
lunedì 22 dicembre 2008
BUON 2009 CON UNA SCARPA IN FACCIA ALLE INGIUSTIZIE

venerdì 5 dicembre 2008
I SEI PUNTI
I tanto discussi sei punti proposti dal segretario generale Ban Ki-moon a Belgrado e Pristina - una volta raggiunto l'accordo di massima con la Serbia- sono stati approvati all'unanimità dal Consiglio di Sicurezza. Il nuovo piano dell'ONU, di seguito riportato, rappresenta l'ennesima acrobatica alchimia diplomatica dell'Occidente con l'intento di ri-uscire dalla controversa realtà sopraggiunta all'indipendenza. Senza entrare nel merito di questa o quella posizione (pro-indipendenza o meno) mi limito a far presente che le rocambolesche giravolte fanno molto male ai cittadini di ogni etnia e schieramento che vivono oggi in Kosovo e solo a loro. Non si può ogni volta sventolare la bandiera della convenienza politica, giocare al gioco della carota e del bastone, sostenere prima una posizione e insieme una visione, poi il suo opposto, provocandone prima il rancore di Belgrado ora quello di Pristina. I sei punti, con piccole variazioni, non rappresentano altro che la realtà del Kosovo precedente al 17 febbraio 2008, dove la risoluzione ONU 1244 era la cornice giuridica di riferimento. Non aggiungono nulla di eclatante. Anzi, sottraggono lo zuccherino che era stato dato dalle maggiori potenze occidentali al Kosovo, l'indipendenza come possibile soluzione pacifica del conflitto. Perchè, mi chiedo, questo nuovo piano in sei punti non è stato presentato prima del Piano Ahtisaari?, in modo tale da fermare quel processo indipendentista che proprio l'Occidente aveva partorito? La virata di questi giorni, con l'approvazione dei sei punti, sarà la premessa di nuove tensioni tra i due eterni rivali, l'opposto di quello che vanno predicando sempre ONU, Unmik e ora Eulex. Onestamente penso che solo così, con una situazione sempre tesa, conflittuale e appositamente creata, i nostri beniamini dell'"ordine" e della "democrazia" possono trovarvi interesse per agire e operare, con la compiacenza appunto della comunità internazionale che li paga profumatamente.
I sei punti del piano Onu (fonte Osservatorio sui Balcani)
 1- Polizia: Nei territori abitati da popolazione serba le forze di polizia restano sotto l'attuale catena di comando, supervisionata dalla polizia internazionale. Gli ufficiali serbi vengono nominati dal capo dell'Unmik.
2 - Dogane: I doganieri internazionali tornano a controllare i valichi confinari nel nord del Kosovo, nella cornice della risoluzione 1244.
Viene incluso anche un protocollo di collaborazione tra la Serbia e il Servizio Dogane dell'Unmik. E' prevista l'apertura di un ulteriore valico a Kamenica. La maggior parte degli introiti raccolti alle frontiere andrà alle amministrazioni locali, una parte minore al governo di Pristina.
3 - Tribunale: Il tribunale di Mitrovica nord rimane sotto controllo dell'Unmik. Giudici e procuratori locali saranno nominati nella cornice della risoluzione 1244.
4 - Infrastrutture: Verranno iniziati appositi negoziati.
5 - Confini: Nella cornice della 1244, la Nato continuerà ad esercitare l'attuale mandato di garante della sicurezza.
6 - Tutela del patrimonio culturale serbo: E' necessario continuare il dialogo tra Pristina e Belgrado, nel quale dovrà essere coinvolta anche la Chiesa Ortodossa Serba.
martedì 2 dicembre 2008
RISIKO
I tre personaggi, forse in maniera autonoma, forse in una operazione pianificata con il loro ufficio, si sono mossi entro questa cornice con l'intento di scardinarla? I tanti interrogativi e i dubbi non troveranno probabilmente la luce della verità. Dopo il clamore iniziale si è deciso di lavare i panni sporchi a casa propria. Gli interessi della Germania in Kosovo sono tanti e, come affermavo in un altro post, la Germania è stata una grande sostenitrice dell'indipendenza ed ha sostenuto sino ad ora massicciamente lo sviluppo socio-economico del Kosovo. Non da ultimo, la Germania è una delle nazioni più coinvolte nel dispiegamento di Eulex con più di 200 poliziotti. Sarà forse lo stallo post-indipendenza con i ritardi di Eulex e la marginalizzazione della Germania dalle posizioni di vertice per il Kosovo (ICO, Unmik, Kfor) il nocciolo del problema?
Consiglio la lettura di una interessante analisi apparsa sul sito paginedidifesa.it dal titolo "Kosovo,Eulex e misteri tedeschi"
sabato 22 novembre 2008
PRODUKTE AUS DEUTSCHLAND

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venerdì 21 novembre 2008
I TEDESCHI DIETRO LA BOMBA ALLA SEDE DELL'EU IN KOSOVO?
 
 sto è arriva anche da Veton Elshani, portavoce della KPS, la polizia kosovara, che sul giornale Zeri afferma "La polizia ha arrestato tre cittadini tedeschi sospettati dell'attentato alla sede dell'ICO. I tre non hanno nessun passaporto diplomatico e non hanno nessuna relazione con l'Ambasciata tedesca in Kosovo, ma si trovavano qui per questioni prettamente private". Per il momento non si hanno altre informazioni anche perchè le indagini sono ancora in corso, e la stessa identità dei sospettati è ancora sconosciuta, ma è certa la detenzione dei tre tedeschi. La bomba, che ha causato solo danni materiali, è sopraggiunta in seguito al rifiuto da parte delle autorità kosovare del nuovo piano ONU in sei punti fatto pervenire alle due parti in causa dal Segretario Generale delle nazioni Unite Ban Ki-Moon.
sto è arriva anche da Veton Elshani, portavoce della KPS, la polizia kosovara, che sul giornale Zeri afferma "La polizia ha arrestato tre cittadini tedeschi sospettati dell'attentato alla sede dell'ICO. I tre non hanno nessun passaporto diplomatico e non hanno nessuna relazione con l'Ambasciata tedesca in Kosovo, ma si trovavano qui per questioni prettamente private". Per il momento non si hanno altre informazioni anche perchè le indagini sono ancora in corso, e la stessa identità dei sospettati è ancora sconosciuta, ma è certa la detenzione dei tre tedeschi. La bomba, che ha causato solo danni materiali, è sopraggiunta in seguito al rifiuto da parte delle autorità kosovare del nuovo piano ONU in sei punti fatto pervenire alle due parti in causa dal Segretario Generale delle nazioni Unite Ban Ki-Moon.
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mercoledì 19 novembre 2008
EULEX: MISSION IMPOSSIBLE
 
 e del Piano Ahtisaari, ma hanno ancora un impegno con Belgrado, con la risoluzione Onu 1244 che è ancora legge. Questa posizione schizofrenica dell'Europa o riconverge presto al palazzo di Vetro di New York oppure diventerà sempre più insostenibile. In sostanza negli ultimi mesi si sono registrate delle evoluzioni-involuzioni che potrebbero essere così riassunte. Eulex, la missione civile, che era pronta da circa sei mesi ad operare in Kosovo, è ancora ferma per via dei veti della Serbia che sino a una settimana fa si è mostrata contraria all'entrata in azione della missione europea in Kosovo, manifestando apertamente lo scontento anche con proteste organizzate a Mitrovica e Gracanica. La Serbia non permetterà a Eulex di operare perchè ciò significherebbe accettare da parte delle autorità di Belgrado le evoluzioni avvenute in Kosovo e riconoscere apertamente l'allontanamento di Pristina dal controllo di Belgrado. Questo è il succo dell'azione politico-diplomatica giocata da Belgrado. L'Unione Europea ne ha preso atto ed ha capito che qualsiasi forzatura nel dispiegare la sua missione avrebbe potuto rivelarsi una mossa assai rischiosa. Sul versante kosovaro, le euforiche autorità di Pristina, sin dal giorno stesso della dichiarazione d'Indipendenza, hanno sempre espresso un parere favorevole alla missione Eulex ed hanno sempre spinto i governi europei ad accelerare tale missione. Da meno di una settimana
e del Piano Ahtisaari, ma hanno ancora un impegno con Belgrado, con la risoluzione Onu 1244 che è ancora legge. Questa posizione schizofrenica dell'Europa o riconverge presto al palazzo di Vetro di New York oppure diventerà sempre più insostenibile. In sostanza negli ultimi mesi si sono registrate delle evoluzioni-involuzioni che potrebbero essere così riassunte. Eulex, la missione civile, che era pronta da circa sei mesi ad operare in Kosovo, è ancora ferma per via dei veti della Serbia che sino a una settimana fa si è mostrata contraria all'entrata in azione della missione europea in Kosovo, manifestando apertamente lo scontento anche con proteste organizzate a Mitrovica e Gracanica. La Serbia non permetterà a Eulex di operare perchè ciò significherebbe accettare da parte delle autorità di Belgrado le evoluzioni avvenute in Kosovo e riconoscere apertamente l'allontanamento di Pristina dal controllo di Belgrado. Questo è il succo dell'azione politico-diplomatica giocata da Belgrado. L'Unione Europea ne ha preso atto ed ha capito che qualsiasi forzatura nel dispiegare la sua missione avrebbe potuto rivelarsi una mossa assai rischiosa. Sul versante kosovaro, le euforiche autorità di Pristina, sin dal giorno stesso della dichiarazione d'Indipendenza, hanno sempre espresso un parere favorevole alla missione Eulex ed hanno sempre spinto i governi europei ad accelerare tale missione. Da meno di una settimana  le posizioni di Belgrado e Pristina per quanto fossero schiette, forti e sincere si sono completamente ribaltate. Questo si è verificato quando è giunto ai loro rispettivi indirizzi il piano in sei punti del Segretario Generale dell'Onu Ban Ki-Moon sulla riconfigurazione di Unmik, accordo che, di fatto, darebbe l'avvio al dislocamento della missione europea. Le pressioni ed i contatti delle Nazioni Unite, proprio per ammorbidire le posizioni serbe e cercare di trovare un buon compromesso, hanno spinto Belgrado a leggere e ad interpretare i sei punti dell'Onu con un'altra enfasi. Si è trovato un parziale compromesso. Le autorità serbe hanno espresso un parere favorevole all’implementazione del Piano con Belgrado che si è detta pronta ad accettare la presenza di Eulex in Kosovo a tre condizioni:
le posizioni di Belgrado e Pristina per quanto fossero schiette, forti e sincere si sono completamente ribaltate. Questo si è verificato quando è giunto ai loro rispettivi indirizzi il piano in sei punti del Segretario Generale dell'Onu Ban Ki-Moon sulla riconfigurazione di Unmik, accordo che, di fatto, darebbe l'avvio al dislocamento della missione europea. Le pressioni ed i contatti delle Nazioni Unite, proprio per ammorbidire le posizioni serbe e cercare di trovare un buon compromesso, hanno spinto Belgrado a leggere e ad interpretare i sei punti dell'Onu con un'altra enfasi. Si è trovato un parziale compromesso. Le autorità serbe hanno espresso un parere favorevole all’implementazione del Piano con Belgrado che si è detta pronta ad accettare la presenza di Eulex in Kosovo a tre condizioni:- che la nuova missione venga dispiegata con l'approvazione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu
- che la nuova missione sia neutrale riguardo alla status del Kosovo (il messaggio di Belgrado è quello di far capire che la risoluzione Onu 1244 è ancora in vigore, quella che afferma in un suo punto che il Kosovo è una regione della Repubblica della Serbia)
- che la nuova missione non faccia alcun riferimento al Piano Ahtisaari (piano post 1244 che prevede, invece, la gestione dell'indipendeza del Kosovo).
 sovo a nulla è valso per trovare un accordo di massima sui sei punti del nuovo Piano Onu, anzi in quelle circostanze le autorità di Pristina hanno avuto modo di esprimere e ribadire una posizione che sembrava ormai essere chiara a tutti. Sia il Presidente del Kosovo, Fatmir Sediu, che il Primo Ministro, Hasim Thaci, hanno espresso il loro interesse a rafforzare il dialogo e contribuire all'estensione della nuova missione Eulex, nel rispetto, però, del Piano Ahtisaari, della Costituzione del Kosovo e delle sue leggi. Sediu, ha affermato che "nessuno decide per il Kosovo" e che "per il paese sono responsabili le istituzioni nazionali". Neanche il sottosegretario del governo americano, Daniel Fried è riuscito, per il momento, a far digerire a Pristina questo boccone amaro. Fried, in missione in Kosovo ha cercarto di pacare gli animi e convincere le autorità kosovare a vedere i sei punti dell'Onu come il presupposto logico per far entrare in azione Eulex. Nulla, Pristina ha rigettato il piano in quanto, a detta di Hasim Thaci, "non si tratta di una proposta della Comunità Internazionale, bensì di Belgrado, che Pristina non accetta in questa forma e contenuto". Il Primo Ministro del Kosovo ha affermato anche che il sogno di Belgrado sul Kosovo dovrà svanire per sempre. “Sulla sovranità e l'integrità del Kosovo non ci sarà mai nessun compromesso con Belgrado" sentenzia. Commenti lapidari che lasciano intendere come il clima di questi giorni sia cambiato.
sovo a nulla è valso per trovare un accordo di massima sui sei punti del nuovo Piano Onu, anzi in quelle circostanze le autorità di Pristina hanno avuto modo di esprimere e ribadire una posizione che sembrava ormai essere chiara a tutti. Sia il Presidente del Kosovo, Fatmir Sediu, che il Primo Ministro, Hasim Thaci, hanno espresso il loro interesse a rafforzare il dialogo e contribuire all'estensione della nuova missione Eulex, nel rispetto, però, del Piano Ahtisaari, della Costituzione del Kosovo e delle sue leggi. Sediu, ha affermato che "nessuno decide per il Kosovo" e che "per il paese sono responsabili le istituzioni nazionali". Neanche il sottosegretario del governo americano, Daniel Fried è riuscito, per il momento, a far digerire a Pristina questo boccone amaro. Fried, in missione in Kosovo ha cercarto di pacare gli animi e convincere le autorità kosovare a vedere i sei punti dell'Onu come il presupposto logico per far entrare in azione Eulex. Nulla, Pristina ha rigettato il piano in quanto, a detta di Hasim Thaci, "non si tratta di una proposta della Comunità Internazionale, bensì di Belgrado, che Pristina non accetta in questa forma e contenuto". Il Primo Ministro del Kosovo ha affermato anche che il sogno di Belgrado sul Kosovo dovrà svanire per sempre. “Sulla sovranità e l'integrità del Kosovo non ci sarà mai nessun compromesso con Belgrado" sentenzia. Commenti lapidari che lasciano intendere come il clima di questi giorni sia cambiato.  Si sono registrate, infatti, nei giorni scorsi una serie di vicende preoccupanti come l'ordigno esploso appena fuori la sede dell'ICO (International Civilian Office), le crescenti proteste e intimidazioni a Mitrovica, sfociate in scontri e tafferugli, le scritte innegianti l'UCK apparse su alcune case nel Bosnian Mahalla, quartiere misto di Mitrovica, e le proteste di movimenti, come Vetevendosje, contro quelli che definiscono "nuovi diktat" per il Kosovo. Il clima si è arroventato e la Comunità Internazionale c’ha messo del suo. Sono naturali le proposte di Belgrado, così come altrettanto legittime lo sono quelle di Pristina. Nella normale dialettica politica, per questioni importanti e cruciali, il lavoro sin qui svolto dalle due parti in causa pare essere più che giusto: ognuno cerca di dar peso alle sue prospettive, cercando di portare quanta più acqua possibile al proprio mulino. Quello che trovo assurdo è invece l'atteggiamento altalenante della Comunità Internazionale, che disposta a uscire dal vicolo cieco in cui si è trovata (Eulex aspetta di partire ormai da diverso tempo), usa tutti gli strumenti a sua disposizione, spesso anche contraddicendosi. Le reazioni e la chiusura di Pristina ai sei punti possono essere facilmente comprensibili se si presta attenzione al contenuto degli stessi. Questi punti immagino che infastidiscono Pristina perchè, se implementati alla lettera, consentiranno alla Serbia, per le aree kosovare a maggioranza serba, di pronunciarsi su aspetti cruciali della vita quotidiana, dalle dogane, alla polizia locale, alla protezione dei monumenti culturali e religiosi, alle comunicazioni e alle questioni legate all'ordinaria amministrazione che si credevano
Si sono registrate, infatti, nei giorni scorsi una serie di vicende preoccupanti come l'ordigno esploso appena fuori la sede dell'ICO (International Civilian Office), le crescenti proteste e intimidazioni a Mitrovica, sfociate in scontri e tafferugli, le scritte innegianti l'UCK apparse su alcune case nel Bosnian Mahalla, quartiere misto di Mitrovica, e le proteste di movimenti, come Vetevendosje, contro quelli che definiscono "nuovi diktat" per il Kosovo. Il clima si è arroventato e la Comunità Internazionale c’ha messo del suo. Sono naturali le proposte di Belgrado, così come altrettanto legittime lo sono quelle di Pristina. Nella normale dialettica politica, per questioni importanti e cruciali, il lavoro sin qui svolto dalle due parti in causa pare essere più che giusto: ognuno cerca di dar peso alle sue prospettive, cercando di portare quanta più acqua possibile al proprio mulino. Quello che trovo assurdo è invece l'atteggiamento altalenante della Comunità Internazionale, che disposta a uscire dal vicolo cieco in cui si è trovata (Eulex aspetta di partire ormai da diverso tempo), usa tutti gli strumenti a sua disposizione, spesso anche contraddicendosi. Le reazioni e la chiusura di Pristina ai sei punti possono essere facilmente comprensibili se si presta attenzione al contenuto degli stessi. Questi punti immagino che infastidiscono Pristina perchè, se implementati alla lettera, consentiranno alla Serbia, per le aree kosovare a maggioranza serba, di pronunciarsi su aspetti cruciali della vita quotidiana, dalle dogane, alla polizia locale, alla protezione dei monumenti culturali e religiosi, alle comunicazioni e alle questioni legate all'ordinaria amministrazione che si credevanoarticolo pubblicato sul sito di carta.org
KOSOVO: VOCI DELL'ULTIMO INVERNO
 


 


 
 ’ultimo capitolo delle guerre jugoslave. L’inverno è nel pieno delle sue forze e lo strato bianco di gelo ricopre Pristina, la capitale del Kosovo. Il freddo pungente di fine anno sembra contrastare con il caldo clima politico di questo periodo. L’agenda politica internazionale e locale è cadenzata, infatti, da una serie di appuntamenti cruciali per il destino del Kosovo. Il 17 novembre si sono tenute le elezioni politiche ed il nuovo governo si è appena instaurato. Anche la decisione finale sullo status è argomento di questi giorni. La proclamazione dell’indipendenza era stata fissata inizialmente per il 10 dicembre. I memoriali di storia ci ricorderanno invece un’altra data: 17 febbraio 2008.
’ultimo capitolo delle guerre jugoslave. L’inverno è nel pieno delle sue forze e lo strato bianco di gelo ricopre Pristina, la capitale del Kosovo. Il freddo pungente di fine anno sembra contrastare con il caldo clima politico di questo periodo. L’agenda politica internazionale e locale è cadenzata, infatti, da una serie di appuntamenti cruciali per il destino del Kosovo. Il 17 novembre si sono tenute le elezioni politiche ed il nuovo governo si è appena instaurato. Anche la decisione finale sullo status è argomento di questi giorni. La proclamazione dell’indipendenza era stata fissata inizialmente per il 10 dicembre. I memoriali di storia ci ricorderanno invece un’altra data: 17 febbraio 2008.  Freddo e fervore politico segnano la vita del popolo kosovaro, nella sua interezza e varietà. Qui tradizione, rispetto, forti legami familiari e senso di appartenenza sono ben visibili. Serbi e albanesi, le due principali etnie del Kosovo, quasi in maniera forzata cercano di esprimere in toni religiosi oltre che culturali e linguistici, differenze che sembrano inavvicinabili. La loro quotidianità e la loro spiritualità hanno calendari differenti. Quello che molti potrebbero considerare una ricchezza, la spinta propulsiva di uno Stato, qui in Kosovo è ancora oggi segno di divisione. Il Kosovo è un piccolo stato da poco indipendente, riconosciuto da un quarto dei paesi del mondo.
Freddo e fervore politico segnano la vita del popolo kosovaro, nella sua interezza e varietà. Qui tradizione, rispetto, forti legami familiari e senso di appartenenza sono ben visibili. Serbi e albanesi, le due principali etnie del Kosovo, quasi in maniera forzata cercano di esprimere in toni religiosi oltre che culturali e linguistici, differenze che sembrano inavvicinabili. La loro quotidianità e la loro spiritualità hanno calendari differenti. Quello che molti potrebbero considerare una ricchezza, la spinta propulsiva di uno Stato, qui in Kosovo è ancora oggi segno di divisione. Il Kosovo è un piccolo stato da poco indipendente, riconosciuto da un quarto dei paesi del mondo.  L’ex provincia autonoma della Serbia è un territorio grande all’incirca quanto la regione Umbria. Anche se le ultime statistiche risalgono al periodo jugoslavo, le stime parlano oggi di una popolazione poco superiore ai due milioni di abitanti, dei quali poco più del 90% è di origine albanese, il 7% circa sono serbi, mentre la restante parte comprende turchi, bosniaci, RAE (rom, ashkali, egiziani) e gorani. Tra loro anche croati. Nonostante l’ingente flusso di denaro arrivato in Kosovo durante tutti questi anni tramite i canali umanitari di intervento e ricostruzione post-bellica, problemi economici e sociali permangono numerosi. Le scarse vie di comunicazione, gli inefficienti servizi pubblici ed i continui black-out elettrici, attanagliano il Kosovo. La centrale termoelettrica di Obliq, che funziona a lignite, produce più inquinamento che energia. La corrente elettrica salta
L’ex provincia autonoma della Serbia è un territorio grande all’incirca quanto la regione Umbria. Anche se le ultime statistiche risalgono al periodo jugoslavo, le stime parlano oggi di una popolazione poco superiore ai due milioni di abitanti, dei quali poco più del 90% è di origine albanese, il 7% circa sono serbi, mentre la restante parte comprende turchi, bosniaci, RAE (rom, ashkali, egiziani) e gorani. Tra loro anche croati. Nonostante l’ingente flusso di denaro arrivato in Kosovo durante tutti questi anni tramite i canali umanitari di intervento e ricostruzione post-bellica, problemi economici e sociali permangono numerosi. Le scarse vie di comunicazione, gli inefficienti servizi pubblici ed i continui black-out elettrici, attanagliano il Kosovo. La centrale termoelettrica di Obliq, che funziona a lignite, produce più inquinamento che energia. La corrente elettrica salta  continuamente. Da Pristina, la capitale, cuore della classe politica nazionale e sede delle rappresentanze internazionali, alla periferia, sia esso il villaggio albanese o la militarizzata enclave serba, la corrente può mancare anche 10 ore al giorno ad intervalli mai regolari, e per questo non programmabili. Con tali premesse lo sviluppo economico è ancora lontano, e di riflesso, anche la riconciliazione sociale sembra subirne i contraccolpi. Il Kosovo, lo stato più giovane del mondo, conta anche la popolazione più giovane d’Europa: secondo stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, i giovani sotto i
continuamente. Da Pristina, la capitale, cuore della classe politica nazionale e sede delle rappresentanze internazionali, alla periferia, sia esso il villaggio albanese o la militarizzata enclave serba, la corrente può mancare anche 10 ore al giorno ad intervalli mai regolari, e per questo non programmabili. Con tali premesse lo sviluppo economico è ancora lontano, e di riflesso, anche la riconciliazione sociale sembra subirne i contraccolpi. Il Kosovo, lo stato più giovane del mondo, conta anche la popolazione più giovane d’Europa: secondo stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, i giovani sotto i  trent’anni di età rappresentano il 62% della popolazione. Quella che è la forza trainante di ogni società – i suoi giovani appunto- potrebbe presto rivelarsi, per quel che riguarda il Kosovo, un grosso problema di ordine sociale da gestire nel prossimo domani qualora i tassi di disoccupazione continuassero ad attestarsi sulle cifre indicate dall’ILO (47%). Nonostante la forte presenza di strutture di monitoraggio internazionali, il Kosovo non è riuscito ad intraprendere quello sviluppo socio-economico possibile (grazie soprattutto agli ingenti fondi del dopoguerra), mentre appare vinto da perverse spinte centrifughe. Oggi, quello che balza agli
trent’anni di età rappresentano il 62% della popolazione. Quella che è la forza trainante di ogni società – i suoi giovani appunto- potrebbe presto rivelarsi, per quel che riguarda il Kosovo, un grosso problema di ordine sociale da gestire nel prossimo domani qualora i tassi di disoccupazione continuassero ad attestarsi sulle cifre indicate dall’ILO (47%). Nonostante la forte presenza di strutture di monitoraggio internazionali, il Kosovo non è riuscito ad intraprendere quello sviluppo socio-economico possibile (grazie soprattutto agli ingenti fondi del dopoguerra), mentre appare vinto da perverse spinte centrifughe. Oggi, quello che balza agli  occhi è un incontrollato boom edilizio che coinvolge pochi, fatto di innumerevoli piscine, campi da calcio, più di duemila rifornimenti di benzina e complessi alberghieri senza alcuna prospettiva di sostenibilità. Con un salario medio mensile di 180 euro ed un costo della vita simile all’Italia tutto questo appare surreale e sembra avvalorare la tesi del riciclaggio di denaro sporco e del sostegno della classe politica kosovara a questo malsano processo
occhi è un incontrollato boom edilizio che coinvolge pochi, fatto di innumerevoli piscine, campi da calcio, più di duemila rifornimenti di benzina e complessi alberghieri senza alcuna prospettiva di sostenibilità. Con un salario medio mensile di 180 euro ed un costo della vita simile all’Italia tutto questo appare surreale e sembra avvalorare la tesi del riciclaggio di denaro sporco e del sostegno della classe politica kosovara a questo malsano processo  di sviluppo. Il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da parte di numerosi governi è giunto anche perché questo nuovo stato è riuscito a raggiungere nel tempo standards legislativi avanzati e ben definiti in diversi ambiti, dalla tutela del patrimonio artistico e religioso, alla tutela delle minoranze ed il rispetto dei diritti umani. Ma numerose leggi hanno avuto scarsa applicabilità in casi concreti. E’ avvenuto così che l’indipendenza non ha risolto problemi economici e sociali ben radicati in questo
di sviluppo. Il riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da parte di numerosi governi è giunto anche perché questo nuovo stato è riuscito a raggiungere nel tempo standards legislativi avanzati e ben definiti in diversi ambiti, dalla tutela del patrimonio artistico e religioso, alla tutela delle minoranze ed il rispetto dei diritti umani. Ma numerose leggi hanno avuto scarsa applicabilità in casi concreti. E’ avvenuto così che l’indipendenza non ha risolto problemi economici e sociali ben radicati in questo  piccolo territorio, non da ultimo lo storico contrasto etnico tra serbi e albanesi. La minoranza serba è oggi quella che paga più a caro prezzo sulla propria pelle gli ultimi anni di storia politica del Kosovo. Dal dopoguerra in poi il numero dei serbi kosovari è diminuito sensibilmente. Forte è stato il desiderio di continuare a vivere nel luogo in cui sono nati. La mancanza di alternative poi, anche per motivi prettamente economici (non potendosi comprare un’altra casa in un posto più sicuro) ha spinto la gente a resistere giornalmente contro il muro di gomma fatto di mancanza di dialogo e non integrazione. Le cicatrici lasciate dalla guerra sono ancora aperte.
piccolo territorio, non da ultimo lo storico contrasto etnico tra serbi e albanesi. La minoranza serba è oggi quella che paga più a caro prezzo sulla propria pelle gli ultimi anni di storia politica del Kosovo. Dal dopoguerra in poi il numero dei serbi kosovari è diminuito sensibilmente. Forte è stato il desiderio di continuare a vivere nel luogo in cui sono nati. La mancanza di alternative poi, anche per motivi prettamente economici (non potendosi comprare un’altra casa in un posto più sicuro) ha spinto la gente a resistere giornalmente contro il muro di gomma fatto di mancanza di dialogo e non integrazione. Le cicatrici lasciate dalla guerra sono ancora aperte. Le limitazioni  di movimento e i problemi di ordine sociale sono il caro prezzo che i serbi kosovari pagano quotidianamente. Siano essi abitanti di Mitrovica, la più grande realtà serba del Kosovo, o delle enclaves presenti a macchia di leopardo nel Kosovo centro-meridionale, come Velika Hoca o Goradzevac, la differenza è poca. Oggi la popolazione di etnia serba si trova ad un bivio di vitale importanza e le testimonianze di molti serbi lo confermano. Dovranno presto scegliere tra la continuità con il passato, segnata dalle richieste di Belgrado di sostenere una politica di
 Le limitazioni  di movimento e i problemi di ordine sociale sono il caro prezzo che i serbi kosovari pagano quotidianamente. Siano essi abitanti di Mitrovica, la più grande realtà serba del Kosovo, o delle enclaves presenti a macchia di leopardo nel Kosovo centro-meridionale, come Velika Hoca o Goradzevac, la differenza è poca. Oggi la popolazione di etnia serba si trova ad un bivio di vitale importanza e le testimonianze di molti serbi lo confermano. Dovranno presto scegliere tra la continuità con il passato, segnata dalle richieste di Belgrado di sostenere una politica di  chiusura e rigidità nei confronti delle “illegittime” istituzioni kosovare, oppure l’integrazione, il dialogo, per una piena partecipazione, anche dei cittadini serbi, alla vita politica e sociale di un paese che è anche il loro.
chiusura e rigidità nei confronti delle “illegittime” istituzioni kosovare, oppure l’integrazione, il dialogo, per una piena partecipazione, anche dei cittadini serbi, alla vita politica e sociale di un paese che è anche il loro.
L'intero lavoro fotografico è consultabile sul sito del fotografo www.ignaciococcia.com
venerdì 24 ottobre 2008
FINE DELL'ATTESA
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sabato 4 ottobre 2008
SERBIA HARDCORE
Mentre le televisioni mostrano nuovamente le immagini di una Belgrado messa a fuoco dalla miccia nazionalista, queste caustiche short stories ci riportano uno spaccato anni '90 made in Beograd, quando tutto il mondo si stupì, ma non troppo, che una grande capitale nel cuore dell'Europa
 potesse essere bombardata. "Serbia Hardcore" è un diario di guerra dal retrogusto di humor nero che parla di libertà di stampa, di opposizione interna, della strana sensazione di volere la cacciata di Milosevic ma di ritrovarsi nel giardino di casa le bombe di coloro che dovrebbero cacciarlo.
potesse essere bombardata. "Serbia Hardcore" è un diario di guerra dal retrogusto di humor nero che parla di libertà di stampa, di opposizione interna, della strana sensazione di volere la cacciata di Milosevic ma di ritrovarsi nel giardino di casa le bombe di coloro che dovrebbero cacciarlo.Sono questi i binari entro i quali si muove il nuovo libro di Dusan Velickovic. Il 10 ottobre uscirà in Italia una raccolta di brevi racconti autobiografici attraverso cui il giornalista e scrittore serbo, ripercorre gli ultimi nove anni della storia serba. Dalla guerra in Kosovo all'arresto di Radovan Karadzic.
Vi anticipo qui di seguito alcuni stralci del libro:
"Le bombe sono cadute a poche centinaia di metri da casa, all'angolo delle vie Vardarska e Maksim Gorkij. Una ragazza di vent'anni ha perso la vita. E' stata sepolta con l'abito da sposa, due giorni dopo. Era la trentaseiesima notte dall'inizio dei bombardamenti. Ma l'anno non era il 1984. E non combattevamo contro l'Oceania o l'Eurasia. Semplicemente ci avevamo fatto l'abitudine." Più giù nel libro prosegue dicendo "Quello forse è stato il momento più tragico della nostra storia, ma, paradossalmente, i bombardamenti hanno segnato la fine di un incubo, l'era Milosevic. Pochi mesi dopo centinaia di migliaia di persone sarebbero scese in piazza per chiedere le sue dimissioni. A Belgrado non si era mai vista una cosa di simile".
In un capitolo del libro Velickovic parla anche di Kosovo:
"Continuo a camminare. Dopo pochi passi mi imbatto nel vescovo Amfilohije. Di recente, il vescovo ha definito 'immortale' Karadzic, anch'egli accusato di crimini di guerra e varie atrocità. Ma allora è vero che individui come lui e Mladic sono difesi dalla Chiesa ortodossa? E' la Chiesa a capo della cosiddetta lobby 'anti-Aja'?, più sotto, ancora "Certo, manca la prova che la Chiesa ortodossa abbia protetto i latitanti, ma le affermazioni di certi suoi esponenti, i predicatori della Grande Serbia, indicano un coinvolgimento quanto meno ideologico".
Ricordo che tra i latitanti ci sono ancora Ratko Mladic, il generale dei serbo-bosniaci, che ordinò il massacro di Srebrenica, e Goran Hadzic, l'ex presidente dell'autoproclamata Repubblica Serba della Krajina. A tal proposito, l'autore dice "Non saprei dire nè come nè quando, ma so che verranno catturati presto. Perchè in Serbia credo che i tempi siano davvero cambiati. L'ideologia ultranazionalista sta vivendo le sue ultime ore". Non sono parole di un americano o di qualcuno che conosce i fatti per sentito dire. Dusan Velickovic è una voce critica, autorevole , uno uscito fuori dal branco, lo stesso che è stato rimosso dall'incarico da caporedattore del Nin, il settimanale indipendente schierato contro il regime di Belgrado per non essere stato "meno critico verso il governo". La voce di Velickovic è chiara anche quando, in maniera scomoda per un serbo, si esprime sul Kosovo: "La questione troverà una soluzione adeguata soltanto quando sarà compiuta l'integrazione della regione balcanica nell'UE"
Sin dalle premesse, Serbia Hardcore si presenta come un libro che fa riflettere.
mercoledì 1 ottobre 2008
SONO ROSE E FIORIRANNO (terza ed ultima parte)
leggi la prima e la seconda parte
links: Mundesia, CBM
lunedì 22 settembre 2008
SONO ROSE E FIORIRANNO (seconda parte)
La signora Hasime, albanese kosovara, ha molta dimestichezza con il Pajero che guida, donato anch’esso dai finlandesi. Ricorda affettuosamente il giorno in cui le è stata consegnata, “So bene che potrei, a questo punto, dopo l’usura degli adesivi attaccati sulle due portiere della macchina, toglierli” ammette, “Di per sé non è un gesto scorretto, certo, ma come si fa?” “Voglio esserli
“Da un anno e mezzo gestiamo il Community Business Youth Centre nel Bosnian Mahalla”, ripete Hasime che traduce il discorso di Olivera dal serbo all’inglese, un centro voluto da ciascun leader d
leggi la prima parte
seguirà terza ed ultima parte con CBM (Community Building Mitrovica)
domenica 21 settembre 2008
sabato 20 settembre 2008
LA GUERRA INFINITA DI IACONA E L'AVVOCATO DEL DIAVOLO

 mio personale punto di vista è stato un pessimo servizio offerto ai telespettatori in quanto non completo, ma fazioso e irrispettoso nei confronti di tutti coloro che non sono riusciti a sfuggire alla violenza etnica perpetrata per tanti anni nei confronti dei kosovari di etnia albanese. Un'ingiustizia nei confronti dei telespettatori e della storia. Una premessa risulta però doverosa. Il blog sul quale scrivo cerca di parlare del Kosovo e di tutte le sue sfaccettature. Sono testimonianza i post scritti nel tempo.  Ho parlato di rom e di serbi, ho criticato comportamenti immaturi di kosovari albanesi così come le misure politiche serbe che ho ritenuto sbagliate, ho parlato di integrazione e di criminali albanesi. Non voglio aggiungere altro su questo
mio personale punto di vista è stato un pessimo servizio offerto ai telespettatori in quanto non completo, ma fazioso e irrispettoso nei confronti di tutti coloro che non sono riusciti a sfuggire alla violenza etnica perpetrata per tanti anni nei confronti dei kosovari di etnia albanese. Un'ingiustizia nei confronti dei telespettatori e della storia. Una premessa risulta però doverosa. Il blog sul quale scrivo cerca di parlare del Kosovo e di tutte le sue sfaccettature. Sono testimonianza i post scritti nel tempo.  Ho parlato di rom e di serbi, ho criticato comportamenti immaturi di kosovari albanesi così come le misure politiche serbe che ho ritenuto sbagliate, ho parlato di integrazione e di criminali albanesi. Non voglio aggiungere altro su questo fronte. Non ho bisogno di giustificarmi comunque. In questo momento mi sento però di dover far luce su un'aspetto chiave della vicenda serbo-albanese che il servizio del giornalista Riccardo Iacona ha tenuto nascosto. Il reportage, poteva essere un ottima vetrina per raccontare l’ultimo capitolo delle guerre balcaniche con occhio serio, professionale ed equidistante, informando il pubblico sulle mostruosità commesse dai serbi, dagli albanesi e dai criminali che in guerra, in tutte, macinano profitti. È stata però raccontata con molta superficialità, scarsa
 fronte. Non ho bisogno di giustificarmi comunque. In questo momento mi sento però di dover far luce su un'aspetto chiave della vicenda serbo-albanese che il servizio del giornalista Riccardo Iacona ha tenuto nascosto. Il reportage, poteva essere un ottima vetrina per raccontare l’ultimo capitolo delle guerre balcaniche con occhio serio, professionale ed equidistante, informando il pubblico sulle mostruosità commesse dai serbi, dagli albanesi e dai criminali che in guerra, in tutte, macinano profitti. È stata però raccontata con molta superficialità, scarsa conoscenza del territorio e mancanza di etica professionale una parte della storia, quella cioè del barbaro albanese passato per “criminale, terrorista, violento, corrotto ed un po’ contadinotto” che uccide senza scrupoli e per il solo odio etnico il serbo "buono, padre di famiglia, lavoratore, studente e di sani valori". Questo mi si è presentato davanti agli occhi. Non ho nulla da obiettare su tutta la seconda parte del servizio, sulla criminalità organizzata che c'è e governa il Kosovo, su
 conoscenza del territorio e mancanza di etica professionale una parte della storia, quella cioè del barbaro albanese passato per “criminale, terrorista, violento, corrotto ed un po’ contadinotto” che uccide senza scrupoli e per il solo odio etnico il serbo "buono, padre di famiglia, lavoratore, studente e di sani valori". Questo mi si è presentato davanti agli occhi. Non ho nulla da obiettare su tutta la seconda parte del servizio, sulla criminalità organizzata che c'è e governa il Kosovo, su  Ramush & co, sull'UCK e i criminali che vi fanno parte, sulle morti misteriose di giornalisti e testimoni. E' stato messo in luce un aspetto interessante e che dovrebbe far riflettere tutti circa il destino del Kosovo, far riflettere sull'integralismo di alcune scuole yemenite prosperate negli ultimi anni e sul traffico di droga, armi e criminalità organizzata fin dentro la politica.
Ramush & co, sull'UCK e i criminali che vi fanno parte, sulle morti misteriose di giornalisti e testimoni. E' stato messo in luce un aspetto interessante e che dovrebbe far riflettere tutti circa il destino del Kosovo, far riflettere sull'integralismo di alcune scuole yemenite prosperate negli ultimi anni e sul traffico di droga, armi e criminalità organizzata fin dentro la politica.Questa è la premessa-presentazione che circolava un po' su tutti i siti di informazione:
La trovo raccapricciante. Iacona, nella prima parte, è partito per raccontarci l'atroce storia del
 conflitto kosovaro escludendo a priori una parte consistente dei fatti. Per i serbi la loro storia recente inizia a marzo del '99 (il 26 hanno inizio i bombardamenti della Nato), per gli albanesi, invece, qualche anno prima. Dispiace constatare che anche per molti "quotati" giornalisti italiani - Iacona per sfortuna non è il solo- i problemi del Kosovo iniziano subito dopo i bombardamenti.....Quasi non facesse parte della loro etica professionale raccontare (e ricordare ai tanti) le mostruosità degli anni '90 commesse in Kosovo. Perchè la storia recente inizia da lì!! Non si può iniziare a descrivere un evento incominciando la narrazione già da metà della storia, saltando tutta la prima parte, caro dottor Iacona!!! Questo è quello che ha fatto, facendo un torto a tutti noi spettatori, oltre che alla storia. Il macabro disegno criminale serbo (di questo si è trattato) perpetrato ai danni della popolazione di etnia albanese negli anni precedenti, andava
conflitto kosovaro escludendo a priori una parte consistente dei fatti. Per i serbi la loro storia recente inizia a marzo del '99 (il 26 hanno inizio i bombardamenti della Nato), per gli albanesi, invece, qualche anno prima. Dispiace constatare che anche per molti "quotati" giornalisti italiani - Iacona per sfortuna non è il solo- i problemi del Kosovo iniziano subito dopo i bombardamenti.....Quasi non facesse parte della loro etica professionale raccontare (e ricordare ai tanti) le mostruosità degli anni '90 commesse in Kosovo. Perchè la storia recente inizia da lì!! Non si può iniziare a descrivere un evento incominciando la narrazione già da metà della storia, saltando tutta la prima parte, caro dottor Iacona!!! Questo è quello che ha fatto, facendo un torto a tutti noi spettatori, oltre che alla storia. Il macabro disegno criminale serbo (di questo si è trattato) perpetrato ai danni della popolazione di etnia albanese negli anni precedenti, andava  raccontata con la stessa minuziosità con la quale è stata descritta la violenza albanese ai danni dei serbi (vedi puntata di ieri). Nessun cenno, nessuno. Come mai questo silenzio? Noi telespettatori paganti del servizio pubblico abbiamo mandato con i nostri soldi un professionista in giro per quasi un anno, dal Kosovo alla Macedonia, dalla Turchia all’Afghanistan, per raccontarci poi  “fregnacce” come dicono ironicamente a Roma.
raccontata con la stessa minuziosità con la quale è stata descritta la violenza albanese ai danni dei serbi (vedi puntata di ieri). Nessun cenno, nessuno. Come mai questo silenzio? Noi telespettatori paganti del servizio pubblico abbiamo mandato con i nostri soldi un professionista in giro per quasi un anno, dal Kosovo alla Macedonia, dalla Turchia all’Afghanistan, per raccontarci poi  “fregnacce” come dicono ironicamente a Roma.Un approccio giornalistico, già viziato fin dalla pubblicizzazione dell’evento e che è venuto
 fuori in pompa magna durante il servizio. Iacona ha mostrato tanta antipatia per i kosovari albanesi e tanta humana pietas per le povere vedove serbe. Ho notato, e mi è stata data conferma da vari amici che hanno visto il servizio, come la voce tradotta dal serbo in italiano aveva un tono commosso, ed assumeva aspetti quasi arroganti quando la stessa riportava la testimonianza dell'albanese. All’ottimo maquillage ben riuscito, Iacona ha anche pensato di riportare dati inesatti e falsi. È bene ricordare ai pochi che leggeranno questo post, anche se il danno ormai è stato fatto, che Gracanica non è una prigione a cielo aperto, dove vive l'estrema povertà serba, dove i serbi vivono sotto minaccia quotidiana, dove ci sono soltanto 4 negozietti serbi improvvisati, e che le pensioni da Belgrado (per i soli cittadini serbi)
fuori in pompa magna durante il servizio. Iacona ha mostrato tanta antipatia per i kosovari albanesi e tanta humana pietas per le povere vedove serbe. Ho notato, e mi è stata data conferma da vari amici che hanno visto il servizio, come la voce tradotta dal serbo in italiano aveva un tono commosso, ed assumeva aspetti quasi arroganti quando la stessa riportava la testimonianza dell'albanese. All’ottimo maquillage ben riuscito, Iacona ha anche pensato di riportare dati inesatti e falsi. È bene ricordare ai pochi che leggeranno questo post, anche se il danno ormai è stato fatto, che Gracanica non è una prigione a cielo aperto, dove vive l'estrema povertà serba, dove i serbi vivono sotto minaccia quotidiana, dove ci sono soltanto 4 negozietti serbi improvvisati, e che le pensioni da Belgrado (per i soli cittadini serbi)  non sono da fame, che a Pristina non vivono 40 serbi e a Obliq solo 2 anziani e che sia una vergogna che una chiesa sia un obiettivo militare da difendere!........Lo chieda ai serbi che fine hanno fatto fare alle moschee, a quella che si trovava a Mitrovica a ridosso del ponte sull’Ibar nel lato nord????, lo faccia sapere ai telespettatori....
non sono da fame, che a Pristina non vivono 40 serbi e a Obliq solo 2 anziani e che sia una vergogna che una chiesa sia un obiettivo militare da difendere!........Lo chieda ai serbi che fine hanno fatto fare alle moschee, a quella che si trovava a Mitrovica a ridosso del ponte sull’Ibar nel lato nord????, lo faccia sapere ai telespettatori....Alla fine non ho prestato fede alla premessa di sopra e ho finito per fare l'avvocato del diavolo.
Tutte le foto sono di Halit Barani scattate in qualità di Direttore del Centro per i Diritti Umani e le Libertà - Ufficio di Mitrovica. Barani, con scrupolo e puntualità è riuscito a documentare le violenze commesse durante gli anni novanta in Kosovo.
 
 
 
