Foto minimalista, nessun paesaggio raffigurato nè interessanti primi piani. Se per voi non è nulla di eccezionale o rappresenti soltanto una foto come tutte le altre, per il sottoscritto racchiude tante forti emozioni. Ho spulciato con cura tutte le foto che conservo del Kosovo e quando sono arrivato a questa, ho iniziato a sentire il profumo che emanava la rakia al gusto di mela cotogna e rivivere, nella mia testa, gli anni passati piacevolmente in Kosovo. Nella foto è raffigurato un tipico bar serbo, kafana, dove perlopiù gente adulta passa qualche ora in piacevole compagnia tra una tazza di caffè turco e tanta buona rakia, la loro grappa artigianale. Il chioschetto, molto spartano e abbastanza trasandato, situato subito dopo il ponte nella parte nord di Mitrovica, era il luogo dove alcune volte trovavo la tranquillità di cui avevo bisogno dopo giornate convulse e frenetiche. Andavo molto volentieri in questa kafana che non aveva nè un nome nè altro all'infuori di pentolini per preparare il caffè, una varietà di rakia rigorosamente preparata in casa e tante casse di acqua frizzante, utili a rinfrescare il palato dopo ogni sorso del distillato. Sorso di rakia e un goccetto d'acqua, sorso di rakia e via con l'acqua frizzante. Mi piaceva andare in questo posto così insolito, dove si respirava un'aria diversa rispetto alle nuove caffetterie che stavano spuntando come funghi. Sembrava che il tempo si fosse fermato agli anni '80. Anche le persone che lo frequentavano, a volte serie e pensierose, a volte intente a parlare più animatamente, sembravano vivere un'altra dimensione. Soltanto le notizie che scorrevano in televisione si riallacciavano alla realtà. Dietro le tende ingiallite appese alle finestre, nella più totale indifferenza dei passanti, c'era questo mondo del quale sono rimasto attratto. Ricordo la prima volte in cui sono entrato nella kafana. Posso immaginare che cosa abbiano potuto pensare gli assidui frequentatori quando quel giovane straniero, che non conosce la loro lingua, ha messo piede in questo posto sconosciuto anche ai giovani di Mitrovica. Chi è questo? si saranno detti, cosa vuole mai da questo posto? Ammetto che la prima volta non ci sono rimasto a lungo, ma dalla seconda volta in poi mi sono fatto coraggio ed ho cominciato ad aprire bocca, a farmi spiegare come si diceva in serbo questo e quello, a gesticolare e cercare di capirci l'un l'altro, a dire chi ero, da dove venivo e cosa facevo. La terza volta mi sono permesso di pagare un giro di rakia al ristretto numero di conoscenti. Incontro dopo incontro, con i quattro amici del bar, abbiamo rotto la barriera della diffidenza. Quando mi trovavo per caso a passare da lì, aprivo la porta e salutavo lo zio al bancone, che ricambiava il saluto. Con il sorriso sul volto, portandosi la mano chiusa in direzione della bocca, sapendo che mi paceva la rakia al gusto di mela cotogna, mi diceva in lingua serba " vieni a farti un bicchierino". Lo ricordo ancora! Ricordo tutto come fosse ieri.
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