mercoledì 2 febbraio 2011

1247


"Oggi i nostri militari ridurranno i presìdi a Decani e al Patriarcato di Pec". Era il 25 novembre del 2009 quando il Generale Roberto D'Alessandro, allora al vertice della Multinational Task Force West in Kosovo, esternò questa frase, preoccupato per le scelte che il Ministero della Difesa si apprestava a compiere. Le intenzioni di ridurre sensibilmente il numero dei militari italiani in missione nel Kosovo, avevano allarmato la comunità serba, ma più di tutti i circa duemila militari-vacanzieri e la loro guida turistica, il Generale D'Alessandro per l'appunto. Siamo nel 2011 e la situazione è rimasta immutata. Da novembre 2009 allo stesso mese dell'anno successivo, secondo i dati forniti dalla Nato-Kfor, i militari della Kfor sono passati da 14.000 ai circa 8.400 di oggi  A fronte di questo dimezzamento i militari italiani sono passati da 1.935 agli attuali 1.247, confermandosi il contingente assai più numeroso dispiegato in Kosovo insieme alla Germania. Più che una riduzione sembra essere l'ennesima presa in giro. Di fronte allo scenario kosovaro visibilmente migliorato rispetto a oltre dieci anni fa l'Italia, nel pieno di una crisi che non si ricorda dagli anni '40, taglia ogni cosa, ma questi signorotti, anche loro, continuano a bivaccare grazie al beneplacito della classe politica. (Man)tenere 1247 soldati italiani, nel Kosovo di oggi, tra le comodità e i benefits di cui godono, nel pieno di una recessione economica e di una crisi sociale, non è più  ammissibile. Sono indispensabili tutti questi soldati nel Kosovo di oggi? Ci possiamo permettere gli ingenti costi delle spese militari?

2 commenti:

Katrina ha detto...

No che non sono indispensabili. No che non ce lo possiamo permettere. La situazione del Kosovo è talmente complessa da far apparire di più agevole soluzione persino la questione israelo - palestinese. Ma si tratta di una complessità storico - politico - culturale. Al momento di emergenze militari o di ordine pubblico non v'è traccia. Questi militari dovrebbero essere impiegati altrove, il "bivacco a oltranza" in un Kosovo difficile, contraddittorio ma sostanzialmente pacificato, ha poco senso. Presidiare i monasteri ortodossi è una nobile causa, ma non giustifica in nessun modo un tale spiegamento di forza, soprattutto da parte di una nazione, questa sì, a un passo dall' emergenza economica e sociale, come giustamente osservi tu. E in evidente involuzione, aggiungerei.
Quando il concetto di "bene comune" diventa personale e precario, anche i tagli diventano discrezionali e rispondono a logiche "altre" rispetto a quelle della ragione e della necessità.
E d' altra parte, con la Farnesina ridotta come sappiamo, in "tutt'altre faccende affaccendata" (le carte di Santa Lucia....)

Katrina

Raffaele Coniglio ha detto...

Le cose preoccupanti, a mio avviso, sono due (e sono interconnesse): l'alto numero di militari italiani tuttora presenti e, quindi, il voluto silenzio sulla presenza e i costi che sosteniamo per mantenerli "operativi". Aggiungo che, a fronte di questo costante impegno dell'Italia in Kosovo come su altri fronti, non mi risultano esserci stati accresciuti ruoli di reponsabilità, o prestigio che dir si voglia (se non temporanei contentini), per questa nostra povera patria.

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