mercoledì 8 settembre 2010

KOSOVO – FALSCHE HEIMAT


Il termine "casa" descrive una relazione tra popoli indigeni e lo spazio. La casa è il posto dove si è cresciuti e in cui ci si dovrebbe sentire al sicuro, quantomeno protetti. Ogni tanto non è così e, le notizie degli allontanamenti di questi giorni ce lo ricordano. Hannes Jung, giovane fotografo tedesco, in un interessante reportage ha documentato le sorti della famiglia Berisha che nel 1992  lasciò l'ex-Jugoslavia col suo clima irrespirabile per cercare riparo altrove, in Germania. Quì sono rimasti per 17 anni e cinque dei loro sei figli sono nati proprio nella loro nuova terra di accoglienza. Nel 2008 la famiglia venne costretta dalle autorità tedesche a rientrare nella loro patria (?), in quel Kosovo estraneo a cinque dei sei giovani Berisha. Nessuno è in attesa di loro, nè parenti, nè amici. Non vanno a scuola. Fatta eccezione per la madre, nessuno parla correttamente albanese.


Guarda il sito di HANNES JUNG












3 commenti:

Katrina ha detto...

Dovevi curarti di tradurlo o di farlo tradurre Raffaele, perchè è un reportage asciutto, lineare, ma stupendo. Nella sua crudezza, nella sua nudità, questa testimonianza ha efficacia e forza espressiva rare.
Si tratta di rom? Sono stati svegliati nella notte, e di fatto deportati?
Le immagini, i volti parlano di perplessità, sgomento, addirittura incredulità, infine rassegnazione.
Uno gioca con le mele, l’ espressione attonita, sembra sospeso nel tempo e nello spazio….. un altro giovane si guarda allo specchio, forse alla ricerca disperata di una conferma di sé….
L’uso sapiente delle luci e delle ombre crea un contrasto fascinoso tra i toni lividi degli esterni e quelli caldi dell’ interno dove si coglie un’ intimità rituale, sommessa eppure salda, e legami veri.
I ragazzi ciabattano le ore senza allegria, incerti tra il tentativo di arrangiare una qualche forma di esistenza, di racimolare qualche pezzo di identità, e la rinuncia.
Non c’è dolore, ma un senso di sospensione quasi astratto che pervade ogni inquadratura, come di irrealtà, le giovani vite in calze impregnano l’ aria di un’ energia latente, di pulsioni che si intuiscono e che incanaleranno chissà come, chissà dove...con quali aspettative, con quali risultati, in bilico fra marginalità e futuro….
Ma intanto l’ aria rimane immota, né si intravede speranza.

Katrina

Raffaele Coniglio ha detto...

Si, tradurlo avrebbe reso tutto più semplice, ma da adesso col tuo lucido commento non ci sarà più bisogno. Credo che le tue considerazioni dovrebbero essere tradotte e fatte pervenire all'autore. E' la più acuta e profonda analisi che poteva essere scritta.
Gli aggettivi, tutti quelli che hai usato, descrivono molto bene, ahimè, le condizioni di questa famiglia albanese, rientrata dalla Germania. Posso aggiungere, in base a quanto mi ha riferito l'autore del servizio, che la famiglia Berisha, insieme a molte altre, ha ricevuto supporto durante il periodo della guerra e ospitalità in Germania. Qui è rimasta per quasi 17 anni. Non si sa bene il motivo del rimpatrio in Kosovo. Per Hannes ciò in parte è dovuto a piccoli problemi di criminalità imputabili ad uno dei figli (dice sempre Hannes che per la legge tedesca se uno dei membri che ricevono assistenza e supporto dal governo federale compie atti del genere, allora tutta la famiglia viene invitata a lasciare il paese). Altro probabile motivo che Hannes menziona è appunto la politica dei servizi sociali per i rifugiati. E' molto probabile che dopo anni di assistenza ed alla crisi del welfare state il governo tedesco abbia compiuto l'ennesimo sforzo economico per rispedire indietro gran parte dei rifugiati del Kosovo, fornendo loro i primi aiuti e alloggi temporanei. La situazione venutasi a creare, usando le tue stesse parole, è quella di "ragazzi che ciabattano le ore senza allegria, incerti tra il tentativo di arrangiare una qualche forma di esistenza, di racimolare qualche pezzo di identità, e la rinuncia", in bilico appunto fra marginalità e incertezza del futuro.

Saluti,
Raffaele

Katrina ha detto...

Gruppo di famiglia (albanese) in un interno.
Alcune immagini, pur nella loro semplicità quotidiana sono di intensità rara. Guarda il fotogramma della vecchia (mi detesterebbe se la chiamassi "anziana"......) assisa su quella specie di divano fiorato. Le gambe incrociate, il gilet, il volto scolpito, impassibile. Guardandola, si ha l' impressione che il tempo evolva non linearmente ma, curiosamente, in senso circolare....
Ieratica, un totem. E' una figura che ricorre spesso negli interni albanesi, vero nume tutelare della casa.
Se questa è Europa.
Come dici tu, più di un pretesto visivo...oltre le guerre, i confini e le umane miserie...

Eternità.

Posta un commento

KOSOVO: LA VOCE DEL CONIGLIO