, rom, croati e bosniaci. Anche qualche gorano. Il Bosnian Mahalla è il quartiere simbolo della demarcazione territoriale. Quella serba è ben visibile. Qui, da diversi anni è stato istituito il quartiere generale del Ministero per il Kosovo e Methojia. Delle poche attività commerciali presenti una buona maggioranza sono albanesi. Non c'è traccia, invece, delle istituzioni del Kosovo. In questo quartiere di Mitrovica il governo di Pristina aveva pensato di istituire il primo ufficio del governo. Una scelta legittima e strategica del governo kosovaro che non ha tenuto in debita considerazione gli effetti che si sarebbero potuti verificare, consideratane la vischiosità del posto e la sua potenziale pericolosità. Mettere radici politico-istituzionali qui, al nord dell'Ibar, significa essere legittimati a governare anche in quella parte di Kosovo da sempre fuori il controllo albanese. Si può facilmente intuire che una proposta del genere, se attuata, farebbe crollare in un baleno i dieci anni di ferrea resistenza serba. Alla luce dei pochi elementi che ci sono, pare assurdo e illogico affermare che la mano albanese e filogovernativa abbia confezionato questa bomba. Quale beneficio ne avrebbero tratto gli albanesi? Nessuno. Alcuni distinguo bisogna farli con l'opposizione dell'enigmatico Haradinaj che sta tentando tutte le strade pur di indebolire l'acerrimo nemico, nonchè Presidente del Consiglio, Thaci. Quest'ultimo viene ripetutamente accusato dall'opposizione di aver lasciato il nord del Kosovo nelle mani dei serbi e le sue frontiere alla mercè dei trafficanti. L'istituzione di un ufficio  del governo nel nord del Kosovo sarebbe stato interpretato come un indiscusso successo di Thaci, rendendo, altresì, vane le aspettative del maggiore leader dell'opposizione. Tuttavia, una regia di Haradinaj e dei suoi uomini dientro questa bomba mi pare improbabile se si tiene conto sia delle dinamiche dell'accaduto che di un altro evento che in questi giorni sta interessando le diplomazie occidentali: l'idea di uno scambio di territori tra il Kosovo e la Serbia. Mentre le indagini stanno procedendo appare sempre più evidente che la bomba a mano sia esplosa nel mezzo dei circa mille manifestanti. Per questi motivi credo che i responsabili debbano essere ricercati da tutt'altra parte, tra quanti non sono disposti a cedere politicamente quest'ultimo baluardo serbo nel Kosovo e ne alimentano l'instabilità del paese.

sabato 3 luglio 2010

COMUNICATO DELL'SRSG SULLA BOMBA ESPLOSA A MITROVICA

Comunicato stampa del Rappresentante Speciale del Segretario Generale ONU (SRSG) Lamberto Zannier.

Non sono ancora chiare le dinamiche di quella che oggi viene definita "misteriosa bomba" nè chi sia l'artefice, ma un dato certo e che una persona è  stata uccisa e altre undici sono rimaste ferite. Lo scopo della protesta, questa volta, era quello di esprimere tutta la contrarietà dei serbi alle decisioni del governo kosovaro, colpevole agli occhi dei manifestanti di voler aprire nel quartiere "cuscinetto" del Bosnian Mahala un ufficio del governo centrale.

SRSG deeply concerned over explosion in Mitrovica yesterday, calls on all sides to remain calm and for a rapid conclusion of the police investigation.
Special Representative of the Secretary-General (SRSG) Lamberto Zannier expressed his deep concern over the violence that occurred in Mitrovica yesterday and regrettably led to the death of one person. He offered his heartfelt condolences to the family of the victim of such unjustified violence. The SRSG called on all sides to refrain from provocative statements and to remain calm as the incidents yesterday are investigated. He fully expects all competent law enforcement authorities to take urgent measures to bring the perpetrators to justice. In this context, the SRSG recalled the concern expressed by UN Secretary-General Ban Ki-moon in his latest report to the UN Security Council over the risk of tensions in northern Kosovo and his call for progress based on transparency and dialogue with local communities and all relevant stakeholders. Condemnation of extremism and a long-term commitment to peaceful dialogue is a necessary condition for all communities in Kosovo to live side by side in peace.

martedì 29 giugno 2010

LA SCIOCCA IDEA DELLA DIVISIONE TERRITORIALE DEL KOSOVO

Sembrava essere soltanto una provocazione, invece, pare stia prendendo sempre più corpo l'idea di uno scambio di territori tra il Kosovo e la Serbia per risolvere l'affannosa questione venutasi a creare dopo la guerra tra i due paesi. L'idea, forse nata proprio a Belgrado, è iniziata a circolare all'interno di ambienti politici serbi ed ha trovato il sostegno di qualche autorevole istituzione internazionale. Lo scambio dei territori, quasi si trattasse dell'equa ripartizione di un numero pari di cioccolatini, riguarda la divisione del nord del Kosovo, zona a maggioranza serba, che dovrebbe passare alla Serbia, in cambio dei territori serbi di Presevo, abitati prevalentemente da albanesi, che dovrebbero essere ceduti al Kosovo. Di tutte le idee pensate  e/o attuate dal 1999 in poi (inclusa la netta divisione in due della città di Mitrovica per evitare problemi di ordine pubblico ed assicurare, così, tranquillità alle forze militari internazionali) questa mi pare la più sciocca che potesse essere partorita. Se pensare simili cose è lecito, lavorare per attuare quello che sembra essere uno stolto disegno è a dir poco diabolico. Come se la storia del post-colonialismo e dei rettangoli etnici di matrice occidentale non ci avessero insegnato nulla, oggi, dopo le guerre di odio etnico scoppiate nei Balcani e le successive divisioni, si vuole proporre una ripartizione territoriale per superare lo scoglio che attanaglia il Kosovo e la sua ex madrepatria. Certi di non poter rivedere indietro la ex provincia serba, consapevoli dell'indipendenza del Kosovo (17 febbraio 2008), Belgrado sta facendo di tutto, con l'orgoglio che sempre lo contraddistingue, pur di salvarsi la faccia e poter dire ai suoi cittadini che la partita con il Kosovo non è ancora persa. Ma questa può essere definita una mossa -non dico giusta o corretta per Belgado-  vincente? Temo che quest'ennesimo abbaglio tattico-diplomatico della Serbia possa essere controproducente per se stessa e per le istituzioni internazionali che lavorano lì, convinto, inoltre, che una "baggianata" del genere potrebbe avere immediate ripercussioni nei Balcani qualora venisse messa in atto. Cosa succederà se la ripartizione dei territori tra Serbia e Kosovo sarà presto attuata? Ci si è chiesto cosa potrebbe succedere in Bosnia, Albania, Macedonia o la stessa Serbia del nord con la Vojvodina? Se l'intento è quello di destabilizzare i Balcani, indebolendo irrimediabilmente l'Europa, non esiste migliore autostrada della divisione del Kosovo. Ricordiamoci però che è da lì che sono iniziate le prime scintille di odio. E' da lì che si sono concluse le atroci guerre nei Balcani. E' sempre dal Kosovo che  tutto potrebbe nuovamente ripartire.

giovedì 18 febbraio 2010

IL KOSOVO DUE ANNI DOPO L'INDIPENDENZA.

INTERVISTA ALL'AMBASCIATORE ITALIANO MICHAEL L. GIFFONI

Una lucida analisi sui problemi, le prospettive e le contraddizioni della situazione interna del Kosovo. Intervista di Roberto Spagnoli di Radio Radicale all'Ambasciatore Giffoni.



www.radioradicale.it

giovedì 4 febbraio 2010

DIPLOMAZIA DEL CAMPO

La situazione a Mitrovica, rispetto al resto delle cittadine abitate dai serbi a sud del fiume Ibar, è ben diversa e più complicata, anche perchè Belgrado mantiene delle proprie strutture di governo parallele; motivo per il quale non si è potuto votare nelle recenti elezioni locali. Qui serve una "diplomazia del campo", suggerisce l'ambasciatore italiano a Pristina, Michael Giffoni, in veste di political facilitator e di promotore del dialogo con le comunità nel nord del paese balcanico: una diplomazia, cioè, che "smitizzi" la definizione dello status, abbandoni l'ideologia e si concentri sulle necessità concrete della popolazione. "A Gracanica, per esempio, sotolinea l'ambasciatore, la comunità serba ha capito che non solo è meglio partecipare alla vita politica, ma anche indirizzarla. Per questo qui ha votato più del 30% dei serbi''

domenica 24 gennaio 2010

RAPPORTO TRIMESTRALE ONU SUL KOSOVO


Il 22 gennaio il Consiglio di Sicurezza dell’Onu si è riunito per discutere sulla situazione del Kosovo. I quindici membri del massimo organo delle Nazioni Unite sono stati chiamati a discutere l’ultima relazione trimestrale del segretario generale Ban Ki-moon. Il rapporto ricopre le attività svolte da UNMIK e gli sviluppi compiuti tra il 16 settembre e il 15 dicembre 2009.
Nel testo il segretario dell'ONU sottolinea come la strategia di UNMIK resti la promozione della sicurezza, la stabilità e il rispetto dei diritti umani in Kosovo e nella regione, in collaborazione con tutte le comunità in Kosovo, così come con Pristina e Belgrado e con gli attori regionali e internazionali. "Durante questo periodo, UNMIK ha continuato a sostenere le varie comunità minoritarie, per promuovere la riconciliazione e per facilitare il dialogo e la cooperazione regionale" è riportato nella relazione. L'invito di Ban Ki-moon sembrerebbe quello di convincere Belgrado e Pristina a lasciare da parte la questione dello status del Kosovo per concentrarsi sulla cooperazione regionale.
Nella parte relativa al contesto politico sono state esposte le tappe più significative: la discussione della legittimità o meno presso la Corte Internazionale di Giustizia, l'approvazione del budget per il 2010 (1.46 miliardi di euro), il riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo da parte di 64 stati e l'esito delle recenti elezioni amministrative, le prime dopo l'indipendenza, secondo quanto previsto dal Piano Ahtisaari. UNMIK resta coinvolta, continua la relazione, "a favorire l'impegno di tutte le parti, al fine di trovare soluzioni pratiche ai problemi di reciproco interesse. Nonostante la collaborazione con tutte le parti, l'accordo si è rivelato difficile in settori come la giustizia, le dogane e il patrimonio culturale". Un intero paragrafo, il IV, è dedicato alla questione del nord del Kosovo. Il rapporto riporta che "l'Ufficio UNMIK di Mitrovica ha continuato a funzionare come facilitatore e arbitro nei rapporti tra i leader locali serbi e la comunità albanese del nord del Kosovo. La presenza della Missione ha fornito ai serbi del Kosovo un canale di comunicazione, quando richiesto, con le autorità di Pristina. UNMIK ha funto anche come un ponte tra EULEX e i leader politici locali, alcuni dei quali ancora si rifiutano, anche se non così violentemente come prima, di comunicare direttamente con EULEX". E ancora "sviluppi positivi sono evidenti per quel che riguarda il ritorno degli albanesi del Kosovo nel quartiere di Kroi i Vitakut/Brdjani -nella parte settentrionale di Mitrovica- che è stato teatro di violenze durante i mesi estivi".
E' stato altresì affrontato il delicato problema della fornitura di energia elettrica nel nord, le cui tensioni emerse hanno richiamato l'attenzione del pubblico. "Consultazioni operative tra Kosovo Energy Corporation e l'Electric Power Industry della Serbia sono in corso al fine di trovare una soddisfacente soluzione a lungo termine, in assenza della quale la possibilità per l'instabilità rimane" viene riportato nel testo.
L'intero rapporto che nelle sue 18 pagine riporta le osservazioni del Rappresentante Speciale del Segretario dell'ONU in Kosovo, Lamberto Zannier, la relazione dell'Alto Rappresentante dell'Unione Europea sulle attività di EULEX, contiene anche riflessioni sui diritti umani, i rientri delle minoranze (il numero dei rientri è rimasto molto basso, nonostante gli sforzi di tutte le parti per incoraggiarli), la salvaguardia del patrimonio religioso e culturale, (durante il periodo di riferimento, molti siti del patrimonio culturale e religioso serbo sono stati colpiti da atti vandalici), il rispetto della legge (un numero crescente di serbi del Kosovo hanno chiesto - e molti hanno già ricevuto - carte d'identità del Kosovo e altri documenti di stato civile) la sicurezza (la situazione complessiva della sicurezza è rimasta relativamente calma, ma potenzialmente fragile), le elezioni e le politiche del decentramento.

Il testo, in lingua inglese è consultabile nel sito del Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

lunedì 11 gennaio 2010

MITROVICA E I CRONICI PROBLEMI A NORD DEL KOSOVO

In Kosovo il nuovo anno è iniziato nel modo più scontato e prevedibile. I giorni a cavallo tra il 2009 e il 2010 sono stati cadenzati da una serie di eventi che hanno spinto la Comunità Internazionale e le istituzioni kosovare a dover intervenire, ognuna dalla propria angolatura, sulle questioni cruciali che da sempre attanagliano il paese. Ricordiamo che nelle ultime tre settimane, il clima è diventato sempre più teso. Bombette, che non avevano nulla a che fare con quelle natalizie, sparatorie e risse, hanno fatto da sfondo al grigio autunno kosovaro. I motivi sempre gli stessi: amministrazione del territorio, riconoscimento dell'indipendenza o meno, gestione delle frontiere a nord del paese. E' molto probabile che a maggio, come auspicano i rappresentanti di ICO, si terranno le elezioni locali nella parte nord di Mitrovica. Da questo angolo di visuale, alzare l'attenzione e radicalizzare gli scontri servirebbe a qualcuno per compattare la comunità serba di Mitrovica, in vista, appunto, delle elezioni locali e di una probabile risoluzione dei problemi politico-amministrativi alle frontiere con la Serbia (che non possono più essere posticipati nè sottovalutati dalla Comunità Internazionale).


Le istituzioni locali di Pristina, invece, sul terreno delle frontiere, della legalità e del pagamento delle tasse per le merci che entrano in Kosovo, stanno facendo i conti con le pressioni crescenti dell'opposizione capeggiata da Ramush Haradinaj. Per l'opposizione, che trova sempre più consenso tra i cittadini, il nord del Kosovo non è ancora integrato con il resto del paese e il governo di Pristina non ha ancora una chiara strategia d'azione. Le istituzioni kosovare non sono pronte nè capaci di dispiegare le forze di polizia, dissolvere le strutture parallele serbe o semplicemente estendere la loro autorità nel nord come nel resto del paese. Nel nord del Kosovo la legge e la diplomazia fanno a pugni con una realtà difficile. Per i serbi, giustamente, è ancora in vigore la risoluzione ONU 1244 in forza della quale il Kosovo è riconosciuto come una provincia della Serbia, per gli albanesi, invece, l'intero territorio kosovaro deve essere sotto il potere e controllo delle autorità del nuovo stato indipendente. Come sempre, tra questi due fuochi dovrà intervenire la Comunità Internazionale, ed Eulex in particolar modo. In merito alla spinosa questione di Mitrovica e del nord del Paese ne abbiamo parlato con l'Ambasciatore Michael L. Giffoni che è anche political facilitator tra UE e la parte nord del Kosovo.

giovedì 24 dicembre 2009

POSTCARDS FROM MITROVICA

Da Mitrovica, la città più problematica del Kosovo, una sequenza fotografica di Alessandro Grassani. Immagini sospese nel tempo, che sembrano non avere età, ma racchiudono, proprio per questo, l'essenza più profonda della città.

Il fotografo Alessandro Grassani, nato a Pavia nel 1977, si diploma in fotografia all'Istituto Riccardo Bauer di Milano (ex Umanitaria). Inizia lavorando come fotografo nel settore pubblicitario, ma presto la sua attenzione si sposta verso importanti temi internazionali di attualità che negli anni lo portano in giro per il mondo alla ricerca di "storie" da raccontare. Da poco rientrato dal Kosovo ci mostra uno squarcio suggestivo di Mitrovica. (i commenti sono del sottoscritto)


Nella parte sud di Mitrovica, nella piazzetta centrale a ridosso della moschea, la quotidianità è cadenzata da eventi sempre uguali e grigi (gente al mercato a vendere o comprare latte e verdura fresca, tassisti che aspettano al freddo i loro clienti), se non fosse che,


un gruppo di militari della Kfor, nello svolgere operazioni di perlustrazione, stravolge questa monotonia. La gente sembra non prestare caso alla "parata" che pare riportarci a luoghi più tristemente noti.
Sul ponte simbolo di Mitrovica, lo spartiacque tra il nord e il sud, i controlli della locale forza di polizia sono a loro volta monitorati dai supervisors internazionali.



A nord della città, nella parte abitata dai serbi, è in corso una manifestazione politica.


Qui volti, bandiere e aspettative sono diversi, molto diversi rispetto all'altra metà di Mitrovica.


Guarda il sito di Alessandro Grassani

lunedì 16 novembre 2009

LE ELEZIONI IN KOSOVO: TUTTI DICHIARANO VITTORIA


Le elezioni locali di ieri 15 novembre si sono svolte in un clima di tranquillità. Non sono stati riportati incidenti nei seggi elettorali sparsi in tutto il Kosovo ad esclusione della parte settentrionale a maggioranza serba, dove le elezioni sono state boicottate. Come avviene un po' ovunque, l'euforia delle prime ore successive alla chiusura dei seggi ha spinto i principali partiti a sostenere ognuno la propria vittoria. E' ancora presto per sapere i risultati precisi comune per comune, ma, di sicuro, chi assapora già un'importante vittoria è la Lega Democratica del Kosovo, LDK, che ieri sera ha festeggiato nelle strade di Pristina la riconferma del suo candidato, il sindaco Isa Mustafa, che ha ottenuto il 57 per cento delle preferenze. La città di Pristina non andrà al ballottaggio. Per gli altri comuni, i cui candidati non hanno superato il 50% più uno dei voti, si andrà al secondo turno previsto per il 13 Dicembre. L'affluenza alle urne, secondo la Commissione Centrale Elettorale (CEC), avrebbe superato il 45% degli elettori. Un'affluenza bassa se analizzata secondo i canoni occidentali, ma certamente superiore rispetto al 40% raggiunta alle elezioni del 2007. Altra certezza che merita di essere commentata è la significativa partecipazione della comunità serba a queste elezioni. Nei principali centri a maggioranza serba l'affluenza è stata superiore alle tiepide previsioni, ovvero del 24% a Gracanica, del 31 a Strpce, 14 a Ranilug e del 25 a Kllokot. Questi numeri sono molto significativi ed importanti, risultati che non si erano mai visti (dal 2000 in poi, ovviamente). Cifre in netto contrasto con quanto è avvenuto nel nord del Kosovo, dove gli elettori serbi sono stati del tutto inesistenti, ovvero lo 0,83% a Leposavic, il 6,64% a Zubin Potok e lo 0,75 a Zvecan. L'elemento triste e insieme preoccupante sta proprio nella forbice dei partecipanti, che rispecchiano due diversi approcci nel modo di intendere la partecipazione nelle istituzioni del Kosovo. Il buon risultato ottenuto nelle municipalità a maggioranza serba aprirà, indubbiamente, la strada ad un'attiva partecipazione della comunità serba alla vita politica, economica, sociale nelle proprie comunità. Un percorso nuovo e di rottura con la vecchia logica del boicottaggio e della chiusura imposta da Mitrovica via Belgrado che costituirà elemento di discussione, all'interno della comunità serba del Kosovo, nei mesi a venire.


giovedì 12 novembre 2009

10 ANNI FA L'INCIDENTE AEREO DEL PAM DIRETTO IN KOSOVO. 24 PERSONE A BORDO. TRA LORO ANCHE LAURA SCOTTI

"Non so cos'abbia questo paese. La gente mi ha catturato, i bambini mi hanno stregato. E non lasciano i miei pensieri..chissà. Però, che bello. Ho trovato la mia strada. E' stata la scelta giusta, oggi posso dirlo. Mai mi sono sentita immersa nel mondo come da quando lavoro in Kosovo. Posso toccare la vita, la osservo da vicino, partecipo del destino di qualcuno, dei bambini" Pensiero di Laura Scotti da I 189 giorni di Laura.

Sono passati dieci anni da quel venerdì 12 novembre quando l'Atr42, partito dall'aeroporto Ciampino di Roma e diretto in Kosovo, intorno alle 11.15, scomparve dai radar. Dopo una giornata di attese e ricerche i rottami dell'aereo vennero ritrovati sulle alture nei pressi di Mitrovica. In quell'incidente aereo persero la vita 24 persone di cui 12 italiani. Tra loro c'era anche Laura Scotti.
La prima giornata della Conferenza Internazionale sul Kosovo in programma a Roma dal 4 al 6 novembre è stata l'occasione per incontrare e ascoltare Francesca Mineo, autrice de "I 189 giorni di Laura", un libro che si legge tutto di un fiato, velocemente, proprio come è stata l'esperienza della protagonista, Laura Scotti. Un'esperienza, la sua, che ha lasciato impressi nella mente dei bimbi di allora ricordi che oggi vengono raccontati dai diretti protagonisti e raccolti in questo splendido libro. Francesca Mineo, pur descrivendo il Kosovo ai tempi di Laura, una terra martoriata dalla guerra da poco conclusasi, non si addentra nella farraginosità della politica, ma descrive eventi ancora più alti, perchè parla di quelle che sono le vere vittime delle guerre, i civili e i loro bambini e lo fa ricostruendo e ripercorrendo le giornate di Laura in Kosovo. Il libro, che racconta la passione, il lavoro senza orari, la determinazione, la simbiosi con i locali, le difficoltà del posto, le paure di Laura, mette in luce il carattere forte di una donna che rinuncia alle comodità di Milano per servire chi soffre, ma è allo stesso tempo un inno alla figura del cooperante in generale. Dietro la figura di Laura ci sono migliaia di giovani che vi si possono riconoscere, che hanno fatto e continuano a fare queste esperienze significative un po' ovunque nei paesi in via di sviluppo.


martedì 10 novembre 2009

LE ELEZIONI LOCALI DEL 15 NOVEMBRE IN KOSOVO

Calde giornate autunnali e fermento attorno ai palazzi comunali delle principali città è ciò che si nota maggiormente arrivando in questi giorni in Kosovo. Tra meno di una settimana, il 15 novembre, gli elettori saranno chiamati a votare i propri rappresentanti in quelle che sono le prime elezioni locali da quando il Kosovo ha proclamato la sua indipendenza, il 17 febbraio 2008.

Alle elezioni del 15 novembre verranno scelti i sindaci e i delegati delle assemblee di 33 municipalità, che dureranno in carica per i prossimi quattro anni. Sono più di settanta i partiti che si sono registrati per partecipare. Di questi, 23 sono soggetti politici serbi. Sono in tanti d'altronde a pensare che un numero discreto di elettori serbi andranno a votare; oltre il 20% dei possibili votanti, molti kosovari sono pronti a scommettere. Questo timido passo in avanti della comunità serba è uno degli elementi di novità di queste elezioni, contrassegnato, però, da spaccature tra coloro che, concentrati maggiormente a Mitrovica nord, insistono per la linea dura e il boicottaggio delle "illegittime istituzioni del Kosovo", e quanti, dislocati soprattutto nel sud del Kosovo, preferiscono cercare di migliorare la loro situazione da dentro le istituzioni locali. La spinta al voto serbo è legata al Piano Ahtisaari ed in particolare all'istituzione di tre nuove municipalità (Gracanica, Klokot e Ranilug) e una quarta municipalità allargata (Novo Brdo). Si tratta di municipalità a maggioranza serba e ciò potrebbe favorire questa comunità nel processo di decentramento e insieme di democratizzazione del Kosovo. Sostantivi, questi ultimi, che non piacciono per niente ai serbi del nord del Kosovo. Per loro partecipare a queste elezioni significherebbe riconoscere pienamente la legittimità delle istituzioni del Kosovo. Niet assoluto arriva, quindi, dalla roccaforte serba di Mitrovica. Dal cuore politico di Pristina, invece, queste elezioni hanno tutta l'aria di essere un importante test per il governo e le principali forze di opposizione. A nulla sono servite le pressioni di Ramush Haradinaj, leader del partito AAK, che chiedeva le dimissioni del governo e insieme nuove elezioni, come, d'altra parte, era espressamente previsto dal Pacchetto Ahtisaari. Insieme alle elezioni locali, si dovevano tenere anche quelle governative. Il governo Thaci però ha resistito. Ma questo turno elettorale rimanderà solo di poco la prossima sfida elettorale per la poltrona di primo ministro. Il 15 Novembre si affileranno già le armi.



Questo fine settimana si chiuderà una lunga campagna elettorale, iniziata ben prima del 15 Ottobre, inizio consentito per legge. Il lancio ufficiale della campagna elettorale sia da parte del Partito democratico del Kosovo (PDK), guidato da Hashim Thaçi, che del partito di opposizione, Alleanza per il Futuro del Kosovo (AAK), guidato dall'ex primo ministro Ramush Haradinaj, è avvenuto infatti subito dopo l'estate, attraverso spot televisivi, manifesti e cartelloni pubblicitari. E' stata una campagna elettorale costosa che non ha risparmiato neanche un piccolo angolo di muro dai faccioni dei vari politici. Sono state, in effetti, elezioni locali solo sulla carta, perchè gli stessi leader dei partiti nazionali sono scesi direttamente in campo, impegnandosi più di tutti nella promozione di questo o quel candidato. Ovunque, ma sopratutto nelle piazze cittadine, erano appesi poster elettorali, striscioni e gigantografie di Thaci o Haradinaj, a fianco dei candidati a sindaco. Non si sono visti gli aeroplani sorvolare Pristina, ma di sicuro, in questa campagna elettorale, non sono mancati mega schermi posizionati sopra camion presi a noleggio per sponsorizzare i vari candidati. In un paese dove molte famiglie vivono sotto la soglia di povertà, si fa fatica a capire come mai si riescono a sprecare tantissimi soldi dei contribuenti in queste cose. E' questo uno dei motivi principali della disaffezione dei cittadini del Kosovo alla politica. Sono in molti, infatti, coloro che ricollegano le spese della politica agli affari che ci sono dietro, i cui effetti percepibili sono gli alti livelli di corruzione della classe politica e l'inattività del governo attuale, che non ha fatto nulla per adottare provvedimenti contro la criminalità organizzata e per migliorare il tenore di vita della gente comune. Il sempre più blando controllo di UNMIK e della comunità internazionale sui principali organi di potere sembra stia spingendo la classe poltica kosovara a vedere nella politica un pozzo senza fondo da cui sottrarre i soldi pubblici. Sotto quest'ottica di accentramento del potere si sta verificando un massiccio controllo da parte delle élite di governo sui principali mass media. Lo storico direttore della televisione pubblica è stato costretto a dimettersi dal suo incarico, ed anche i vertici e i direttori del colosso PTK, le Poste del Kosovo, sono stati azzerati. Ad ogni modo, le prossime elezioni saranno di grande importanza non solo per lo sviluppo locale e il miglioramento del tenore di vita dei kosovari, ma anche per la qualità della battaglia tra i candidati, le cui idee e programmi hanno assunto una visibilità ben maggiore che in passato, quando si votavano liste bloccate e preparate a tavolino dalle autorità di partito. Oggi l'elettore può scegliersi il referente politico che ritiene più valido, motivo per il quale ogni singolo candidato si gioca la sua credibilità sulla serietà del suo programma e delle sue idee. Gli elementi di novità, come l'istituzione di nuove municipalità a maggioranza serba e il nuovo sistema elettorale, potranno forse essere l'inizio di un nuovo modo di intendere la politica. La trasformazione che potrebbe partire dal basso ha comunque bisogno della necessaria certificazione della partecipazione popolare, che dovrebbe abbondantemente superare il più basso risultato raggiunto nel 2007 con il 40% degli aventi diritto. Ma bastano questi mutamenti per il necessario cambio di rotta delle istituzioni centrali?

martedì 20 ottobre 2009

I TRE PUNTI DELL'AMBASCIATORE GIFFONI E LE PRETESE DEI SERBI DEL KOSOVO


L'ambasciatore italiano in Kosovo, Michael L. Giffoni, recentemente nominato inviato dell'UE per il nord del Kosovo, in un intervista apparsa oggi sul giornale kosovaro l'Express afferma di volersi concentrare su tre differenti approcci per aumentare la presenza dell'UE nel nord del Kosovo. L'Ambasciatore Giffoni ha detto che il primo approccio consiste nell'installare una presenza efficace, nella zona a nord, delle istituzioni dell'UE che operano in Kosovo e di tutte le altre. "Con il secondo step si dovrebbe intervenire nelle zone in cui la popolazione locale ha bisogno di un supporto esterno per risolvere i problemi più urgenti", ha detto Giffoni, mentre il terzo approccio riguarda la promozione e il rafforzamento dei valori propri dell'UE. "Cercherò di parlare a tutti per rendere chiaro cosa significhi concretamente l'impegno dell'UE sul terreno", ha sottolineato l'Ambasciaotore Giffoni. Bisogna constatare che i punti esposti dall'Ambasciatore, per quanto condivisibi, sono difficilmente armonizzabili con la visione che i serbi hanno in merito alla missione europea. Stando a quanto riportato sempre oggi da Rinascita Balcanica "I rappresentanti dell'Assemblea dell'associazione dei comuni del Kosovo e Metohija, hanno consegnato al Presidente Boris Tadic una petizione firmata da 48.373 serbi del Kosovo per chiedere il ritiro della missione Eulex dalla provincia. Una copia della petizione è stata inviata anche all'Ambasciata russa, affinchè la presenti al Presidente russo Dmitri Medvedev nel corso della sua visita a Belgrado. La missione, stando al testo del documento, viene considerata come non neutrale perchè sta lavorando sul rafforzamento di un Kosovo indipendente. "Con questa petizione chiediamo al Presidente della Serbia di ammettere un errore e di annullare l'ospitalità e la collaborazione con Eulex, perchè si adopera per rafforzare l'indipendenza del 'Kosovo", afferma il presidente dell'Associazione dei comuni, Radovan Nicic".

Nelle settimane scorse avevo previsto l'avvio di un autunno caldo per il Kosovo, ma, ad oggi, mi risulta difficile sapere quanto caldo sarà!

lunedì 21 settembre 2009

L'AUTUNNO CALDO DEL KOSOVO


Nei dieci mesi trascorsi dal dispiegamento ufficiale della missione europea, i rapporti tra Eulex (la Missione della EU) e le autorità kosovare sono stati segnati da un clima di sostanziale collaborazione, anche se non sono mancate le tensioni ancor prima del suo dispiegamento sul terreno: mi riferisco all’esplosione avvenuta a Pristina presso la sede dell’I.C.O. (International Civilian Office). Era la notte del 14 novembre dell’anno scorso quando tre tedeschi vennero colti sul luogo dell’attentato ed accusati di essere gli artefici. A far crescere la tensione nei mesi a noi più vicini è stata l'intenzione di Eulex, annunciata ad inizio agosto, di firmare un accordo con Belgrado per facilitare la collaborazione tra i rispettivi organi di polizia. Per Eulex l’accordo è di vitale importanza, un’ottima strategia per risolvere i problemi legati al crimine organizzato, il traffico di armi, droga e quant’altro in una zona molto calda. Una decisione condivisibile sul piano tecnico (è ora che le frontiere a Nord con la Serbia, veri e propri colabrodi, diventino degne di questo nome), ma fallimentare sul piano politico-diplomatico (l’accordo è stato raggiunto tenendo fuori il governo di Pristina). Le reazioni delle autorità politiche kosovare non si sono fatte aspettare. Il Presidente e il Primo Ministro del Kosovo hanno dichiarato più volte come non possa esserci nessun accordo senza il loro consenso e partecipazione nelle trattative e come le istituzioni kosovare non permetteranno a Belgrado di esercitare la sua influenza in Kosovo attraverso accordi e altri meccanismi. Pristina è arrivata a porre una condizione difficilmente accettabile per Belgrado, e cioè la firma all'accordo in cambio del riconoscimento. Pristina considera l’accordo lesivo della propria sovranità, sia perché le autorità kosovare sono state escluse dalle trattative, sia perché a livello politico l’accordo presupporrebbe lo scambio di informazioni con lo stato serbo, principale avversario dell’indipendenza del Kosovo. L’accordo in questione, che prevede lo scambio di informazioni e dati tra Serbia (polizia serba) ed Eulex, è un primo e decisivo passo in avanti della Serbia verso l’Europa. Certamente anche tra le istituzioni serbe non sono mancati i mal di pancia per la firma di questa collaborazione con Eulex. Per l’opposizione serba, infatti, raggiungere un accordo con Eulex significa anche accettare de facto il piano Ahtisaari e l’indipendenza del Kosovo in esso prevista (Kostunica è stato molto chiaro su questo). Questa evoluzione-involuzione dei rapporti tra Eulex, le autorità serbe e quelle kosovare, sta facendo da sfondo ad una situazione che in Kosovo si sta facendo pesante. Quello che si registrano in Kosovo, a Pristina, ma soprattutto nella calda cittadina di Mitrovica, sono le continue tensioni, molto spesso e per più di una volta, sfociate in veri e propri scontri con lancio di sassi e di ordigni, tra i due principali acerrimi nemici, ovvero tra serbi ed albanesi del posto. Questi scontri, avvenuti nel cuore dell’estate non si sono ancora arrestati. Il leitmotiv è l’autorizzazione da parte del governo di Pristina alla costruzione delle case degli albanesi che vivevano precedentemente nella zona a nord di Mitrovica. La diplomazia si era messa al lavoro per raggiungere un tiepido accordo di massima che prevedeva l’inizio della costruzione delle sole case nel quartiere di Kodra Minatore/Mikronaseljie parzialmente distrutte (ancora visibili) e per un numero limitato di esse. Parallelamente si doveva procedere con l’avvio dei lavori per la costruzioni di case serbe nella parte sud del Kosovo. Il fragile accordo ha retto poco. La vicinanza del nemico, le paure fomentate da questo o quel gruppo, gli incubi tra la popolazione generati dai nemici della pace duratura, hanno nuovamente riscaldato il clima a Mitrovica ed in Kosovo. In quella che dalla fine dei bombardamenti Nato è considerata la fortezza serba in Kosovo, in verità, le tensioni ci sono sempre state tutte le volte che si cercava di far dialogare le due parti in causa. Stessi incidenti si sono verificati a Suhadoll un altro quartiere a nord di Mitrovica, dove sono concentrate alcune famiglie albanesi. Il lancio di sassi è coinciso con l'avvio dei lavori per la costruzione della rete idrica nelle case degli albanesi. I lavori, bloccati per le continue tensioni e proteste dei vicini serbi, non sono ripresi neanche dietro le pressioni del sindaco di Mitrovica che ha cercato di coinvolgere Unmik e la Kfor. Se a Mitrovica il clima non è dei migliori, tensioni e malumori si registrano anche a Pristina. E’ sempre Eulex al centro dei problemi. Sono, per ora, sempre i ragazzi di Vetevendosje a creare scintille. Una presentazione fresca e assai colorita sul clima che si respira in Kosovo e sulla giornata che ha visto protagonisti gli attivisti del Movimento capeggiato da Albin Kurti, (che hanno preso di mira le autovetture di Eulex), è riportata su the nowhere man goes wild’s blog che vi invito a leggere. Il caldo delle tensioni a Mitrovica, peraltro ancora non risolte, le difficolta di Eulex ad operare sul terreno, i risentimenti tra la popolazione civile sempre più insofferente per le imposizioni che riceve dall'alto, le imminenti elezioni locali del 15 novembre e l'accesa battaglia per le presunte elezioni politiche nella primavera del 2010 (fortemente volute da Ramush Haradinaj) lasciano facilmente intuire che ci sarà un caldo autunno ad attenderci.


sabato 12 settembre 2009

LA KAFANA DI MITROVICA

Foto minimalista, nessun paesaggio raffigurato nè interessanti primi piani. Se per voi non è nulla di eccezionale o rappresenti soltanto una foto come tutte le altre, per il sottoscritto racchiude tante forti emozioni. Ho spulciato con cura tutte le foto che conservo del Kosovo e quando sono arrivato a questa, ho iniziato a sentire il profumo che emanava la rakia al gusto di mela cotogna e rivivere, nella mia testa, gli anni passati piacevolmente in Kosovo. Nella foto è raffigurato un tipico bar serbo, kafana, dove perlopiù gente adulta passa qualche ora in piacevole compagnia tra una tazza di caffè turco e tanta buona rakia, la loro grappa artigianale. Il chioschetto, molto spartano e abbastanza trasandato, situato subito dopo il ponte nella parte nord di Mitrovica, era il luogo dove alcune volte trovavo la tranquillità di cui avevo bisogno dopo giornate convulse e frenetiche. Andavo molto volentieri in questa kafana che non aveva nè un nome nè altro all'infuori di pentolini per preparare il caffè, una varietà di rakia rigorosamente preparata in casa e tante casse di acqua frizzante, utili a rinfrescare il palato dopo ogni sorso del distillato. Sorso di rakia e un goccetto d'acqua, sorso di rakia e via con l'acqua frizzante. Mi piaceva andare in questo posto così insolito, dove si respirava un'aria diversa rispetto alle nuove caffetterie che stavano spuntando come funghi. Sembrava che il tempo si fosse fermato agli anni '80. Anche le persone che lo frequentavano, a volte serie e pensierose, a volte intente a parlare più animatamente, sembravano vivere un'altra dimensione. Soltanto le notizie che scorrevano in televisione si riallacciavano alla realtà. Dietro le tende ingiallite appese alle finestre, nella più totale indifferenza dei passanti, c'era questo mondo del quale sono rimasto attratto. Ricordo la prima volte in cui sono entrato nella kafana. Posso immaginare che cosa abbiano potuto pensare gli assidui frequentatori quando quel giovane straniero, che non conosce la loro lingua, ha messo piede in questo posto sconosciuto anche ai giovani di Mitrovica. Chi è questo? si saranno detti, cosa vuole mai da questo posto? Ammetto che la prima volta non ci sono rimasto a lungo, ma dalla seconda volta in poi mi sono fatto coraggio ed ho cominciato ad aprire bocca, a farmi spiegare come si diceva in serbo questo e quello, a gesticolare e cercare di capirci l'un l'altro, a dire chi ero, da dove venivo e cosa facevo. La terza volta mi sono permesso di pagare un giro di rakia al ristretto numero di conoscenti. Incontro dopo incontro, con i quattro amici del bar, abbiamo rotto la barriera della diffidenza. Quando mi trovavo per caso a passare da lì, aprivo la porta e salutavo lo zio al bancone, che ricambiava il saluto. Con il sorriso sul volto, portandosi la mano chiusa in direzione della bocca, sapendo che mi paceva la rakia al gusto di mela cotogna, mi diceva in lingua serba " vieni a farti un bicchierino". Lo ricordo ancora! Ricordo tutto come fosse ieri.

articolo pubblicato sul sito di Report On Line

mercoledì 1 ottobre 2008

SONO ROSE E FIORIRANNO (terza ed ultima parte)

CBM quanto a personale, organizzazione e progetti sembra essere l'associazione locale meglio strutturata di Mitrovica.

A concludere questa giornata tutta al femminile incontro lo staff di CBM (Community Building Mitrovica). Ad accogliermi nel loro ufficio, prima dell’arrivo di uno dei managers, Flora (Florije) Sylaj, trovo Lindsay, una stagista venuta dall’Olanda, quasi a marcare l’aspetto internazionale di questa Ong locale radicata evidentemente non soltanto su tutto il territorio kosovaro. CBM è stata fondata nel 2001 e come allora anche oggi conta personale multietnico del nord e sud di Mitrovica e collabora con numerosi attori nei Balcani, tanto che la sua direttrice gestisce anche un network di 30 Ong balcaniche che ha sede in Macedonia. Quanto a personale, organizzazione e progetti sembra essere l’associazione meglio strutturata di Mitrovica. Ha tanti punti di forza CBM,evidenti non soltanto per le sue iniziative che si concentrano nella promozione del dialogo tra serbi e albanesi, la tutela delle monoranze e la protezione e il rafforzamento delle donne, ma anche nella motivazione dei suoi membri che considerano CBM forte e unica nel suo genere e si dichiarano fermamente convinti dell'importanza del lavoro che svolgono. "Gestiamo il Centro Multietnico di Donne nella parte nord di Mitrovica, a Kodra Minatore/mikronaselje, monitorato da una volontaria di CBM", spiega Flora, "Lì si organizzano incontri, viaggi, corsi di formazione su vari temi come la violenza domestica o la tessitura di tappeti (8per le ragazze rom), scambi con organizzazioni simili nei Balcani". "Proprio qui, in un'area nevralgica nella contrapposizione tra serbi ed albanesi, grazie a questo centro multietnico di donne, la situazione è nettamente migliorata", commenta. Si occupano poi di advocacy e di diritti delle donne e di progetti generatori di reddito. Cercano in particolare di aiutare donne, ma in molti casi anche uomini, a sviluppare abilità che possono essere vendute sul mercato, con corsi, ad esempio, per chi lavora nelle costruzioni, corsi tecnici rivolti ai più poveri e di cucito per le donne rom. “La lista delle nostre attività è molto lunga”, precisa sorridendo la collaboratrice di CBM, “ci sono anche diverse attività che riguardano i giovani, in particolare per la promozione del dialogo interetnico, come l’organizzazione di visite in Olanda e Macedonia, l’ultimo un summer camp di una settimana a Ohrid (Macedonia) a cui hanno partecipato studenti di musica di tutto il Kosovo, serbi e kosovari”. A questo progetto che si è svolto appunto nell’agosto 2008, CBM ha lavorato con l’organizzazione Musicisti senza frontiere (Musicians without borders) che ha offerto loro l’assistenza tecnica necessaria. Inoltre gli istruttori del corso, albanesi e serbi, sono stati formati insieme in Olanda. “Adesso vogliamo costruire una pop-rock school a Mitrovica”, afferma Flora. “Nonostante la nostra dimensione non tanto grande, cerchiamo comunque di mettere da parte delle risorse da investire nel fundraising e nei media, e nella pubblicazione mensile del nostro M-magazine, quando riusciamo anche nella versione in inglese” conclude la manager. Community Building Mitrovica, insieme a Mundesia e la Women Business Association, sono tre realtà vive di Mitrovica, soggetti con i quali, nel bene e nel male, le faziose istituzioni locali e la classe politica di Pristina e di Belgrado dovranno sempre più misurarsi per uscire dal pantano Kosovo e ritornare così a vedere e rappresentare la colorita composizione etnica di sempre.

leggi la prima e la seconda parte

links: Mundesia, CBM

lunedì 22 settembre 2008

SONO ROSE E FIORIRANNO (seconda parte)


Raggiungendo il quartiere Bosnian Mahalla dove ha sede il Community Business Youth Centre

La signora Hasime, albanese kosovara, ha molta dimestichezza con il Pajero che guida, donato anch’esso dai finlandesi. Ricorda affettuosamente il giorno in cui le è stata consegnata, “So bene che potrei, a questo punto, dopo l’usura degli adesivi attaccati sulle due portiere della macchina, toglierli” ammette, “Di per sé non è un gesto scorretto, certo, ma come si fa?” “Voglio esserli riconoscente”, aggiunge riferendosi ai finlandesi, “Anche con questo piccolo gesto”. L’inglese continua ad essere la principale lingua di comunicazione anche quando mi accompagna con la sua macchina, il Pajero appunto, al Bosnian Mahalla, un quartiere cuscinetto sito proprio tra la parte sud e quella nord di Mitrovica, dove incontriamo la sua collega e amica Olivera, direttrice della Women Business Association. Ci vivono tutte le etnie del Kosovo in questo solo quartiere, che anche per questo è piuttosto militarizzato. I soldati della Kfor continuano a svolgervi attività di controllo e peacekeeping. Noi parcheggiamo e in maniera del tutto naturale vedo Hasime attraversare la strada di questo posto di confine, (a pochi metri dalla zona serba), e salutare con affetto Olivera Milosevic nel Community Business Youth Centre che gestiscono insieme. Può sembrare un gesto di assoluta normalità quello del bacio tra due persone che si conoscono da tempo. Ma non lo è certo per chi vive da queste parti ed appartiene a due etnie“contrapposte” da decenni di tensioni e conflitti. Una volta terminate le presentazioni iniziali, con Hasime e Olivera parliamo in tutta tranquillità di politica e integrazione. Olivera espone chiaramente le sue idee, dimostrando subito di essere anche lei energica e determinata, mi spiega come mai lei sia così conosciuta e ben inserita nella città nonché alla guida di quest’attiva associazione creata nel 2004. “Sin da allora”, spiega la direttrice della WBA, “ci siamo occupate di lotta contro la violenza domestica sulle donne, campagne per il rispetto ambientale, organizzare incontri tra micro imprese di Mitrovica -sia Nord che Sud- che operano nello stesso ambito, supportare piccoli agricoltori, albanesi, serbi o di altre etnie, nelle loro attività, organizzare tornei di calcetto multietnici tra i più giovani”. Apprendo poi che la WBA organizza anche corsi di cucina (dolci), a cui partecipano soprattutto donne rom, poi ci sono anche corsi di informatica, inglese, artigianato, corsi sull’analisi del sangue, la misurazione del colesterolo. Nella lunga lista di attività, prosegue Olivera evidentemente orgogliosa, si sono occupate anche di una campagna contro il traffico di esseri umani. “Oggi con il WBA, che partecipa ad un progetto di sviluppo locale di UNDP siamo qui”, ci dice muovendo gli occhi ad indicare la bella ancorché semplice struttura del centro giovanile.
“Da un anno e mezzo gestiamo il Community Business Youth Centre nel Bosnian Mahalla”, ripete Hasime che traduce il discorso di Olivera dal serbo all’inglese, un centro voluto da ciascun leader di ogni gruppo etnico di Mitrovica e “fortemente desiderato da Unmik che ha chiesto proprio a noi di gestirlo” conclude. Nel centro c’è internet, 15 persone impiegate, tra cui albanesi, serbi, turchi e bosniaci. Il CBYC è un luogo di incontro e aggregazione per donne e uomini, soprattutto giovani. Soddisfatte Hasime e Olivera elencano le tante sfide vinte contro il muro di gomma che è Mitrovica ed, in particolare, alcune sue istituzioni locali, rivivendo le avventure e paure dei giorni della pulizia del fiume Ibar, confine improvvisato tra il nord e il sud della città e due mondi divisi. Anche Olivera descrive con fierezza quella fase come un momento di rottura di un muro di pregiudizi, ricordando che in quel progetto del 2006 lei ed Hasime erano riuscite ad impiegare quasi 200 persone di diverse etnie che guadagnavano grazie a loro 120 euro al mese (un salario medio mensile in Kosovo va dai 150 ai 180 euro al mese). Quest’ultimo aspetto viene ulteriormente sviluppato in un dialogo tra le due donne ed Olivera, in maniera diretta, afferma come quello economico sia un aspetto non trascurabile nel processo di pacificazione del Kosovo. “La gente più che sedersi intorno ad un tavolo tecnico appositamente convocato per parlare di pace o di analisi pacifica del conflitto, o di multiculturalismo, ha bisogno di mangiare e di mandare a scuola i propri figli”, sentenzia gelida. Hasime muove energicamente la testa mostrando la sua piena condivisione di tale analisi.

leggi la prima parte

seguirà terza ed ultima parte con CBM (Community Building Mitrovica)

lunedì 15 settembre 2008

SONO ROSE E FIORIRANNO


Nella variegata città divisa di Mitrovica vivono serbi, albanesi, gorani, bosniaci e rom. Fattore critico di questo colorato aspetto sono però fratture e divisioni interetniche che rimangono molto pronunciate a tal punto che, come spesso avviene, proprio nella città dove la presenza di diverse comunità è più forte e visibile, più marcati sono i contrasti. È risaputo infatti che la città, non soltanto per la netta divisione tra serbi e albanesi, è la più problematica del Kosovo. Attore determinante nella ricomposizione del complesso puzzle dovrebbe essere la società civile della città sul fiume Ibar, i più giovani in primis, con l’essenziale supporto di donne talentuose e determinate,con l’accondiscendenza tacita della politica tout court. Il ruolo delle donne, qui come in numerosi altri contesti simili, è sempre stato di vitale importanza per la ricomposizione sociale. Sono in tanti ad aver da tempo capito questa forza, Unmik e molte altre organizzazioni internazionali, agenzie governative e Ong, ed ora anche la maggioranza dei suoi cittadini. Mitrovica, così come tutto il Kosovo, pullula ancora oggi di associazioni no profit e non, nate nella maggior parte dei casi subito dopo la guerra, alcune con un buon intento, altre più semplicemente per intercettare l’importante flusso di denaro del periodo post bellico. Nella città divisa proprio per la delicatezza del contesto sono attive, e in molti casi ben strutturate, varie organizzazioni multietniche, alcune nate per la sola iniziativa di donne.
Durante la calda estate kosovara ho incontrato e dialogato con le responsabili di alcune delle più significative realtà associative di Mitrovica, Mundesia, Women Business Association e Community Building Mitrovica.

Da Mundesia
La giovane ed energica Hasime Tahiri è la direttrice di Mundesia, che in albanese vuol dire “Possibilità”. “L’Ong è nata più di sei anni fa”, mi dice con il suo fluente inglese, “per iniziativa del governo finlandese”. L’idea iniziale che ha portato alla nascita dell’associazione è stata data da una risoluta donna finlandese, Kaisa Penttinen, del Finnish Refugee Council. Hasime era inizialmente il Local Coordinator di questa creatura appena nata, ed a lavorato tanto prima di diventarne la diretta responsabile, seguendo insieme alle sue colleghe numerosissimi trainings e tanta formazione mirata, in Kosovo come in Finlandia. Attualmente intorno a Mundesia ruotano 140 membri – tutte donne dai 17 ai quasi 80 anni– che pagano una piccola quota associativa di 2,50 euro l’anno. “È una cifra simbolica”, tiene a precisare la signora Hasime, spiegando anche come sia impossibile agire diversamente, “Quello che le donne pagano è logicamente una cifra inconsistente per il nostro budget, ma ci teniamo a che paghino tale quota per responsabilizzarle sempre di più”. “Noi viviamo del prodotto che realizziamo, e non certo per via di questa quota” sottolinea. Mundesia inizialmente si proponeva soprattutto di promuovere e rafforzare le opere artigianali delle donne di Mitrovica, come vestiti e tappeti, ed oggi con le sue attività sostiene campagne volte a sensibilizzare e istruire le donne, si impegna nella raccolta fondi per i suoi diversi progetti, senza dimenticare la vendita di manufatti la cui qualità è migliorata negli anni grazie a numerosi corsi. Nella loro struttura, un palazzo di 3 piani ben tenuto che il governo finlandese ha donato loro nei primi anni, le operatrici organizzano inoltre momenti di lettura, escursioni, fiere a Pristina, Peja e nei paesi confinanti. Insieme queste donne sempre indaffarate lavorano, parlano, discutono di tutto, macinano progetti e inseguono sogni. Molti di questi sono così andati in porto:
- nel 2005 hanno portato avanti un progetto in collaborazione con una organizzazione serba di Novi Sad. Il progetto aveva il fine di analizzare come fossero rappresentate e presentate le donne in politica sui quotidiani nazionali.
- hanno implementato un progetto con la Swiss Development Cooperation il cui fine era quello di supportare a livello educativo e formativo le donne rom del quartiere Roma Mahalla di Mitrovica
- hanno organizzato una fiera espositiva al Bosnian Mahalla, un quartiere multietnico della città
- da due anni lavorano con la Women Business Association, un’associazione serba di Mitrovica Nord, insieme alla quale, con il supporto di Unmik gestiscono il Community Business Youth Centre nel Bosnian Mahalla.
Nel 2006 Mundesia ha inoltre lavorato ad un importante progetto volto a ripulire ambe le sponde del fiume Ibar. Era il luglio del 2006, e quello è stato il loro primo progetto in collaborazione con la Women Business Association della signora Olivera, mi spiega Hasime. 170 persone, membri di tutte le comunità etniche di Mitrovica, vi hanno lavorato per più di 5 mesi. “Le minacce e i rischi erano altissimi nella fase iniziale e per tutta la durata del progetto, anche per questo eravamo molto attente a scegliere le persone che dovevano lavorarci, cercando di scartare a priori quelle che potevano creare dei problemi” sottolinea la direttrice di Mundesia. Non sono mancati i batticuori, ricorda ancora, ripercorrendo col sorriso la fase finale in cui il successo del progetto era ormai evidente, tanto che sono riuscite a portare a casa il secondo premio di UNDP Global.

leggi la seconda parte

KOSOVO: LA VOCE DEL CONIGLIO