sabato 23 maggio 2009

SRI LANKA: THE DAY AFTER


La guerra civile in Sri Lanka, iniziata nel 1983 tra il governo cingalese e i ribelli tamil, è finita dopo più di un quarto di secolo. La mattina del 18 maggio 2009, con l'uccisione di Velupillai Prabhakaran, storico leader fondatore dell’LTTE (Tigri per la liberazione del Tamil Eelam), con la morte di tutti gli alti gerarchi, e la conquista da parte dell'esercito dell' ultima striscia di terra in mano ai guerriglieri tamil, si è definitivamente concluso un conflitto che ha macchiato lo Sri Lanka con il sangue di circa 100 mila persone. Civili, vittime innocenti e inermi delle atrocità commesse da entrambe le parti in causa: Governo e Tigri dell’LTTE. A pagare il prezzo più alto di questo conflitto sono stati, soprattutto negli ultimi mesi, i civili tamil. Di fronte a questo sconcertante scenario la determinazione del presidente Rajapaksa non è sembrata mai scalfita da incertezza. Orientato a portare a segno l’obiettivo che si era prefissato in campagna elettorale, il presidente ha dato ordini chiari al suo esercito di combattere fino alla fine. Non sono serviti nè l’annuncio di qualche giorno fa dell’LTTE, ormai stremata, di riporre le armi per consentire il soccorso ai civili intrappolati in mezzo agli scontri, nè tantomeno i certo troppo timidi appelli al cessate il fuoco da parte Comunità internazionale. Con l’annuncio della “liberazione dello Sri Lanka dal terrore”, pronunciato all’aeroporto di Colombo dal presidente trionfatore appena rientrato dalla Giordania, sono iniziati i festeggiamenti nazionali per quello che, sempre per bocca di Rajapaksa, deve considerarsi come “un grande momento storico per tutta l’isola”. Dalla capitale, Colombo, alle principali città cingalesi come Kandy, Galle, Mannar, la gente si è riversata numerosa per le arterie cittadine. Nel giro di una notte, Colombo si è svegliata tutta colorata dalle numerose gigantografie del presidente, colui che è stato definito dal popolo come “un grande statista”. Le vivaci bandiere nazionali a migliaia sventolavano ovunque, pronte a fare da coreografia al giorno della Festa Nazionale dichiarata il 20 di maggio. Le bandiere erano veramente tante. Forse ognuna di loro era lì a rappresentare ogni civile morto? I botti dei petardi e il suono dei clacson rendevano l’aria di festa ancora più spensierata. Entusiasmo, fierezza, mista ad orgoglio per il presidente e il valoroso esercito, erano i sentimenti che si potevano facilmente leggere nei volti dei cittadini cingalesi. La sbornia post-festeggiamento sembra si sia già conclusa oggi, ma mentre a Colombo si gridava di gioia, al nord, teatro degli ultimi mesi dell’offensiva finale contro i ribelli separatisti, non si riesce ancora a contare il numero preciso dei morti. Si parla di oltre 10 mila morti dal mese di gennaio al giorno della fine del conflitto, e di circa 300 mila sfollati che vivono da diverso tempo ormai in campi fatiscenti e in condizioni di preoccupante degrado psico-fisico. Ovviamente, come nel passato, ancora oggi per le cifre vale sempre l’approssimazione e per la cronaca degli eventi la fiaba della stampa locale rimane l’unico riferimento. Neanche a guerra conclusa il governo lascia operare le organizzazioni internazionali e gli aiuti umanitari della Croce Rossa Internazionale. Per inspiegabili ragioni sono state infatti bloccate per più di dieci giorni al largo delle coste della “no-fire zone”, navi cariche di aiuti essenziali, impedendo di fatto agli operatori dell’ICRC di distribuirli alle persone che li necessitavano da mesi. Lo scenario dei campi dislocati in diversi centri nei dintorni di Mullaitivu, cittadina del nord-est dove gli scontri sono stati particolarmente duri, è sempre più preoccupante e se già un mese fa la gestione dei circa 150 mila sfollati faceva preoccupare le poche organizzazioni accreditate, oggi parlare di crisi umanitaria potrebbe addirittura risultare un eufemismo. Poche sono le certezze quando un conflitto finisce. Per quanto riguarda lo Sri Lanka una di queste è che con un'offensiva armata non si può semplicemente cantar vittoria, il "problema" della minoranza tamil continuerà ad esistere. La vera sfida viene dunque adesso e si chiama assistenza umanitaria e gestione degli sfollati, ricostruzione e integrazione della minoranza tamil. E’ facilmente intuibile che se la frustrazione, l’escusione sociale e la mancanza di prospettive future rischiano di rimanere per troppo tempo i sentimenti prevalenti tra i disperati tamil intrappolati nei campi [che, magari a distanza di anni, continueranno a vivere nelle stesse condizioni di oggi], il vuoto di leadership venutosi a creare con l’azzeramento delle tigri Tamil dell’LTTE, potrà allora facilmente essere ricoperto da uno dei tanti gruppi estremistri che ruotano intorno alla causa e al sogno autonomista della minoranza tamil, ancora per nulla svanito. Solo se il presidente Rajapaksa affronterà seriamente, non soltanto con gli slogan dell'ultimo periodo, l’ardua e lunga battaglia dei diritti umani e dell’integrazione sociale sarà incoronato "King" dello Sri Lanka, come qualche mass media, troppo prematuramente, l'ha denominato in questi giorni. Ai posteri l'ardua sentenza. Ai presenti, rimane la difficoltà di essere ottimisti, ma la possibilità di essere speranzosi, almeno per oggi, non ci costa nulla. ckh43gbzip

articolo pubblicato sul trimestrale di giugno de Un mondo possibile

Sri Lanka: la voce del coniglio

2 commenti:

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

molto intiresno, grazie

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