David Albahari è uno dei rari scrittori capaci di guidare il lettore attraverso i legami sottili che uniscono la scrittura all'esistenza: regolarmente, con eleganza e spontaneità, ci consegna delle miniature capaci di illuminare la quotidianità con intermittenti bagliori d'infinito. Chi volesse ordinare lungo una linea retta gli avvenimenti narrati in Zink si ritroverebbe giusto con una manciata di elementi: la malattia del padre, la sua agonia, la successiva partenza dello scrittore per il Nord America. Tra il lutto e la partenza lo scrittore si ritroverà intrappolato dal dubbio e dall'interrogazione, ostaggio di se stesso o di un altro libro. Ma la traiettoria del racconto di Albahari non è lineare e la semplicità della trama rivela al contrario la ricchezza inesauribile che abita in ogni dettaglio. Il viaggio verso il nuovo continente si rispecchia così in un altro itinerario, quello attraverso il tempo, alla ricerca di un ricordo, di una tessera mancante, del volto familiare del padre in un polveroso libro fotografico. Ad ogni passo, ad ogni pagina, lo scrittore si renderà vertiginosamente conto di dover fare i conti con l'assenza, vale a dire con il lato invisibile di ogni presenza.
David Albahari è nato a Peja/Pec in Kosovo, nel 1948 da una famiglia ebraica. Laureato in letteratura inglese, il suo primo volume di short stories è apparso nel 1973. Scrittore di fama internazionale -le sue opere sono state tradotte in quattordici lingue diverse- la sua produzione letteraria è per molti versi di matrice autobiografica e ispirata spesso alla storia singolare e travagliata della sua famiglia, che si intreccia significativamente con le sorti del suo Paese natale, la Jugoslavia. E' solito affermare infatti, ispirandosi all'I Ching "Se capisci quello che succede all'interno della tua famiglia, capirai quello che succede nel mondo. Le cose si ripetono, a cambiare è solo la dimensione degli avvenimenti". Intellettuale di solide radici ebraiche, i suoi racconti e romanzi hanno sempre implicazioni politiche: contrario alla dissoluzione della Jugoslavia, vissuta con grande sofferenza come la perdita non solo della patria ma della propria stessa lingua d'origine, Albahari ha presieduto negli anni novanta la federazione della Comunità ebraiche jugoslave, contribuendo in prima persona all'evacuazione degli ebrei della Sarajevo assediata e bombardata. Nel 1993 Albahari ha preferito emigrare in Canada per evitare le pressioni e i condizionamenti del nuovo establishment politico serbo in preda alla deriva nazionalistica. Ed è in Canada che prendono vita i suoi ultimi romanzi, tutti quanti incentrati sulla tragica esperienza jugoslava, ritratta tuttavia da punti di vista sempre nuovi e diversi. Il breve romanzo Goez e mayer (tradotto in Italia da Einaudi) descrive, per esempio, l'eccidio degli ebrei serbi durante l'occupazione nazista nella seconda guerra mondiale, mentre Pijavice è la storia dell'ascesa al potere dei nuovi nazionalisti. Il romanzo Mamac (pubblicato in edizione italiana da Zandonai con il titolo L'esca), del 1996, si è aggiudicato in patria l'importante premio NIN e il Balkanica Award come miglior libro dei Balcani. in precedenza, nel 1982, la sua raccolta di racconti Opis smrti gli è valsa il prestigioso Premio Andric.
INFO:
Zandonai editore
Via del Garda 32 - Rovereto (TN)
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