All'inizio da un posto lontano, poi da un altro un po' più vicino -o per lo meno così ho pensato mentre emergevo dal sonno più profondo delle cinque del mattino- la voce intonata ed armoniosa del Muezzin mi sveglia. Il silenzio della notte viene interrotto, insieme al mio sonno, dalla voce che esce dagli altoparlanti posizionati in cima ai minareti delle moschee, voce che invita i fedeli alla prima delle cinque preghiere che segnano la giornata del buon musulmano. Non mi risulta che le moschee in Kosovo a quell'ora del mattino siano piene di persone. Ma come consuetudine millenaria, dagli alti minareti delle moschee della vecchia Costantinopoli o da quelle nuove e di piccola dimensione che si possono trovare in un classico villaggio rurale del Kosovo, alle cinque in punto il canto richiama i fedeli e non solo. Tutto ciò è quello che mi è capitato la prima notte che sono arrivato nella magica Prizren, città del Kosovo, crogiolo di culture e tradizioni assai differenti, luogo che fino allo scoppio dei tragici eventi del 2004 ospitava anche una significativa presenza di cittadini serbi, per lo più arroccati nella parte alta della città. Bisogna costatare che da allora il quartiere serbo è stato distrutto, i suoi abitanti costretti a riparare altrove e una Chiesa ortodossa fortemente danneggiata. Oggi, sono veramente pochi i serbi che vivono a Prizren; otto di loro sono monaci che come Stanko vivono all'interno del Monastero degli Arcangeli situato alle porte della città. Come per l'odierna Sarajevo anche a Prizren la convivenza delle principali religioni monoteiste è un ricordo del passato anche se sopravvivono a poca distanza l'una dall'altra una moschea, una chiesa cattolica e una ortodossa. Tuttavia, Prizren, vicina all'Albania solo geograficamente e con una significativa minoranza turca, rimane dal punto di vista culturale, religioso, paesagistico e gastronomico una città davvero interessante. Il suo centro storico, l'unico in tutto il Kosovo che ha legami con il passato, è bel ordinato, pieno di caffetterie che si affacciano sulla piazzetta e costruzioni di inzio '900.
Già i Dervish!! ordini religiosi islamici, differenti tra loro, originari dalla lontana Persia, diventati sempre più influenti durante l'Impero Ottomano, come l'ordine dei Bektashi che dopo il 1826 per sfuggire alla ferocia del sultano turco si spostò nei territori dell'Albania. Presenti anche in Kosovo (Prizren, Gjakova, Rahovec) all'interno dei loro centri di culto (teqe) svolgono rituali molto suggestivi.
terza fermata: nella teqe con i dervish
P.S. un ringraziamento speciale a Cristina e Daniele di IPSIA che hanno reso i miei "7 days" ancora più interessanti..
Nei vicoletti laterali si possono vedere ancora piccole botteghe di artigiani che lavorano pellame e ferro. Numerosi sono anche i sarti che dietro le loro macchine da cucire sorseggiano tazze di caffè turco o del tè. Le belle giornate di fine ottobre hanno spinto i suoi abitanti a riversarsi in piazza. Ovunque giovani e famiglie, uomini di mezza età che affollano i cafè all'aperto. Più riparati dallo sguardo dei passanti, in quartieri semi centrali, vivono i carismatici dervish, anziani dallo sguardo profondo e penetrante, gentili e riservati allo stesso tempo
Già i Dervish!! ordini religiosi islamici, differenti tra loro, originari dalla lontana Persia, diventati sempre più influenti durante l'Impero Ottomano, come l'ordine dei Bektashi che dopo il 1826 per sfuggire alla ferocia del sultano turco si spostò nei territori dell'Albania. Presenti anche in Kosovo (Prizren, Gjakova, Rahovec) all'interno dei loro centri di culto (teqe) svolgono rituali molto suggestivi.
terza fermata: nella teqe con i dervish
P.S. un ringraziamento speciale a Cristina e Daniele di IPSIA che hanno reso i miei "7 days" ancora più interessanti..
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