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giovedì 6 gennaio 2011

QUALITA' ARABICA: IL QATAR RICONOSCE IL KOSOVO



Il Qatar ha riconosciuto l'indipendenza del Kosovo. Con qualche giorno di anticipo la Befana ha consegnato all'Ambasciata del Kosovo di New York la lettera contenente questa buona notizia. Il piccolo emirato della penisola arabica, ricco di giacimenti di petrolio e di gas naturale, è il 73° paese a voler stabilire relazioni diplomatiche con lo stato balcanico.  Il Qatar ha fatto da apripista e, con molta probabilità, spianerà la strada a tutti gli altri suoi vicini che sino ad ora e in maniera compatta hanno deciso di posporre la questione dell'indipendenza del Kosovo. Che il 2011 sia l'anno dal gusto arabico?

giovedì 9 dicembre 2010

PILLOLA

"Gli internazionali prendono dei serbi e degli albanesi, li portano a Belfast in un albergo a cinque stelle, gli insegnano paroloni su gestione del conflitto e convivenza, e poi li rispediscono in Kosovo, dove non hanno né pane né latte per sfamarsi. E questo, dagli internazionali, viene considerato un passo avanti".
Albin Kurti - movimento Vetevendosje 


sabato 20 novembre 2010

TUVALU CHI?


Quanti di voi conoscono TUVALU? Se la vostra risposta è negativa non preoccupatevi, non siete i soli. Fino a ieri anch'io ignoravo la sua esistenza. 

Tuvalu, è una nazione insulare polinesiana situata nell'oceano Pacifico a metà strada tra le isole Hawaii e l'Australia. Lo stato comprende quattro isole coralline e cinque atolli con una superficie di appena 26  km² ed è il terzo paese meno popolato al mondo dopo Città del Vaticano e Nauru. In termini di grandezza fisica del territorio è il quarto stato più piccolo del mondo. Sempre secondo Wikipedia, Tuvalu è il secondo membro più piccolo delle Nazioni Unite. E qui veniamo al dunque. Lo staterello in questione è uno dei 192 stati membri che compongono l'Organizzazione delle Nazioni Unite e, come tale, siede nell'Assemblea Generale e dispone del diritto di voto alla pari di tutti gli altri stati aderenti. Due giorni fa (18 novembre 2010) l'isola di Tuvalu, con i suoi 12 mila abitanti, è diventando il 72° paese delle Nazioni Unite ad aver riconosciuto l'indipendenza del Kosovo. Con una nota la missione permanente di Tuvalu presso le Nazioni Unite ha informato il Ministero degli Esteri della Repubblica del Kosovo che il governo di Tuvalu ha riconosciuto il Kosovo come Stato indipendente  e sovrano.

mercoledì 25 agosto 2010

...WAINTING FOR A DIRECT CONTACT BETWEEN BELGRADE AND PRISTINA!

SRSG was today in Belgrade for a periodic round of consultations with the Serbian Government where he underscored the need for a direct dialogue between Belgrade and Pristina Special Representative of the Secretary-General (SRSG) Lamberto Zannier was today in Belgrade for a periodic round of consultations with the Serbian Government following the Security Council meeting in August and in anticipation of the UN General Assembly session on Kosovo in early September. He met with President Tadic, First Deputy Prime Minister Dacic, Minister Bogdanovic, State Secretary Ivanovic and various international stakeholders. In his conversations he underscored the need for a direct dialogue between Belgrade and Pristina to address open issues of common concern. He noted that while the UN will be ready to support this process, the EU should play a prominent role in facilitating such a dialogue, in view of the European perspective for the whole region. The SRSG also mentioned the UN Secretary-General’s concerns about the situation in the North, adding that direct dialogue and consultations will be particularly important in addressing issues of substance in that region. For its part, UNMIK will continue performing its functions under Resolution 1244 as mandated by the Security Council, to which it will continue to report periodically. Upon his return to Pristina, the SRSG will be available to inform the Kosovo authorities about the detailed contents of his discussions.

domenica 25 luglio 2010

CHE LA DOMANDA ALLA CORTE FOSSE MAL POSTA?


La Corte Internazionale di Giustizia ha espresso il suo parere. Tutto avrebbe dovuto filare liscio e senza equivoci, ma prontamente è riemersa l'eterna divisione tra coloro che sostengono la causa di Pristina e quanti sono vicini al pensiero di Belgrado. Se si prova ad usare la logica, si potrebbe facilmente capire come il problema in merito al parere del CIG risulti quantomeno superfluo. La domanda posta dal governo serbo è stata chiarissima: "La dichiarazione di indipendenza del Kosovo è in armonia con il diritto internazionale?". Altrettanto chiara è stata la risposta dei giudici che compongono la Corte Internazionale di Giustizia (CIG): "La dichiarazione di indipendenza del Kosovo è legittima in quanto il diritto internazionale – hanno affermato - non vieta le dichiarazioni di indipendenza”
Sono certo che se Belgrado avesse chiesto alla Corte:"La provincia del Kosovo ha il diritto a secedere dalla Serbia e a diventare stato indipendente?", il CIG non si sarebbe di certo sottratto a fornire una risposta e ad argomentare in merito al quesito postole. Non è stato chiesto loro di esprimersi sulle conseguenze giuridiche della dichiarazione d'indipendenza, e non l'hanno fatto. Mi rendo conto che rispondere ad una domanda del genere avrebbe creato molte più complicanze, non soltanto alla Corte, ma anche alle potenze occidentali. La questione comunque è soltanto rimandata.
Non credo che i giudici siano stati secchioni e puntigliosi o che avrebbero dovuto "liberamente" interpretare la filosofia della Serbia sul Kosovo. Penso invece, guardandola dalla prospettiva serba, che la domanda alla Corte fosse mal posta.


sabato 24 luglio 2010

KOSOVO: MOSAICO DI COLORI E VOLTI

Il 22 luglio la Corte Internazionale di Giustizia ha espresso il parere sulla spinosa questione della legalità dell'indipendenza del Kosovo. I giudici  hanno deciso che la dichiarazione d'indipendenza del Kosovo non è illegale e, schierandosi a larga a maggioranza (10 a 4), hanno preferito attenersi ad una valutazione strettamente tecnica, lasciando che fosse l'Assemblea generale delle Nazioni Unite a dare risposte politiche. Come era prevedibile, il parere ha creato malessere da una parte e nuove aspettative dall'altra. L'intenso lavoro diplomatico della Serbia (che per l'accettazione del parere è riuscita a superare la soglia minima di 96 voti più uno dei 192 stati membri che compongono l'Assemblea delle Nazioni Unite) ha spinto molti paesi a non riconoscere il Kosovo, almeno fino a quando la CIG non si fosse espressa. Oggi, si parla di circa 35 paesi pronti a riconoscere l'indipendenza. Il parere aprirà inevitabilmente un nuovo capitolo nelle relazioni tra Belgrado e Pristina, ma soprattutto in Europa tra chi ha riconosciuto l'indipendenza del Kosovo e quanti (5 stati UE) non l'hanno fatto, nonostante le  pressioni della Comunità Europea. Un altro capitolo è stato chiuso. Un altro è pronto ad essere aperto. In mezzo, come sempre, c'è la gente comune, senza distinzione etnica alcuna, che da decenni non riesce a trovare pace.

(A tutti loro va questo mio contributo perchè i loro gesti, la loro tenacia e i loro sguardi, mi hanno reso ancora più irrequieto)

 

martedì 27 aprile 2010

IL VATICANO NON RICONOSCE L'INDIPENDENZA DEL KOSOVO


Il Vaticano non riconosce la sovranità dell'autoproclamata indipendenza del Kosovo per rispetto verso la Chiesa ortodossa serba, ha dichiarato pochi giorni fa il cardinale Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani. "Noi sappiamo che il Kosovo rappresenta una grave ferita e un gran dolore per il popolo serbo e la sua Chiesa, e abbiamo, altrettanto, preso in considerazione il fatto che questa provincia è la culla e il centro dell’ortodossia serba", ha evidenziato il cardinale Kasper nell’intervista rilasciata all’agenzia giornalistica cattolica “CatPress”. Il cardinale ha fatto sapere che il Vaticano è molto turbato per la distruzione di importanti monumenti storici, culturali e religiosi del popolo serbo in Kosovo. "Questo non deve essere assolutamente permesso, perché non si può cancellare in questo modo la storia di un popolo", ha avvisato Kasper. Il Vaticano, sempre per bocca del presidente del P.C.P.U.C., si sta adoperando fermamente per la tutela di monumenti, monasteri e chiese ortodosse in Kosovo, nonché per la pacificazione storica fra i serbi e i croati. Le dichiarazioni del cardinale Kasper vanno in un’unica direzione: quella di mantenere buoni rapporti “ecumenici” con la Chiesa ortodossa serba, perseguendo così uno degli scopi dell'organo che presiede, quello di promuovere un dialogo teologico internazionale con le Chiese, ortodosse incluse. Anche questa volta,  bisogna constatare che la Santa Romana Chiesa si è soffermata sul dito; non ha voltuto vedere la luna, i tanti torti e crimini che la popolazione albanese ha dovuto subire da Milosevic e i suoi numerosi seguaci.
Invece di dare segni di distensione e di dialogo interreligioso ad una comunità che ha sofferto ed ha  bisogno di pace, il Vaticano, anche in questo caso, ha fatto la scelta più comoda per il prorpio tornaconto.

mercoledì 24 febbraio 2010

1° MARZO 2010: LA GIORNATA SENZA MIGRANTI

KOSOVO: A DUE ANNI DALLA DICHIARAZIONE DELL'INDIPENDENZA

Intervista radiofonica per il programma Scirocco - Voci del Mediterraneo dell'agenzia radiofonica AMISNET.

Questa settimana il nostro sommario prevede un'ampia pagina dedicata all’immigrazione, in vista della grande mobilitazione antirazzista che attraverserà tutta l’Europa mediterranea il primo marzo. Parleremo poi della crisi diplomatica tra Libia e Svizzera che proprio in queste ore sembra avviata ad una rapida soluzione dopo 19 mesi di braccio di ferro. In conclusione di trasmissione andremo in Kosovo, per vedere a che punto è la costruzione delle istituzioni della neonata repubblica balcanica a 2 anni dalla dichiarazione di indipendenza.

Ospiti della puntata
  • Maso Notariani, Peacereporter
  • Sebastian Herrera, Comitato promotore del 1° marzo in Spagna
  • Khalid Chouki, Minareti.it
  • Raffaele Coniglio, cooperante e blogger
ascolta la puntata di Scirocco


giovedì 18 febbraio 2010

IL KOSOVO DUE ANNI DOPO L'INDIPENDENZA.

INTERVISTA ALL'AMBASCIATORE ITALIANO MICHAEL L. GIFFONI

Una lucida analisi sui problemi, le prospettive e le contraddizioni della situazione interna del Kosovo. Intervista di Roberto Spagnoli di Radio Radicale all'Ambasciatore Giffoni.



www.radioradicale.it

martedì 16 febbraio 2010

BARACK OBAMA, IL WEB E L'INDIPENDENZA DEL KOSOVO

Domani gli albanesi del Kosovo affolleranno numerosi le strade del paese per festeggiare il secondo anniversario dell'indipendenza. Con qualche giorno di anticipo sono state recapitate alle autorità politiche del Kosovo lettere di auguri da parte di molti capi di stato. Quest'anno quello più atteso da tutti e quindi carico di aspettative è stato il messaggio che Barack Obama ha inviato al collega Fatmir Sejdiu.
"Caro presidente, a nome del popolo americano mi congratulo con Lei e con i cittadini del Kosovo per il secondo anniversario dell'indipendenza, il 17 febbraio" ha scritto Obama nel suo messaggio. "Vorrei anche congratularmi con il popolo del Kosovo per i progressi fatti nella costruzione di una società democratica, pacifica e multietnica", ha aggiunto il presidente Usa che ha ribadito l'impegno degli Stati Uniti a "sostenere le aspirazioni di integrazione euro-atlantica" del Kosovo. Obama ha quindi auspicato un "rafforzamento dell'amicizia e collaborazione tra i nostri due paesi".
Per questo secondo "compleanno" anche dal web sono giunti tanti messaggi augurali da varie parti del mondo, grazie alla campagna di sensibilizzazione e promozione intrapresa da alcune agenzie del settore.



martedì 1 dicembre 2009

L'INDIPENDENZA DEL KOSOVO E' IN ARMONIA CON IL DIRITTO INTERNAZIONALE?

A partire dal primo dicembre la Corte internazionale di Giustizia esaminerà il dossier sulla legittimità dell’autoproclamazione di indipendenza del Kosovo. Un dibattito che durerà 10 giorni e che vedrà la partecipazione di 30 Stati e 15 giudici. La Corte – interpellata dalla Serbia in via consultiva – esprimerà soltanto un parere non vincolante, ma l’aspettativa cresce intorno alla sua decisione.

“L’indipendenza del Kosovo è in armonia con il diritto internazionale?” È la domanda che la Serbia ha deciso di rivolgere all’Assemblea generale dell’Onu, per chiederne il parere della Corte Internazionale di Giustizia, principale organo giurisdizionale delle Nazioni Unite. Lo scopo dell'iniziativa è, fondamentalmente, quello di sospendere il processo di riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo fino al giorno del pronunciameto da parte della Corte Internazionale e di ostacolare l'entrata del Kosovo nelle istituzioni internazionali. Questo in parte è riuscito soprattutto nei paesi islamici. Durante la Conferenza Islamica a Damasco i vari paesi aderenti hanno approvato una risoluzione sul Kosovo che, diversamente da quanto preannunciato, non ha fatto appello agli Stati dell'organizzazione di riconoscerne l'indipendenza. Se questo ha gelato, per lo meno sino ad ora, il pronunciamento di molti paesi sul caso kosovaro e pur vero che il Kosovo è già membro di due importanti istituzioni economiche mondiali, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.





Questa iniziativa della Serbia è, comunque, stata accolta favorevolmente dall'Assemblea generale, riusciendo a superare la soglia minima di 96 voti più uno dei 192 stati membri che compongono l'Assemblea. Questo è stato un grande successo che va indubbiamente riconosciuto alla diplomazia di Belgrado. Tuttavia, successi diplomatici a parte, il pronunciamento della Corte sarà prettamente giuridico e non politico e non avrà comunque un potere vincolante. Non è reale aspettarsi che dopo il parere della Corte si annullino le decisioni sul riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo né che si apra un nuovo processo di negoziazione. La principale forza del parere sta nel prestigio della Corte Internazionale di Giustizia, ma come afferma l'Ambasciatore italiano in Kosovo, Michael L. Giffoni, "non ci saranno delle conseguenze giuridiche immediate, ma ci potranno essere delle conseguenze sul numero dei riconoscimenti, una spinta ad un maggiore riconoscimento o un raffreddamento della situazione attuale, ma sicuramente il parere della Corte non riporterà indietro la situazione".

martedì 20 ottobre 2009

INCONTRO CON ALBERT PRENKAJ, AMBASCIATORE DEL KOSOVO IN ITALIA


Albert Prenkaj è un ex professore universitario con un passato nell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE). Il 17 febbraio del 2008, Pristina ha proclamato la sua indipendenza da Belgrado, e, poco tempo dopo, il Professor Prenkaj è divenuto l'incaricato d'affari del Kosovo in Italia. Con la concessione di gradimento da parte del Presidente della Repubblica Italiana, ha iniziato a svolgere ufficialmente le attività di Ambasciatore presso il nostro paese. Nella totale indifferenza dei media e dei giornali italiani, pronti però ad occuparsi di Kosovo quando c’è da parlarne male, il neo ambasciatore lavora da oltre un anno a Roma per instaurare, in una delle dieci capitali europee ritenute più influenti dal punto di vista politico a livello mondiale, una nuova ambasciata. Da poco rientrato dal Kosovo dove si è recato per ricevere l'investitura ufficiale da parte del suo Presidente della Repubblica, Prenkaj mi ha raccontato la sua esperienza italiana. Dopo circa un anno di intenso lavoro, sono soddisfatti di aver finalmente creato una vera e propria ambasciata. Si sono occupati di logistica e di problemi amministrativi, individuando innanzitutto una sede consona al suo ruolo. Sono riusciti anche ad avviare informali contatti con la diplomazia italiana e quella vaticana. L’ambasciatore, con la sua eleganza e la pacatezza dei gesti, mostra di essere consapevole delle caratteristiche del paese in cui lavora, di quell’Italia che “ha stretti rapporti economici con la Serbia e che ha solidi rapporti politici con Belgrado” . Ci tiene comunque a precisare che la sua “mission non è quella di creare conflitti, scardinare alcunchè, ma di sostenere la pace”; ed afferma subito dopo che “ l’aver avviato questa missione in Italia è un piccolo risultato per il sottoscritto, ma un obiettivo significativo per il Kosovo”. Secondo l’Ambasciatore kosovaro, l'Italia è un grande Paese, e come tutti i grandi paesi ha un apparato statale complesso, dove amministrazione, burocrazia, relazioni politiche ed economiche sono il complesso frutto di decenni di politiche e rapporti con i paesi vicini: "noi, come Repubblica del Kosovo, vogliamo inserirci e potenziare i nostri rapporti con l’Italia, ma senza forzare nulla". Ben consapevole delle difficoltà nell'avviare relazioni diplomatiche con un paese, si dice certo che “ è una questione di tempo”. L'ex professore universitario ricorda che le relazioni tra i due paesi risalgono al periodo dell'Impero Romano ed erano frequenti nel medioevo. I ricordi lo portano poi a tempi a noi più vicini, ed in particolare al padre, che ha imparato il nostro idioma frequentando i militari italiani nel 1943. Altri tempi. Uomo di cultura, riflessivo ed analitico, evidentemente abituato a lavorare con metodologia e criterio per organizzazioni internazionali del calibro dell’OSCE, Prenkaj afferma di essersi subito misurato con problemi che apparentemente possono sembrare di poco conto, ma che, se risolti, "dimostrano tutta la loro praticità per i kosovari che risiedono in Italia". Nella piacevole conversazione, con il suo perfetto inglese, l'ambasciatore ricorda i primi tempi trascorsi qui in Italia quando, con stupore, si accorse di quanto fosse difficile far recapitare una semplice lettera in Kosovo. "Grazie al supporto della Farnesina siamo riusciti a superare questo ostacolo: ora anche il Kosovo ha il suo codice postale e non deve fare più riferimento ai lasciti del vecchio periodo Jugoslavo", afferma con una punta di orgoglio. Subito dopo si sofferma su un altro cavillo burocratico da poco superato: l'accordo ottenuto con la B.N.L., relativo al codice bancario.
L'instancabile ambasciatore dice di ritenere l'Italia un grande paese "che ha contribuito significativamente alla ricostruzione del Kosovo; un paese a noi vicino; anche noi ci sentiamo parte della regione mediterranea, e vogliamo cooperare con voi" sostiene. Le autorità del Kosovo, in virtù di questa vicinanza storica e geografica hanno ritenuto l'Italia uno dei paesi da cui partire per avviare positive relazioni diplomatiche. Alla base di questo ragionamento, va considerato anche il fatto che in Italia risiedono oltre 60 mila kosovari, secondo i dati forniti dallo stesso ambasciatore. Si tratta certo di un numero rilevante di persone, la stragrande maggioranza delle quali di etnia albanese, concentrate principalmente nelle regioni del nord Italia. Sono inclusi i gorani, concentrati nei dintorni di Siena, ed i rom, molti dei quali vivono a Firenze. "Al momento non è possibile avere la cifra esatta della presenza kosovara in Italia perchè ancora adesso ci sono kosovari che hanno soltanto il passaporto serbo" ci tiene a sottolineare Prenkaj; "in quest'anno di attività, non sono mancati comunque gli incontri con la comunità dei gorani e con quella dei rom di Firenze, alle quali abbiamo cercato di fornire supporto e assistenza", aggiunge. Ricorda inoltre di essersi stupito, durante uno dei suoi viaggi in Italia, quando alcuni cittadini serbi residenti in Veneto gli si erano avvicinati chiedendo le modalità per ottenere il passaporto serbo. Senza preoccuparsi e con tranquillità aveva fornito loro le delucidazioni necessarie, comunicando ovviamente in lingua serba, idioma che utilizza nella maggior parte dei casi anche con i rom e i gorani.
Dopo la fase iniziale, da poco superata, di insediamento dell'ambasciata, le attività future dell'Amb. Prenkaj si concentreranno sulle relazioni istituzionali e di lobbying, ed in quello che lui definisce "diplomazia pubblica", ossia attività di sensibilizzazione tra la gente e sul territorio, presenziando anche attività culturali. "Lavoreremo in stretto contatto con le autorità politiche italiane e proveremo ad avviare importanti contatti con quelle vaticane", sostiene. La Santa Sede è infatti vicina al Kosovo ed ha fornito un prezioso supporto durante gli eventi drammatici della guerra, quando, attraverso il fitto lavoro diplomatico condotto sul campo dalla Comunità di Sant'Egidio, è riuscita a mettere in salvo sul territorio italiano lo stesso Presidente Rugova. La Chiesa, ricorda l'Ambasciatore, ha dopotutto antiche radici in Kosovo: è la terra in cui, ad Ulpiana, nelle vicinanze di Pristina, furono martirizzati i santi cristiani Floro e Lauro, e ha un contatto diretto con il Kosovo attraverso la Diocesi di Prizren. Per tutti questi motivi, ed anche per il fatto che il Kosovo è, di fatto, un paese secolare, dove accanto all'islam dominante (modello turco) convivono una varietà di culti e di religioni, come i dervish, i cattolici e gli ortodossi, Prenkaj non sembra essere tanto preoccupato dal tema religioso. A portarlo alla riflessione sono piuttosto le considerazioni espresse da alcuni paesi che considerano ancora questo Stato un "precedente storico" pericoloso per l'Europa. Il Kosovo, essendo un paese nato da poco, non ha dalla sua parte la consistenza politica, diplomatica e un apparato organizzativo proprio dei suoi vicini, ma si può certo essere fiduciosi che sia solo una "questione di tempo", per usare le stesse parole dell'ambasciatore. Possiamo attenderci che dopo il pronunciamento da parte della Corte Internazionale di Giustizia sull'indipendenza del Kosovo - il cui verdetto ha soltanto valore consultivo - altri Stati si esprimeranno positivamente sul riconoscimento di questo nuovo Stato nel cuore dell'Europa.

articolo pubblicato sul sito di Report on line

mercoledì 1 aprile 2009

LA RUSSIA HA RICONOSCIUTO IL KOSOVO


La Russia, in modo del tutto inaspettato, ha riconosciuto il Kosovo. La Grande potenza che si è sempre contrapposta al disegno americano sul Kosovo è il 57° paese ad averne riconosciuto l'indipendenza dalla Serbia. A dare la notizia è stato questa mattina il presidente della Federazione, Dmitri Medvedev, di fronte alla Duma riunita in seduta speciale. "Abbiamo preso atto del fatto che il Kosovo è ormai una realtà di cui tener conto che garantisce e tutela tutti i suoi cittadini. Saremo comunque vigili sugli sviluppi in corso e promotori di supporto economico e integrazione sociale per la comunità serba" è questo il passaggio centrale di Medvedev. La notizia, che ha già fatto scalpore in tutto il mondo, ha spiazzato la Cina, ancora posizionata sul non riconoscimento del Kosovo indipendente, ma ha lasciato letteralmente esterrefatta la Casa Bianca. Buona parte del discorso del presidente Medvedev si è incentrato sulla "sorella" Serbia che "non sarà lasciata sola nel percorso dello sviluppo e dell'integrazione, certi, che con il nostro aiuto, ricoprirà un ruolo fondamentale nei Balcani" ha affermato il presidente russo. Il riconoscimento del Kosovo aprirà molto presto ad altri paesi [che per via del veto russo non si sono espressi sull'argomento indipendenza], la strada delle relazioni diplomatiche con il neonato stato balcanico. E' quasi sicuro che nel giro di qualche settimana altri 30 paesi [molti stati arabi], sulla scia della Russia, riconosceranno formalmente il Kosovo indipendente. L'evento di oggi sarà sicuramente ricordato come l'inizio di una nuova era per le relazioni Usa-Russia e non solo. "1 APRILE 2009: L'INIZIO DEL NUOVO SECOLO" è stato il titolo di uno dei principali giornali statunitensi.

domenica 8 marzo 2009

L'INDIPENDENZA DEL KOSOVO: VINCITORI E VINTI


L'indipendenza del Kosovo è, ad un anno di distanza, un fatto ormai tangibile. Dopo lunghi anni di trattative, falliti faccia a faccia e dossier si è giunti a considerare l'indipendenza del Kosovo come una questione dalla quale non ci si poteva più svincolare. Dall'inizio del 2004, con voce sempre più decisa, i cittadini albanesi del Kosovo andavano reclamando l'indipendenza. L'evento in questione è giunto come un elemento di assoluta novità nell'ordinamento internazionale anche se come "caso unico". In attesa di un verdetto da parte della Corte Internazionale di Giustizia, alla quale la Serbia si è rivolta per chiederne l'annullamento dell'indipendenza del Kosovo (in quanto atto illegittimo), bisogna prendere visione di questa evoluzione. L'indipendenza c'è ed è stata riconosciuta da 55 paesi, che sebbene pochi, rappresentano comunque la maggior parte dei paesi più sviluppati del mondo. Ma in questa lunga e affannosa partita kosovara, diventata sempre più una vicenda interna agli equilibri tra Usa e Russia, ci sono vincitori e vinti?
Io credo che il più fermo sostenitore del Kosovo, quello che sin dall'amministrazione Clinton, con continuità e determinazione, ha sostenuto la battaglia degli albanesi, ovvero l'America, sia il grande vincitore. Come mai è intervenuta in un posto così piccolo e lontano? Più che risposte certe si possono fare delle supposizioni. Come grande potenza mondiale e baluardo di democrazia in un mondo sempre meno multipolare, gli Usa hanno sentito il dovere di accogliere le richieste degli albanesi e di portarle all'ordine del giorno nell'agenda della politica internazionale. Così facendo un problema prettamente europeo e risolvibile in altro modo è cresciuto di intensità fino a scardinare i fragili equilibri della "giovine Europa". Potrebbe essere anche questo il cinico calcolo americano: intervenire nel cuore dell'Europa, tenendo un piede sulla coda del cane europeo per creare al suo interno delle divisioni e renderla politicamente divisa ed economicamente più fragile (l'EU dopo l'indipendenza rispecchia per certi versi questo scenario). Altro motivo dell'intervento americano va analizzato tenendo conto della geopolitica balcanica alla luce delle nuove strategie americane. Con il crollo del muro di Berlino e il collasso politico ed economico del "disegno" russo è venuta meno per l'America la necessità di mantenere attive una serie di basi militari in Germania e in altre parti d'Europa. La vicenda kosovara ha, molto probabilmente, spinto l'amministrazione di Washington a risolvere in un unica soluzione (la creazione della base militare "Camp Bondsteel", la più grande in Europa) due problemi (nuovo assetto strategico-militare in Europa e presenza fisica in Kosovo per risolvere il conflitto). Per gli americani, disinteressati in un primo momento, è possibile che nel corso degli anni si siano aggiunte altre ghiotte opportunità. Il sottosuolo del Kosovo è molto ricco di zinco, rame, oro, lignite e altro. Ci potrebbero essere importanti risvolti economici derivanti dallo sfruttamento del sottosuolo nell'interventismo americano. Ultima considerazione che bisogna fare è che il Kosovo, proprio per la sua posizione, rappresenta una linea di confine tra paesi islamici e non, una zona quindi molto delicata per l'America uscita dall'11 settembre: un osservatorio ravvicinato sul contesto medio-orientale.
Personalmente considero la Russia un altro vincitore di questa partita che da regionale è diventata mondiale. Uscita dall'isolamento proprio dell'era eltsiniana, la Russia, da Putin in poi, ha acquistato un ruolo sempre più importante negli equilibri mondiali, cercando di far valere la sua influenza in alcuni paesi del mondo e di vendere bene in termini di consenso le sue ingenti riserve di gas e petrolio. Anche lei, disinteressata inizialmente, è entrata attivamente nella partita kosovara, non per forte spirito d'amicizia verso i fratelli ortodossi, come opportunisticamente si vuol far credere, ma per contrastare nelle sedi opportune lo strapotere americano. Contrapponendosi fermamente alle idee americane sul Kosovo, Putin in persona cercava di raggiungere altri risultati, riuscendo tra l'altro ad ottenere in Georgia lo stesso risultato che gli americani hanno ottenuto in Kosovo. Oggi, grazie al gioco-forza di questi lunghi anni di trattative sullo status del Kosovo, la Russia è sicuramente più forte rispetto a inizio partita. Naturalmente, salgono sul carro dei vincitori gli albanesi del Kosovo che, dopo lunghi anni e tante sofferenze in termini di perdite di vite umane, sono riusciti a coronare il sogno di una vita: l'indipendenza. L'Europa sebbene non sia perdente nel senso classico del termine, è certamente più debole e divisa di prima. Il decisionismo americano sul Kosovo ha creato tanti malumori interni e divisioni sul riconoscimento o meno del Kosovo al punto da rendere felici alcuni e delusi altri. La partita kosovara che poteva segnare per l'Europa una grande opportunità di crescita per se stessa, si è trasformata in indebolimento politico e dissanguamento economico.
La partita del Kosovo si è conclusa, almeno per adesso, con la sconfitta, prevalentemente sentimentale, della Serbia. Dopo ben 9 anni passati lontani dalla gestione politico-amministrativa della sua ex provincia, Belgrado si è vista letteralmente sottrarre una terra che considera storica.
E' una ferita che all'orgoglioso popolo slavo brucia molto. Più in termini ideal-folkloristici che altro. La vera sconfitta potrebbe arrivare adesso se, continuando ad irrigidirsi sul Kosovo, la Serbia perdesse il treno delle opportunità, della crescita e dello sviluppo politico, democratico ed economico chiamato Europa.

articolo pubblicato sul sito di Peacelink

mercoledì 18 febbraio 2009

FESTEGGIAMENTI A PRISTINA

Per tutta la giornata di ieri in Kosovo, soprattutto a Pristina, centro della vita politica e amministrativa del paese, si sono svolti i festeggiamenti del primo compleanno del Kosovo indipendente. Una ricorrenza tanto sentita quanto sofferta. Quest'anno, per l'occasione il governo di Pristina ha stanziato 150 mila euro [non certo pochi per uno stato che ha tanti problemi economici]. I festeggiamenti si sono svolti senza incidenti, in maniera plateale e come un anno fa, numerosi cittadini hanno invaso le strade sin dalle prime luci dell'alba. Il quotidiano Express a caratteri cubitali sulla prima pagina scriveva "Yes we can", ribadendo come per un anno il Kosovo ha dimostrato di poter funzionare come uno stato.

In serata, musica e fuochi d'artificio!




e quanti fuochi...


martedì 17 febbraio 2009

ANNIVERSARIO DELL'INDIPENDENZA DEL KOSOVO: BASSANO FESTEGGIA

Vicenza e il Kosovo, apparentemente senza alcun punto in comune, due realtà lontane e diverse tra loro, hanno, invece, qualcosa che le unisce. Nel 2009 cade la ricorrenza del primo anno di indipendenza del Kosovo, ma anche il decimo anniversario della fine dei bombardamenti NATO contro la Serbia. Le basi militari di Vicenza sono state decisive per arrestare l'atroce disegno di Milosevic. Vicenza corre in soccorso del Kosovo. Vicenza da tempo è ospitale con i kosovari. Nell'area di Bassano del Grappa, infatti, è concentrata una grande comunità di kosovari di etnia albanese, una delle più numerose dopo quella fiorentina. Molti di loro vivono in Italia sin dai primi anni novanta, proprio quando l'aria in Kosovo cominciava ad essere irrespirabile. Fu allora che signori come Advi Beqiri, Arsim Berisha, Fatmir Guri, Thaqi Ragip o Enver Hoti giunsero in Italia. Qui, nel vicentino, la stragrande maggioranza di loro lavora nell'edilizia. Nella zona "verde" della Lega Nord, nel cuore del nord produttivo, "la comunità dei kosovari, quanto a numeri, è la seconda dopo quella dei romeni" afferma Luciano Fabris, assessore alla cultura del comune di Bassano del Grappa. "Una comunità che lavora, pacifica, che non ha mai creato problemi", prosegue l'assessore. Sono loro che con il loro lavoro e i tanti sacrifici mandano avanti la nostra economia così come quella dei parenti che vivono in Kosovo. Con le loro rimesse riescono a mantenere in uno stato di agiata ricchezza le loro famiglie. Sono loro, gli immigrati, che in Kosovo hanno le case più belle e rifinite, progettate da loro stessi secondo gli stili che vedono qui in Italia. Nell'area di Bassano vivono i kosovari provenienti, quasi tutti, dall'hinterland di Mitrovica, Skenderaj e Drenas, dalla parte settentrionale del Kosovo. Questo evidenzia come i legami familiari e la solidarietà abbiano spinto sempre più persone, tra loro consaguinei, a trasferirsi in questo fiorente comune d'Italia. Un po' per volta, di pari passo con l'inserimento nella società, i precursori hanno dato ospitalità ai loro conoscenti e poi, quando il lavoro diventava sempre più stabile hanno preparato l'arrivo di moglie e figli. Mensur ricorda bene la sua infanzia trascorsa a Bassano. Era il 1999 quando insieme alla sorella frequentava la scuola media italiana; ricorda ancora, a distanza di anni, l'ottima accoglienza di maestre e compagni di classe, una solidarietà che è cresciuta quando le atrocità di quegli anni di guerra sono giunte negli schermi delle nostre televisioni, quando attoniti tutti loro ascoltavano la testimonianza del loro "amichetto", storie inimmaginabili per loro prima del racconto di Mensur. Dopo tre anni di permanenza in Italia, Mensur è ritornato a Mitrovica, ma oggi, 22 anni, laureato in Economia ha deciso di ritornare in Italia per proseguire gli studi. Oggi è qui insieme a parenti e cugini a festeggiare l'anniversario dell'Indipendenza del Kosovo. Nella festa organizzata dall'associazione culturale Bashkimi Kombetar mi sembra di vedere tanti Mensur, nel fior della loro giovinezza, ripetere lo stesso suo percorso. Sono molti che frequentano le scuole italiane, che parlano un italiano perfetto e che oggi per l'occasione, con altrettanta naturalezza ballano e cantano canzoni tipiche della loro più genuina tradizione. Circa 200 persone, si sono ritrovati in un grande ristorante a festeggiare la "Pavarsia" del Kosovo. Intere famiglie con bimbi al seguito, giovani coppie, una comunità compatta e solidale, lontana da casa, ha festeggiato un evento tanto sentito. Ad animare la serata musica e balli tipici che hanno coinvolto grandi e piccini. Giovani intenti a festeggiare con le loro coetanee, tra sorrisi e sguardi maliziosi; un po' più composti i loro genitori, intenti a raccontarmi la storia personale dei loro ultimi dieci anni, la loro positiva esperienza e il tempo libero che dedicano alla loro associazione culturale Bashkimi Kombetar. L'associazione conta più di 50 iscritti -50 famiglie- e organizza varie attività di aggregazione, di svago per i bambini, incontri e dibattitti interni e con le altre comunità di stranieri. Sono loro che hanno creato, con il prezioso supporto del Prof. Vittorio Andolfato, la scuola di lingua albanese per i loro figli, che fanno pervenire richieste all'amministrazione locale, come quella di "poter istituire un educatore sociale nelle scuole per supportare l'attività educativa di quanti in difficoltà con l'apprendimento scolastico e i compiti a casa" mi ricorda il loro presidente, Avdi Beqiri. Quella a cui ho preso parte l'altra sera non è una burla carnevalesca, ma i risvolti positivi di una integrazione riuscita, un'isola felice rispetto a quello che l'Italia oggigiorno pare offrire alle persone che provengono da altre parti del mondo. Questo è un altro discorso. Oggi a Bassano si festeggia il Kosovo indipendente.

articolo pubblicato su il Reporter e Peacelink

lunedì 16 febbraio 2009

IL PRIMO ANNIVERSARIO DELL'INDIPENDENZA DEL KOSOVO


Il 17 febbraio il Kosovo festeggerà il primo anniversario della sua nascita in seguito alla dichiarazione unilaterale di indipendenza dalla Serbia. Senza dubbio la maggior parte della popolazione del Kosovo di origine albanese celebrerà con gioia questo evento. Anche rumorosamente. L'ostruzionismo russo non ha permesso una nuova risoluzione ONU che consentisse di superare quella tuttora vigente, la 1244, e con essa una serie di ostacoli per la piena attuazione dell'Indipendenza. Il nuovo paese è stato finora riconosciuto solo da 54 dei 192 paesi delle Nazioni Unite e 5 dei 27 membri dell'Unione europea si sono espressi contro l'indipendenza.
Chi credeva che l'indipendenza avrebbe innescato nuove esplosioni di violenza e di pulizia etnica, un'ondata incontrollata di emigrazione, l'emergere del nazionalismo serbo e forse anche una riesplosione delle guerre nei Balcani, dovrà ricredersi. Oggi il Kosovo è in gran parte uno stato pacifico, anche se povero e con alcuni problemi, in parte ingigantiti e creati dalle potenze mondiali coinvolte, in parte legati alle falle delle sue frontiere, che permettono a serbi ed albanesi di fare affari, forti dell'appoggio politico locale e dell'inefficace lavoro delle forze internazionali preposte al controllo. Anche se la Serbia si rifiuta di accettare l'indipendenza del Kosovo, bisogna constatare che oggi il governo di Belgrado è il più filo-europeo della sua storia. E' su questo che bisogna fare leva per superare la posizione precaria del Kosovo. Sarebbe un grande segnale se i cinque paesi che non hanno ancora riconosciuto l'indipendenza -Spagna, Grecia, Romania, Slovacchia e Cipro- cambiassero posizione al riguardo. L'occasione rafforzerebbe e compatterebbe l'Europa, pronta poi a stilare programmi economici ancora più efficaci per la Serbia e la sua integrazione in Europa. I dubbi espressi da questi paesi sono comprensibili, trovandosi anche loro con problemi affini da risolvere. Sanno comunque, come afferma una recente risoluzione del Parlamento europeo, che un giorno dovranno riconoscere il Kosovo. Più che rinviare la decisione, più che contribuire a promuovere l'impressione di una Europa divisa che nuoce al Kosovo, al resto dei Balcani occidentali e alla stessa Europa, i cinque stati dovrebbero agire velocemente, certi che i timori di nuove dichiarazioni unilaterali di indipendenza da parte di alcune loro regioni sono frutto della fantasia.

articolo pubblicato su il Reporter

sabato 24 gennaio 2009

LA VERA MULTIETNICITA' CHE NON HA CONFINI



Un colpo al cerchio, uno alla botte

Mi trovo pienamente in sintonia con l'articolo sotto riportato "Kosovo/Kfor: Incidenti a Nord "pilotati" da crimine organizzato". Si vocifera da molti anni e da vari ambienti della presunta e mai accertata colpevolezza del Kosovo per essere lo stato delle mafie, giusto per citare le parole di Limes. Il Kosovo viene dipinto come il crocevia principale dell'eroina afgana (da Riccardo Iacona) che giunge a fiumi tramite la Turchia, delle armi (da Limes) e della prostituzione. Questo colosso affaristico, che farebbe invidia anche alle potenti organizzazioni criminali di casa nostra, sarebbe retto dalla classe politica kosovara e dal suo braccio militare, l'UCK, restando fedeli alle osservazioni dei soggetti di cui sopra. Il quadro che hanno posto davanti ai lettori esiste ed ha come scenografia tutti questi elementi. E' un quadro fluido come gli affari che ci sono dietro, ma per niente nitido. Molto spesso viene difficile coglierne la tecnica e l'importanza di tutti gli elementi, ma come nel famoso ritratto ondulato di Dora Maar, guardandola in faccia, se ne ammira la potenza romantica del contenuto. Di tutto quello che i vari Iacona e Limes dicono, non c'è traccia alcuna. Nessun giornale locale, internazionale, rapporto della polizia locale o della Kfor ha mai riportato significativi riscontri con questa realtà, siano essi sequestri di droga (ho letto un solo articolo di un significativo quantitativo sequestrato al confine con la Macedonia), armi (limitati trafiletti sulla stampa locale kosovara) e prostituzione. Mi chiedo, pertanto, come sia possibile disegnare millimetricamente su cartine colorate (Limes) le strade di tutti questi traffici illeciti, senza riportare, con altrettanti documenti visivi, la veridicità delle notizie? Come sia possibile che, con una massiccia presenza di militari, 007, finanzieri, poliziotti e procuratori internazionali - che superano le 25000 unità - i criminali la facciano sempre franca, riescano a far passare sempre tutto senza farsi beccare con le mani nella marmellata? I fatti potrebbero essere due: i giornalisti dicono bufale e i militari fanno un ottimo lavoro, i militari sono in vacanza e i giornalisti riportano la verità. Battute di spirito a parte, credo che sotto sotto ci siano grossi guadagni dovuti a massicci traffici pilotati da buona parte dei politici del Kosovo e che le forze internazionali, tutte, per il quieto vivere preferiscono occuparsi d'altro [ma tutto ciò, come le osservazioni dei Iacona, Limes e altri, rimangono, in assenza di un riscontro pratico - video, foto, dossier- soltanto delle supposizioni]. Per carità, pattugliano, sorvegliano, documentano, ma mai sequestrano. Conoscono le esperienze di Ramush, persino dove ha i depositi di sigarette di contrabbando, ma nessuno fa nulla. A volte, come nel caso dei nostri finanzieri, sono impossibilitati a svolgere le stesse italiche funzioni: non possono sequestrare merce contraffatta e altro, perchè le regole di ingaggio - rules of engagement - non prevedono questo. I nostri finanzieri, sino ad ora, se non avranno comprato nulla nelle grandi catene del falso (ce ne sono due a pochi metri dal quartiere generale Kfor di Pristina) avranno sicuramente assistito alle grandi spese che militari e internazionali in genere (un buon 80% dei clienti) giornalmente, ma soprattutto durante i periodi festivi, si apprestano a fare. Scarpe Nike con i molloni, profumi di marca, borsette griffate all'ultima imitazione, magliette Lacoste, Ralph Lauren, pantaloni Zegna, Diesel, cd e dvd pirati, gli articoli più gettonati.
Riporto la scena di Melodia, uno dei due megastore, vista con i miei occhi innumerevoli volte, per far presente che molto spesso è il "complice" silenzio degli internazionali a fare del Kosovo una prospera isola felice per il crimine e il contrabbando. Comunque sia, nè l'eroina, nè la prostituzione nascono nel Kosovo, ma usufruiscono di queste falle del sistema per cambiare aspetto e presentarsi alle nostre frontiere sotto un look non sospetto. Sarò forse ingenuo, ma una domanda vorrei proprio farla: Non sarebbe logico che paesi molto più strutturati, prossimi ad entrare nell'Unione Europea o già dentro bloccassero il marcio che giunge sulle loro frontiere? L'eroina non potrebbe essere sequestrata in Turchia? o in Grecia? La prostituzione non potrebbe essere colpita in Romania o Bulgaria, prima di giungere in Kosovo? Questo paese, come riportano tutti, è uno sputo di terra circondato da molte realtà torbide e colluse con il contrabbando. Una di queste è la Serbia, che con la sua ex provincia e i suoi nemici di sempre, gli shqiptari, fanno ottimi affari. Ultimo quello sulla benzina e dei prodotti serbi. Samopravo sul suo blog spiega come funziona:
... le frontiere 1 e 31, che da febbraio di quest’anno sono allegramente aperte a tutti, grandi e piccoli. Ovviamente mi riferisco a grandi e piccoli traffici ileciti. Non a caso, le dogane sono stata la prima cosa ad essere bruciata dopo la dichiarazione di indipendenza...Quando si tratta di trafficare Serbi e Albanesi - si dice - vanno d’accordissimo. Fanno affaroni d’oro di questi tempi, soprattutto col traffico di benzina. Se volete spiego come funziona, non e’ difficile: porti una cisterna di benza dalla Serbia in Kosovo passando dal Nord. Non ha pagato le tasse in Serbia perche’ le tasse si pagano nel paese di destinazione (cioe’ il Kosovo, ricordate?). Solo che al Nord nel Kosovo non ci sono le dogane, quindi le tasse non le paghi manco li’. Quindi vendi la benza a Mitrovica Nord con saldi del 20% e fai un sacco di soldi. Vedrai, la gente fa la fila, viene anche da fuori citta’ apposta per quello. Oppure, meglio ancora, dopo che le hai fatto fare un giretto in Kosovo, la cisterna la re-importi in Serbia, sempre sfruttando le dogane che non ci sono. E li’ te la vendi come sopra. (sull'argomento vedi anche Rinascita Balcanica)

Kosovo/Kfor: Incidenti a Nord "pilotati" da crimine organizzato. Ragioni etniche di facciata: si protegge fiorente contrabbando (Apcom/ Nuova Europa)
Gettare ombra sull'operato della missione di giustizia e polizia dell'Unione europea (Eulex), di recente dispiegata in Kosovo, e impedirle di consolidare le fragilissime strutture doganali che favoriscono le fiorenti attività di contrabbando nell'area. Questo il vero obiettivo che si nasconderebbe dietro gli incidenti registrati ultimamente a Mitrovica, città a nord del Kosovo, roccaforte della minoranza serba: episodi pilotati dunque, che poco hanno a che vedere con lo scontro etnico tra serbi e albanesi. Una tesi, questa, che si è andata diffondendo tra molti analisti e osservatori locali ed internazionali e che trova ampio riscontro nell'intervista rilasciata al quotidiano di Pristina, Koha ditore, da Michel Yakovleff, comandante delle truppe Nato (Kfor) competenti del Kosovo settentrionale. Pur senza esplicitare che Eulex sia finita nel mirino di contrabbandieri "soprattutto di benzina", il militare ammette: "Ci sono giovani ragazzi che i criminali utilizzano per i loro personali scopi. Non c'è niente di inter-etnico e tutti concordano su questo". Il riferimento è agli episodi di violenza di cui è stata teatro Mitrovica nelle recenti settimane: un giovane serbo è stato accoltellato da due albanesi; tre giornalisti e sette pompieri sono rimasti feriti a margine di scontri interetnici; due serbi sono stati aggrediti da una ventina di albanesi; una bomba a mano è stata lanciata contro una casa di proprietà di un albanese. La rivalità tra serbi e albanesi sarebbe però solo di facciata: "L'intera regione - puntualizza Yakovleff - è un paradiso per i contrabbandieri, non solo a nord, ma anche a sud". Ciononostante, la situazione generale nel Kosovo settentrionale, di cui Yakovleff è direttamente competente, resta "abbastanza sicura" in quanto vi è "un focolaio circoscritto al centro di Mitrovica, mentre in altre località come Leposavic, Zubin Potok o Vucitrn non ci sono molti problemi". Mitrovica è la città simbolo delle fratture etniche dell'auto proclamato stato, spaccata com'è dal fiume Ibar: a nord i abitano i serbi, a sud gli albanesi. "Dal 30 dicembre scorso - informa il comandante Kfor - abbiamo incrementato la presenza militare nella città".

mercoledì 17 settembre 2008

IN EVIDENZA

Neanche all'oriente piace più il Kosovo

Vorrei segnalarvi un articolo apparso questa mattina sul sito de il legno storto. L'argomento è molto interessante e merita riflessione. Si ricollega a quanto riportavo ieri a proposito del riconoscimento dell'indipendenza del Kosovo, anche se questa volta l'attenzione è rivolta verso i paesi musulmani (circa il 90% dei kosovari è di fede musulmana) che da giorni sono riuniti nell'annuale Conferenza Islamica.



martedì 16 settembre 2008

QUOTA 47

Lo stato di Samoa è il 47° paese ad aver riconosciuto il Kosovo. In un comunicato stampa il Ministro degli Esteri del Kosovo afferma che il governo di Samoa ha indirizzato una lettera al Presidente del Kosovo, Fatmir Sejdiu. L'oggetto della missiva è il riconoscimento dell'indipendenza. "Ci auguriamo che l'indipendenza del Kosovo possa ottenere riconoscimenti sempre più ampi al fine di poter chiudere il conflitto degli anni '90" è riportato nella nota. Tra i paesi che hanno riconosciuto il neonato stato, Afghanistan in testa, figura anche l'Italia che ha riconosciuto il Kosovo il 21 febbraio.

in verde i paesi che hanno riconosciuto formalmente l'indipendenza del Kosovo.




la lista completa dei 47 paesi è consultabile qui





KOSOVO: LA VOCE DEL CONIGLIO